Il castello
interiore di Santa Teresa d’Avila
Prologo
I.H.S.
1 - Fra le cose impostemi dall'obbedienza, ben poche mi sono
state così difficili come questa di mettermi ora a scrivere dell'orazione, sia
perché sembra che il Signore non mi conceda lo spirito né il desiderio di
farlo, e sia perché mi trovo da tre mesi con la testa così debole e intontita
da scrivere con pena anche per gli affari di necessità. Ma sapendo che la forza
dell'obbedienza suole appianare ogni cosa, anche quelle che sembrano
impossibili, mi accingo all'opera di buona voglia, benché ne senta un'estrema
ripugnanza: Iddio non mi ha mai dato di vedermi in continua lotta con le
infermità e con ogni sorta di occupazioni senza che la natura ne soffra. Mi
assista Colui nella cui misericordia confido, e che in mio favore ha già fatto
cose assai più difficili.
2 - Credo che poco
saprò aggiungere di nuovo a quanto mi fu già imposto di scrivere. Temo anzi di
non far quasi che ripetermi, perché io sono in tutto come quegli uccelli a cui
s'insegna a parlare, e che non sapendo più in là di quanto hanno appreso o
sentito, non fan altro che ripetere le stesse cose.
Se il Signore mi vorrà far dire qualche cosa di nuovo, si
degnerà d'illuminarmi, o, per lo meno, di richiamarmi alla mente ciò che ho
scritto altre volte. Mi contenterei anche di questo. Data l'infedeltà della mia
memoria, mi terrei fortunata di poter ripescare certe cose che, a quanto
dicevasi, erano
ben dette, e ciò nel caso che fossero perdute.
Ma se il Signore non vorrà concedermi neppur questo, mi
sarà di guadagno lo stancarmi e l'accrescermi il mal di testa per obbedienza,
quand'anche da ciò che fossi per dire non si ricavasse alcun vantaggio.
3 - Incomincio dunque
quest'obbedienza oggi, festa della SS. Trinità dell'anno 1577, a Toledo, in questo
monastero di S. Giuseppe del Carmine, ove attualmente mi trovo. Mi sottometto
al giudizio delle dottissime persone che mi hanno imposto di scrivere. Si abbia
intanto per certo che se mi sfuggirà qualche cosa di non conforme a quanto
insegna la S. Chiesa Cattolica Romana, ciò non sarà per malizia, ma per pura
ignoranza, poiché, grazie a Dio, sono stata, sono e sarò sempre ad essa
soggetta. - Sia Egli benedetto e glorificato in eterno! Amen.
4 - Quegli che mi
comandò di scrivere, mi disse che le monache di questi monasteri di nostra
Signora del Carmine avevano bisogno di qualche spiegazione intorno a certi
dubbi di orazione; e siccome le donne fra di loro s'intendono meglio, gli è
sembrato che se fossi riuscita a dirne qualcosa, sarei stata di qualche loro
vantaggio, specialmente per l'amore che mi portano. Perciò in questo scritto
non mi volgerò che a loro, tanto più che sarebbe follia illudermi di esser utile
ad altri. Grande grazia mi farebbe di certo il Signore se alcuna se ne giovasse
per lodarlo un po' di più. E sa bene Sua Maestà se io desideri altra cosa. Se
riuscirò a dire alcunché di buono, esse vedranno che io, essendone tanto
incapace, non ne posso essere l'autrice, a meno che abbiano così poca
intelligenza come io abilità, se il Signore nella sua misericordia non mi viene
in aiuto
PRIME MANSIONI
Capitolo 1
Bellezza e dignità dell'anima umana - Paragone per meglio
intendersi - Vantaggi che si acquistano nel conoscersi e nell'intendere le
grazie che si ricevono da Dio - La porta di questo castello è
l'orazione.
1 - Oggi stavo
supplicando il Signore di parlare in luogo mio, perché non sapevo cosa dire, né
come cominciare ad obbedire al comando che mi è stato imposto, ed ecco quello
che mi venne in mente. Mi servirà di fondamento a quanto dirò.
Possiamo considerare la
nostra anima come un castello fatto di un sol diamante o di un tersissimo
cristallo, nel quale vi siano molte mansioni, come molte ve ne sono in
cielo
Del resto, sorelle, se ci
pensiamo bene, che cos'è l'anima del giusto se non un paradiso, dove il Signore
dice di prendere le sue delizie?
E allora come sarà la stanza in cui si diletta un Re così
potente, così saggio, così puro, così pieno di ricchezze? No, non vi è nulla
che possa paragonarsi alla grande bellezza di un'anima e alla sua immensa
capacità!
Il nostro intelletto, per acuto che sia, non arriverà mai a
comprenderla, come non potrà mai comprendere Iddio, alla cui immagine e
somiglianza noi siamo stati creati. Se ciò è vero - e non se ne può dubitare -
è inutile che ci stanchiamo nel voler comprendere la bellezza del castello.
Tuttavia, per avere un'idea della sua eccellenza e dignità, basta pensare che
Dio dice di averlo fatto a sua immagine, benché tra il castello e Dio vi sia
sempre la differenza di Creatore e creatura, essendo anche l'anima una
creatura.
2 - Che confusione e
pietà non potere, per nostra colpa, intendere noi stessi e conoscere chi siamo!
Non sarebbe grande ignoranza, figliuole mie, se uno, interrogato chi fosse, non
sapesse rispondere,
n.
dare
indicazioni di suo padre, di sua madre, né del suo paese di origine?
Se ciò è indizio di grande
ottusità, assai più grande è senza dubbio la nostra se non procuriamo di sapere
chi siamo, per fermarci solo ai nostri corpi.
Sì, sappiamo di avere un'anima, perché l'abbiamo sentito e
perché ce l'insegna la fede, ma così all'ingrosso, tanto vero che ben poche volte
pensiamo alle ricchezze che sono in lei, alla sua grande eccellenza e a Colui
che in essa abita.
E ciò spiega la nostra grande negligenza nel procurare di
conservarne la bellezza. Le nostre preoccupazioni si fermano tutte alla
rozzezza del castone, alle mura del castello, ossia a questi nostri corpi.
3 - Come ho detto,
questo castello risulta di molte stanze, alcune poste in alto, altre in basso
ed altre ai lati. A1 centro, in mezzo a tutte, vi è la stanza principale,
quella dove si svolgono le cose di grande segretezza tra Dio e l'anima.
Considerate bene questo
paragone di cui forse Dio si compiacerà di servirsi per farvi intendere qualche
cosa delle grazie che Egli si degna di accordare alle anime e la differenza che
le distingue.
Ciò, naturalmente,
fin dove ho inteso che sia possibile, perché, data la loro moltitudine nessuno
è in grado di conoscerle tutte: tanto meno io che sono così misera.
Ma se il Signore ve
l'accorderà, vi sarà di grande conforto sapere che lo può fare, mentre quelle
che non ne sono favorite ne prenderanno l'occasione per lodare la sua infinita
bontà.
Perciò, come non ci è di pregiudizio la considerazione
della gloria del cielo e di quanto vi godono i beati, ma serve a rallegrarci e
a spingerci per meritare anche noi quel che essi già godono, così non ci sarà
di danno comprendere come sia possibile che un Dio tanto grande si comunichi
fin da questo esilio con vermiciattoli così ripugnanti come siamo noi, ma ci muoverà
ad amare una bontà così buona e una così infinita misericordia.
Chi si scandalizza nell'apprendere che Dio può far tante
grazie fin da questo esilio, tengo per certo che sia senza umiltà e senza amore
del prossimo. Se non fosse così, perché non dovrebbe compiacersi nel vedere
Iddio far tali grazie a un suo fratello, quando ciò non vieta che le possa
accordare anche a lui?
Perché non godere che Sua
Maestà mostri la sua grandezza con chi meglio gli piace, poiché Egli alle volte
non agisce che per questo, come disse del cieco a cui dette la vista, quando
gli apostoli lo interrogarono se quella cecità era per i suoi peccati o per
quelli dei suoi genitori? Risulta da ciò che se Egli dà a qualcuno le sue
grazie, non è perché questi sia più santo degli altri a cui non ne dà, ma
perché si manifesti in lui la sua grandezza, come già in S. Paolo e nella
Maddalena, e perché noi lo lodiamo nelle sue creature.
4 - Si potrà dire che
sembrano cose impossibili e che è bene non scandalizzare i deboli.
Ma è minor male permettere
che alcuni non le credano, piuttosto che privare chi ne è favorito del profitto
che ne deve ritrarre.
Questi infatti ne avrà
piacere, e si ecciterà a più amare Colui che nella sua infinita potenza e
maestà gli usa così grandi misericordie.
D'altra parte, so di parlare ad anime per le quali questo
pericolo non esiste, perché conoscono e
credono che Dio può discendere a manifestazioni di amore
ben più sublimi. Chi non lo crede, sono
sicura
che non ne farà mai l'esperienza, perché Dio ama che non si ponga limite alle
sue opere. Parlando a coloro che Dio non
conduce per questa strada, 1i scongiuro che non sia di essi così.
5 - Tornando al nostro
incantevole e splendido castello, dobbiamo ora vedere il modo di potervi
entrare.
Sembra che dica uno sproposito, perché se il castello è la
stessa anima, non si ha certo bisogno di entrarvi, perché si è già dentro. Non
è forse una sciocchezza dire a uno di entrare in una stanza quando già vi sia?
Però dovete sapere che vi è una grande differenza tra un modo di essere e un
altro, perché molte anime stanno soltanto nei dintorni, là dove sostano le
guardie, senza curarsi di andare più innanzi, né sapere cosa si racchiuda in
quella splendida dimora, né chi l'abiti, né quali appartamenti contenga. Se
avete letto in qualche libro di orazione consigliare l'anima ad entrare in se
stessa, è proprio quello che intendo io.
6 - Mi diceva
ultimamente un gran teologo che le anime senza orazione sono come un corpo
storpiato o paralitico che ha mani e piedi, ma non li può muovere. Ve ne sono
di così ammalate e
talmente avvezze a
vivere fra le cose esteriori, da esser refrattarie a qualsiasi cura, quasi
impotenti a rientrare in se stesse.
Abituate a un continuo
contatto con i rettili e gli animali che stanno intorno al castello, si son
fatte quasi come quelli, e non sanno più vincersi, nonostante la nobiltà della
loro natura e la possibilità che hanno di trattare nientemeno che con Dio.
Se queste anime non cercano d'intendere la loro immensa
miseria e non vi pongono rimedio, avverrà che per non volger lo sguardo a se
stesse, si trasformeranno in altrettante statue di sale, come avvenne alla
moglie di Lot per essersi voltata indietro.
7 - Per quanto io ne
capisca, la porta per entrare in questo castello è l'orazione e la meditazione.
Non sto più per la mentale
che per la vocale, perché dove si ha orazione occorre che vi sia pure
meditazione.
Non chiamo infatti orazione
quella di colui che non considera con chi parla, chi è che parla, cosa domanda
e a chi domanda, benché muova molto le labbra.
Alle volte sarà buona orazione anche questa, quantunque non
accompagnata da tali riflessioni, purché queste si siano fatte altre volte. Ma
se alcuno ha l'abitudine di parlare con la maestà di Dio come con uno schiavo,
senza pensare se dice bene o male, contento di quello che gli viene in bocca o
ha imparato a memoria per averlo recitato altre volte... non tengo ciò per
orazione, né piaccia a Dio che vi siano cristiani che così facciano.
Quanto a voi, sorelle,
spero nella bontà di Dio che questo non vi accada, grazie all'abitudine che
avete di trattare spesso di cose interiori: cosa assai utile per preservarvi da
simili stupidaggini.
8 - Non parliamo
dunque di queste anime paralitiche, alle quali, se il Signore non comanderà di
alzarsi come al paralitico che stava da trent'anni alla piscina, toccherà serio
pericolo e sventura assai grave.
Parliamo, invece di quelle che poi finiscono con entrare
nel castello. Benché ingolfate nel mondo, non mancano di buoni desideri: di
tanto in tanto si raccomandano a Dio, e, sia pure in fretta, rientrano in se
stesse con qualche considerazione. Pregano qualche volta al mese, benché
distrattamente, dato che il loro pensiero è quasi sempre tra gli affari, a cui
sono molto attaccate, secondo il detto: Dov'è il tuo tesoro ivi è il tuo
cuore.
Però, di tanto in tanto decidono di liberarsene perché,
grazie al proprio conoscimento - che è sempre una gran cosa - riconoscono che
la strada per cui camminano non è quella che conduce al castello. Finalmente
entrano nelle prime stanze del pianterreno, ma vi portano con sé un'infinità di
animaletti, i quali non solo impediscono di veder le bellezze del castello, ma
neppur permettono di rimanervi in pace.
Tuttavia han già fatto molto con l'entrarvi.
9 - Vi parrà forse,
figliuole, che tutto ciò non sia a proposito, perché voi, grazie a Dio, non
siete di questo numero.
Ma abbiate pazienza, perché
altrimenti non saprei come farvi intendere, nel modo che le intendo io, certe
cose interiori riguardanti l'orazione.
Piaccia a Dio che
riesca a dirvene qualche cosa, perché si tratta di un argomento assai
difficile, specialmente per chi non ne ha esperienza. Ma se voi l'avrete,
capirete che certe cose si devono toccare per forza.
Piaccia a Dio nella sua infinita
misericordia che esse non accadano a noi!
Capitolo 2
Deformità di un'anima in peccato mortale - Il Signore ne fa
vedere qualcosa a una certa persona - Qualche pensiero sul proprio conoscimento
- Capitolo assai utile per certi punti che meritano
attenzione - Come
intendere queste mansioni.
1 - Prima di andare
innanzi, vi prego di considerare come si trasformi questo castello meraviglioso
e risplendente, questa perla orientale, quest'albero di vita piantato nelle
stesse acque vive della vita che è Dio, quando s'imbratti di peccato
mortale.
Non vi sono tenebre così
dense, né cose tanto tetre e buie, che non ne siano superate e di molto. Il
Sole che gli compartiva tanta bellezza e splendore è come se più non vi sia,
perché, pur rimanendo ancora nel suo centro, l'anima tuttavia non ne partecipa
più.
Conserva sempre la capacità
di goderlo, come il cristallo di riflettere i raggi, ma intanto non vi è più
nulla che le sia di merito; e finché dura in quello stato, non le giovano a
nulla per l'acquisto della
gloria neppure le sue buone opere, perché, non procedendo
esse da quel principio per cui la nostra
virtù è virtù - voglio dire da Dio, da cui, anzi, si
allontanano - non gli possono essere accette.
Infatti, chi commette un
peccato mortale intende di contentare,non Dio, ma il demonio; e siccome il
demonio non è che tenebra, la povera anima si fa tenebra con lui.
2 - So di una persona
(Parla di se stessa, Ndr) a cui il Signore volle far vedere lo stato di
un'anima in peccato mortale.
Secondo lei, sarebbe
impossibile, comprendendolo bene, che alcuno potesse ancora peccare, anche se
per fuggirne le occasioni dovesse soffrire i maggiori tormenti
immaginabili.
Da ciò le venne un ardentissimo desiderio che tutti se ne
persuadessero. E io ora vi scongiuro, figliuole, di pregar molto il Signore per
coloro che si trovano in questo stato, trasformati in una stessa tenebra con le
loro opere.
Come da una fonte limpidissima non sgorgano che limpidi
ruscelli, così di un'anima in grazia: le sue opere riescono assai grate agli
occhi di Dio e degli uomini, perché procedenti da quella fonte di vita nella
quale essa è piantata come un albero, e fuor dalla quale non avrebbe né
freschezza né fecondità. Quell'acqua la conserva, impedisce che inaridisca e le
ottiene frutti saporosi, ma se l'anima l'abbandona di sua colpa per mettersi in
un'altra dalle acque sudicie e fetenti, non sgorgherebbe da lei che la stessa
abominevole sporcizia.
3 - Si deve intanto
considerare che la fonte, o, a meglio dire, il Sole splendente che sta nel
centro dell'anima, non perde per questo il suo splendore né la sua bellezza.
Continua a star nell'anima, e non vi è nulla che lo possa scolorire. Supponete
un cristallo esposto ai raggi del sole, ravvolto in un panno molto nero: il
sole dardeggerà sulla stoffa, ma il cristallo non ne verrà illuminato.
4 - Anime redente dal sangue di Gesù Cristo,
aprite gli occhi e abbiate pietà di voi stesse! Com'è possibile che, persuase
di questa verità, non procuriate di togliere la pece che copre il vostro
cristallo? Se la morte vi sorprende in questo stato, quella luce non la godrete
mai più!...
O Gesù! ... Che orrore
vedere un'anima priva di questo lume! Come rimangono le povere stanze del
castello!
Che turbamento s'impossessa dei sensi che ne sono gli
abitanti!
In che stato di accecamento
e mal governo cadono, le potenze che ne sono le guardie, i maggiordomi e gli
scalchi!
Ma siccome l'albero è piantato nella stessa terra del
demonio, che altro ne può venire?
5 - Udii una volta una
persona spirituale meravigliarsi non tanto di ciò che faccia un'anima in
peccato mortale, quanto di ciò che non faccia.
Ci liberi Iddio, nella sua
misericordia, da male così funesto, il solo che quaggiù possa meritare questo
nome, degno di castighi che non avranno mai fine.
In ciò, figliuole mie,
dobbiamo esser sempre timorose, né mai desistere dal pregare Iddio di
liberarcene, perché se Egli non custodisce la città, invano lavoriamo noi, che
siamo il nulla medesimo.
Quella persona inoltre diceva di aver ricavato due vantaggi
dalla grazia di cui Dio l'aveva favorita: anzitutto, un timore grandissimo di
offenderlo, per cui alla vista di così gravi danni continuava a pregarlo di non
lasciarla cadere; e, in secondo luogo, uno specchio di umiltà, nel quale vedeva
che il principio del bene che facciamo non procede da noi, ma dal fonte nel
quale l'albero dell'anima è piantato, e dal Sole che feconda le nostre buone
opere.
Questa verità, aggiungeva, le era apparsa così chiara, che
quando faceva o vedeva qualche opera buona, pensava subito a Colui che ne era
il principio, persuasa che senza il suo aiuto non si possa proprio far nulla.
Indi si levava a dar grazie al Signore, scordando quasi sempre se stessa quando
le avveniva di far qualche cosa di buono.
6 - Non sarebbe
perduto, sorelle, il tempo trascorso, io a vergare questo scritto e voi a
leggerlo, se pur noi vi ricavassimo questi due vantaggi. E se il Signore
permette che simili paragoni giungano a nostra cognizione, può essere perché
siano d'aiuto non tanto per i dotti e gli esperti che già sanno ogni cosa, ma
piuttosto per noi donne, che nella nostra ignoranza abbiamo bisogno di
tutto.
Ci conceda Iddio nella sua bontà di cavarne profitto!
7 - Queste cose
interiori sono di così difficile intelligenza che una persona ignorante come
me,
prima di dirne una parola giusta, ne deve dire,
necessariamente, molte di inutili e d'inopportune.
Ci vorrà pazienza per leggermi, come ne occorre a me per
scriver di ciò che ignoro. Alle volte mi avviene di prender in mano la penna
come un idiota, senza sapere cosa dire, né da dove cominciare. Tuttavia, farò
del mio meglio per spiegarvi certe cose interiori, che credo vi saranno
utili.
Benché ci parlino spesso
dell'eccellenza dell'orazione che le nostre Costituzioni ci impongono per varie
ore, però non ci spiegano quello che vi possiamo fare, e poco ci dicono dei
fatti soprannaturali
che Dio opera
nell'anima, mentre parlandone e spiegandoli in diverse maniere, se ne avrebbe
del gran conforto, grazie alla considerazione di questo celeste ed interiore
edificio che i mortali conoscono così poco, benché molti vi si trovino.
In altri libri da me scritti, il Signore ne ha già dato
qualche lume, ma certe cose, specialmente più difficili, io non le ho mai
intese così bene come ora. I1 male è che per giungere a spiegarle, dovrò
ripeterne una quantità di conosciute: con una intelligenza così rozza come la
mia, non se ne può proprio fare a meno.
8 - Ritorniamo dunque
al nostro castello e alle sue molte mansioni.Non dovete figurarvi queste mansioni le une dopo le altre, come una fuga di
stanze.
Portate il vostro sguardo al centro, dove è situato
l'appartamento o il palazzo del Re.
Egli vi abita come in una palmista, (palma tipica
dell'Andalusia, Ndr) di cui non si può prendere il buono se non togliendo le
molte foglie che lo coprono. Così qui: intorno e al di sopra della stanza
centrale, ve ne sono molte altre, illuminate in ogni parte dal Sole che risiede
nel mezzo. Le cose dell'anima si devono sempre considerare con ampiezza,
estensione e magnificenza, senza paura di esagerare, perché la capacità
dell'anima sorpassa ogni umana immaginazione.
Importa molto che un'anima
di orazione, a qualunque grado sia giunta, sia lasciata libera di circolare
come vuole, in alto, in basso, e ai lati, senza incantucciarla e restringerla
in una sola stanza.
Poiché Dio l'ha fatta così
grande, non obblighiamola a rimaner a lungo nello stesso posto, sia pure nel
proprio conoscimento.
Oh, il proprio conoscimento! Intendetemi bene
figliuole!
Esso è tanto necessario che
le stesse anime ammesse da Dio nel suo medesimo appartamento non devono mai
trascurarlo, nonostante siano giunte tanto in alto.
Del resto, non potrebbero
trascurarlo neppure volendolo, perché è proprio dell'umiltà fabbricare, come
ape nell'alveare, quel miele, senza del quale tutto è perduto.
Ma come l'ape non lascia di uscire a succhiare i fiori,
così l'anima, la quale, pur addestrandosi nel proprio conoscimento, deve di
tanto in tanto innalzarsi a considerare la grandezza e la maestà di Dio.
In ciò scoprirà la propria miseria
meglio che rimanendo in se stessa, e sarà meno infastidita dagli
animaletti immondi che entrano nelle prime stanze, dove ci
si esercita nel proprio conoscimento.
Tuttavia, è sempre una grande grazia di Dio saperci in esso
esercitare, benché, come suol dirsi, vi si possa mancare per eccesso o per
difetto. Insomma credetemi: lavoreremo assai più virtuosamente con l'aiuto di
Dio, che non col rimanere attaccate alla nostra miseria.
9 - Non so se mi
spiego bene. È tanto importante conoscerci, che in ciò non vorrei vi
rilassaste, neppure se foste già arrivate ai più alti cieli, perché mentre
siamo sulla terra, non c'è cosa più necessaria dell'umiltà.
Torno dunque a ripetere che
è assai utile, - anzi, utile in modo assoluto - che prima di volare alle altre
mansioni, si entri in quelle del proprio conoscimento, che sono le vie per
andare a quelle. Ora,
se possiamo
camminare sopra un terreno piano e sicuro, perché voler ali per volare?
Facciamo piuttosto del nostro meglio per approfondirci in questa nostra
conoscenza.
Ma credo che non arriveremo mai a conoscerci, se insieme
non procureremo di conoscere Dio.
Contemplando la sua grandezza, scopriremo la nostra
miseria; considerando la sua purezza
riconosceremo la nostra sozzura; e innanzi alla sua umiltà
vedremo quanto ne siamo lontani.
10 -
Vi sono in ciò due vantaggi: primo, perché una cosa bianca messa vicina a una
nera appare più bianca, come una nera messa vicino a una bianca; e in secondo
luogo, perché la nostra intelligenza e volontà, portate ora su Dio e ora su di
noi, si rendono più nobili e più disposte al bene. Se dal fango della nostra
miseria non ci sollevassimo mai, ne risulterebbero molti inconvenienti.
Di coloro che sono in
peccato mortale abbiamo detto che nero ed immondo è tutto quello che da essi
proviene.
Così nel caso nostro,
quantunque - Dio ce ne liberi! - non nel medesimo modo, non trattandosi in
fondo che di un semplice paragone.
È un fatto, però, che
mantenendoci di continuo nella ignominia della nostra terra, le nostre correnti
possono intorbidirsi a contatto con il fango del timore, della pusillanimità,
della codardia e dei pensieri come questi: " Mi guardano o non mi
guardano? Che mi avverrà camminando per questa via? Sarà per superbia se ardirò
cominciare quest'opera? È bene che una miserabile come me si eserciti in cose
così sublimi come l'orazione? Non mi riterranno forse migliore, se non cammino
per la strada comune? E dato che le esagerazioni non sono mai buone, neppure in
fatto di virtù, non verrò forse io, povera peccatrice, a cadere da più grande
altezza, senza più coraggio di muovere un passo? Non sarò forse di danno ai
buoni? Oh, no, una persona come me, non è fatta per le singolarità! "
.
11 - Ohimè, figliuole mie, quante anime il demonio deve
rovinare per questa strada, facendo loro credere che tutto ciò sia per
sentimento di umiltà! E quante altre cose potrei dire, provenienti
dall'insistere troppo sul proprio conoscimento!
Finisce col far deviare, e io non mi stupisco. Se non
usciamo mai da noi stesse, ne può venire questo e peggio ancora. Perciò,
figliuole, fissiamo gli occhi in Cristo nostro bene e nei suoi santi, e vi
impareremo la vera umiltà. Allora la nostra intelligenza si renderà più
esperta, e la conoscenza di noi stessi cesserà dal renderci imbelli e codardi.
Questa mansione, benché sia la prima, è così eccellente e
preziosa che se l'anima sa sottrarsi agli animali che l'ingombrano, non lascerà
di andare innanzi. L'esperienza che ho di queste prime mansioni mi permette di
descriverle, e so che terribili ed astute sono le insidie del demonio per
impedire che le anime conoscano se stesse e la strada per cui camminano.
12 - Non si deve dunque pensare che gli appartamenti siano
pochi: ve ne sono a milioni.
Le anime vi entrano in molti modi, e tutte con buona
intenzione. Ma siccome il demonio è maligno, deve aver appostato in ogni stanza
legioni di suoi pari, per impedire che passino da una mansione all'altra, e
così le poverette, che ne sono ignare, si trovano impigliate in mille lacci:
ciò non avviene tanto facilmente a quelle che sono più vicine all'appartamento
reale.
Queste, invece,
essendo ancora fra le cose del mondo, ingolfate nei suoi piaceri e perdute
dietro agli onori e alle ambizioni, si lasciano vincere facilmente, perché i
loro vassalli, che sono i sensi e le potenze, si trovano destituiti di quella
forza che in origine avevano da Dio ricevuta.
Ciò nonostante desiderano di non offendere il Signore, e
fanno qualche opera buona.
Coloro che si trovano in questo stato devono far di tutto
per ricorrere spesso al Signore, e non avendo vassalli capaci di difenderli,
prendere per intercessori la benedetta Madre di Dio e i suoi santi, perché
combattano per loro.
Del resto, non c'è stato in
cui non si abbia bisogno dell'aiuto di Dio. Ed Egli si degni di accordarcelo
per la sua infinita misericordia! Amen.
13 - Com'è miserabile
questa vita!...Avendovi già parlato altrove e lungamente del danno di non ben
conoscere ciò che riguarda l'umiltà e il proprio conoscimento, non m'indugio di
più, benché l'argomento sia molto importante. Piaccia a Dio che vi abbia detto
qualche cosa di utile!
14 - Quanto alla luce che
si diffonde dal palazzo reale, dovete avvertire che le prime mansioni ne
ricevono assai poca.
Benché non siano nere e tenebrose come quando l'anima è in
peccato, tuttavia sono alquanto in penombra, e non possono essere vedute
neppure da coloro che le abitano, non per difetto dell'appartamento, ma per
ragione delle molte cose nocive, serpenti, vipere e animali velenosi che,
essendosi introdotti con l'anima, le impediscono di avvertire la luce.
Non so come spiegarmi, ma è
come se uno entra in una stanza inondata di sole con gli occhi così
impiastricciati di fango da non poterli quasi dischiudere.
La sala è illuminata, ma egli non ne gode la chiarezza a
causa di quel suo impedimento o, nel caso nostro, per le bestie e i serpenti
che l'accecano in tal modo da non permettergli di vedere altro che loro. Così
mi pare che debba essere dell'anima, la quale, benché non sia in cattivo stato,
tuttavia è così immersa nelle cose del mondo, così ingolfata negli affari, nei
traffici e negli onori, da sentirsi impedita di considerare se stessa e di
godere come vorrebbe della sua propria bellezza, sembrandole, per di più, che
da tanti impedimenti non sappia liberarsi.
Eppure per entrare nelle
seconde mansioni bisogna che si disbrighi da tutte le cure ed affari che non
siano indispensabili, sia pure in conformità al suo stato.
Ciò è di tanta importanza che se non comincia subito a
farlo, non solo non arriverà alla mansione principale, ma sarà pure impossibile
che, senza grande pericolo, rimanga nella mansione che occupa, benché già nel
castello: fra tante bestie velenose è impossibile che una volta o l'altra non
ne venga morsicata.
15 - Noi infelici,
figliuole, se dopo esserci affrancate da questi ostacoli, e avanzate di molto
verso le mansioni più segrete, dovessimo uscirne per nostra colpa e gettarci
ancora nella confusione!
È per i nostri peccati
se molte anime, dopo aver ricevuto tante grazie, le lasciano miseramente perire
per loro colpa. Esteriormente noi siamo libere. Piaccia a Dio che lo siamo pure
interiormente! Altrimenti, ci liberi Lui!
Figliuole mie, non
immischiatevi mai negli affari altrui. Pensate che poche sono le mansioni del
castello in cui non vi sia da combattere con il demonio.
È vero che in alcune
le potenze, che, come ho detto, ne sono le guardie, hanno forza sufficiente per
resistere, ma dobbiamo star molto attente per scoprire le insidie del demonio
ed evitare che ci
inganni col trasformarsi in angelo di luce, perché ci può
danneggiare in moltissime maniere,
insinuandosi a poco a poco, in modo da non lasciarci
accorgere del male se non dopo avercelo fatto.
16 - Altre volte vi ho
detto che il demonio è come una lima sorda che bisogna sorprendere fin dal
principio, e per farvelo meglio conoscere voglio ora aggiungere qualche altra
cosa.
Ispira egli a una sorella
desideri così violenti di penitenza, da farle credere di non aver riposo se non
allora che si sta martoriando. Fin qui nulla di male.
Ma ecco che la Priora le
ordina di non fare penitenza senza suo permesso. Il demonio allora le fa
credere che in cosa tanto buona può prendersi qualche libertà! Ed ella si
macera in segreto fino a rovinarsi la salute e a non poter più seguire la
Regola.
Ecco dove va a finire quel fervore!...
Ispira a un'altra sentimenti di zelo per una più alta
perfezione. Anche qui nulla di meglio.
Ma ne può venire che costei
scorga gravi mancanze in ogni minimo difetto delle consorelle, e si ponga ad
osservare se ne commettono per poi avvisarne la Priora.
Può intanto avvenire che per meglio zelare l'osservanza religiosa,
non si accorga delle sue trasgressioni, per cui le altre, che non sanno nulla
delle sue intenzioni, vedendo la cura che si prende per ciò che non la
riguarda, possono aversela a male.
17 - Ciò che qui il demonio pretende non è certo da poco.
Suo scopo è di raffreddare la carità e l'amore vicendevole, il che è assai
grave. Persuadiamoci, figliuole mie, che la vera perfezione consiste nell'amore
di Dio e del prossimo.
Quanto più esattamente
osserveremo questi due precetti; tanto più saremo perfette: le nostre Regole e
Costituzioni non sono infine che il mezzo per meglio osservarli.
Lasciamo da parte questi
zeli indiscreti che ci possono essere assai dannosi, e ognuna attenda a se
stessa.
Siccome di questo argomento ho già parlato a lungo in altro
luogo, non voglio oltre dilungarmi.
18 - È tanta l'importanza dell'amore vicendevole che non
dovreste mai dimenticarvene. L'andare osservando certe piccolezze - che alle
volte non sono neppure imperfezioni, ma che la nostra ignoranza ci fa vedere
assai gravi - nuoce alla pace dell'anima e inquieta le sorelle. Sarebbe una
perfezione che costa assai caro!
Il demonio potrebbe far nascere questa tentazione anche in
riguardo alla Priora, e sarebbe più pericolosa. Tuttavia bisogna agire con
prudenza, perché se si tratta di cose contro la Regola e le Costituzioni, non
si deve sempre passar sopra, ma avvisarla, e se non si corregge, darne conto al
Superiore.
E questa è carità.
Altrettanto si dica delle sorelle in cose di qualche importanza. Lasciarle
passare per paura che sia tentazione, sarebbe la stessa tentazione.
Però, dovete star bene in guardia a non lasciarvi ingannare
dal demonio con parlare di queste cose le une con le altre. Il maligno ne
potrebbe molto guadagnare, introducendo l'abitudine alla mormorazione.
Se ne parli soltanto con
chi può mettervi rimedio. Qui, grazie a Dio, il pericolo non è tanto da
temersi, per il silenzio quasi continuo che si osserva. È bene però che si stia
sempre sull'attenti!...
SECONDE MANSIONI
Capitolo unico
Per giungere alle
ultime mansioni occorre perseveranza. - Guerra accanita da parte del demonio, e
quanto convenga
non sbagliare strada fin dal principio. - Mezzo che le fu molto utile.
1 - Diciamo ora quali
siano le anime che entrano nelle seconde mansioni, e cosa vi facciano.
Vorrei sbrigarmi presto perché ne ho già parlato altrove e
assai lungamente; ma per non ricordarmi ciò che ho detto, mi sarà impossibile
non ripetermi in molte cose. Se almeno sapessi presentarle in altra maniera,
forse non vi annoierei, a quel modo che non ci annoiano i libri che ne
trattano, benché siano molti.
2 - Parlo dunque di
coloro che han già cominciato a far orazione e hanno inteso quanto importi non
rimanere nelle prime mansioni, benché non sappiano ancora uscirne
definitivamente.
Ciò dipende dal non fuggire le occasioni, cosa assai
pericolosa. Tuttavia, non mancano alle volte, per grande misericordia di Dio,
di sottrarsi ai serpenti e alle altre cose velenose, persuasi che ciò sia
bene.
Sotto un certo aspetto,
costoro soffrono di più che non quelli delle prime mansioni, ma siccome ne
conoscono i pericoli, si espongono di meno, e ciò fa sperare che andranno
avanti.
Dico che soffrono più dei primi, perché questi sono come
quei muti che, per essere anche sordi, sopportano più facilmente la pena di non
poter parlare. Benché sia più grande quella di sentire e non parlare, non è certo
più desiderabile la condizione di chi non sente, essendo sempre una gran cosa
sentire ciò che si dice.
Così delle persone di cui parlo.
Essendosi avvicinate
all'appartamento di Sua Maestà, ne sentono gli inviti e capiscono di aver in
Lui un buon vicinante, grande in bontà e misericordia.
Siamo ancora ingolfati negli affari, nei passatempi, nei
piaceri e nelle distrazioni mondane; e siccome fra bestie tanto velenose,
pericolose e insidiose, fa quasi meraviglia non inciampare e cadere, cadiamo
ancora nei peccati e poi ci rialziamo. Eppure questo nostro Signore vede tanto
volentieri che noi l'amiamo e ne cerchiamo la compagnia, che non lascia di
quando in quando di chiamarci perché andiamo a Lui. Ed è così dolce la sua voce
che la povera anima, vedendo di non saper far subito quello che le dice, si
sente tutta distruggere! Ecco perché ho detto che è più penoso udire che non
udire.
3 - Queste voci ed inviti si odono non già come
quelli di cui parlerò più avanti, ma nelle parole di certe buone persone, nelle
prediche, nelle buone letture e in tutti quegli altri modi di cui Dio si serve
per far sentire le sue chiamate: prove, malattie e certe verità che Egli fa
conoscere nei momenti che si consacrano all'orazione, sia pure svogliatamente,
ma da Lui molto stimati.
Quanto a questa prima grazia, guardatevi bene dal non farne
il conto che si merita, né desolatevi per non sapergli subito rispondere,
perché Sua Maestà sa aspettare anche per molti giorni ed anni, specialmente
quando vede perseveranza e buoni desideri. Questa disposizione è assolutamente
necessaria, e con essa si guadagna molto.
Qui la lotta dei demoni è molto varia e terribile, e
l'anima ne ha una pena assai più grande che non nelle mansioni precedenti. In
quelle era come una povera sordomuta, o, se non altro, sentiva poco e meno
resisteva, a guisa di persona che avesse quasi perduta la speranza di
vincere.
Ma qui l'intelligenza è più viva, le potenze più abili, i
colpi delle artiglierie nemiche più violenti, ed
è impossibile non
sentirli.
I demoni mettono innanzi tutti i beni e i piaceri del
mondo, che sono le serpi di cui parlo; li fanno apparire quasi eterni; mostrano
la stima in cui sono tenuti; suggeriscono il ricordo dei parenti e degli amici;
e siccome in questa mansione si desidera di far un po' di penitenza, la
mostrano come contraria alla salute, e mille altre difficoltà.
4 - O Gesù!... Che
scompiglio fan qui i demoni, e che afflizioni per l'anima! ...
Non sa se andare avanti o tornare alle mansioni prime,
perché mentre la ragione le fa presente la follia di mettere in confronto i
beni della terra con quelli che spera, la fede le insegna quello che meglio le
conviene, e la memoria le ricorda dove vanno a finire tutti i beni del mondo,
rimettendole sotto gli occhi la morte di molte persone che ne godettero in
abbondanza.
Di alcune la morte avvenne improvvisamente, e furono da
tutti dimenticate. Molti di quelli che ha veduti in prosperità, ora sono
calpestati sotto terra: sul loro sepolcro è passata anch'essa varie volte,
considerando la moltitudine dei vermi che andavano brulicando nel loro corpo...
e molte altre cose che la memoria le mette innanzi.
Intanto la volontà s'inclina ad amare il Signore per le
innumerevoli attrattive di cui lo scopre fornito. E avendo ricevuto da Lui
tante dimostrazioni di amore, desidera di ripagarlo almeno in qualche cosa.
Soprattutto la colpisce il pensiero che questo vero Amante non solo non
l'abbandona, ma le resta sempre vicino per darle l'essere e la vita.
L'intelletto le fa capire che un amico migliore non si potrà mai trovare,
neppure in molti anni di vita; che il mondo è pieno di falsità; che i piaceri
del demonio apportano inquietudine, contraddizioni e travagli; che fuori del
castello non vi è sicurezza
n.
pace, e
che non bisogna frequentare le case altrui, perché, volendolo, si può godere in
casa propria ogni abbondanza di beni.
E chi è che preferisca imitare il figliuol prodigo, pascendosi
con il cibo dei porci, quando in casa sua ha tutto quello che gli occorre,
quando soprattutto ha un Ospite così grande che lo mette in possesso di ogni
sorta di beni, solo che lo voglia?
Buone ragioni sono queste per poter vincere il
demonio.
5 - Eppure, Signore e
Dio mio, l'abitudine di correr dietro alla vanità e l'esempio di un mondo che
non sa far altro che questo, distruggono ogni cosa.
La fede in noi è
così debole che crediamo più facilmente a quanto ci cade sotto gli occhi, che
non alle verità che essa ci insegna. E così la miseria di chi insegue queste
cose sensibili, non è che troppo evidente: danno causato da quei rettili
velenosi con i quali siamo in contatto.
Se uno viene morsicato da una vipera, ne rimane avvelenato,
e il corpo si gonfia. Così anche di noi, se non stiamo in guardia. Allora per
guarire ci vorranno molte medicazioni. Anzi, sarà per una grande grazia di Dio
se non si finirà col soccombere.
Qui l'anima va soggetta a
gravi pene, specialmente se il demonio, riconoscendo le sue attitudini e
qualità, la vede capace di andar molto innanzi, perché allora raduna tutto
l'inferno per costringerla ad uscire dal castello.
6 - Ah, Signor mio!
Qui il vostro aiuto è assolutamente necessario: senza di voi non si può proprio
far nulla.
Deh! non permettete mai, per la vostra misericordia, che
quest'anima si lasci ingannare, abbandonando la strada incominciata! Datele
luce sufficiente per riconoscere che ogni suo bene dipende dal perseverare e
dal fuggire le compagnie cattive.
Le sarà invece assai utile trattare con coloro che si
occupano di tali cose, avvicinandosi non solo a quelli che si trovano nelle sue
medesime mansioni, ma anche a coloro che vedrà molto innanzi. Questo le potrà
molto giovare, essendo possibile che, trattando con loro, finisca con
introdursi nelle loro stesse mansioni.
Ma stia bene in guardia per non lasciarsi vincere dal
demonio. Se il maligno la vedrà fermamente risoluta a perdere la vita, il
riposo e tutto ciò che le presenta piuttosto di ritornare alla prima stanza,
lascerà presto di combatterla.
Ma occorre che sia di animo
virile, e non già di coloro che andando alla guerra, non mi ricordo bene con
chi, si gettarono a bere bocconi.
Si risolva coraggiosamente,
immaginandosi di andare a combattere contro tutti i demoni, per vincere i quali
non vi sono armi migliori della croce.
7 - Ecco
un'osservazione che ho già fatto altre volte e che per la sua grande importanza
ripeto anche qui.
Per non intraprendere la fabbrica di questo grande e
prezioso edificio in maniera troppo volgare, colui che comincia non deve neppur
pensare alle consolazioni, perché se inizia il lavoro sulla sabbia, esso finirà
col cadere, ed egli non potrà sottrarsi ai disgusti e alle tentazioni.
Non è in queste mansioni
che la manna viene dal cielo, ma più innanzi, là dove l'anima ha tutto quello
che vuole, perché non vuole se non quello che Iddio vuole.
Che pretese le nostre! Ci dibattiamo ancora fra mille
inciampi e imperfezioni, con virtù novelline, ancora incapaci di muoversi
perché nate da poco - e piaccia a Dio che siano almeno nate! - eppure osiamo
lamentarci delle aridità e voler dolcezze nell'orazione! ... Guardatevene
assolutamente, sorelle! Abbracciate la croce che il vostro Sposo portò sulle
spalle, convincendovi di non dover fare che questo.
Colei che per suo
amore saprà patire di più, patisca, e sarà la più felice. Quanto al resto,
ritenetelo per accessorio. E se il Signore ve lo darà, ringraziatelo senza
fine.
8 - In fatto di
sofferenze esterne, vi parrà d'essere pronte a sopportarle, purché Dio vi
consoli interiormente.
Ma il Signore sa meglio di noi quello che ci conviene, e
non ha certo bisogno che lo consigliamo
noi. Alle nostre richieste potrebbe rispondere, e a
ragione: Non sapete quello che domandate!
L'unica brama di chi vuol
darsi all'orazione - non dimenticatelo mai, perché è importantissimo -
dev'essere di fare di tutto per risolversi e meglio disporsi a conformare la
sua volontà a quella di Dio.
In questo, come appresso dirò, sta la più grande perfezione
che si possa bramare.
Più questa conformità sarà
perfetta, maggiori grazie si riceveranno da Dio, e maggiore sarà pure il
progresso nel cammino.
Non crediate che si tratti
di qualche nuova astruseria o di cose mai conosciute ed intese: il nostro bene
sta tutto qui. Se sbagliamo fin da principio, volendo che il Signore faccia la
nostra volontà e ci conduca per dove vogliamo noi, che saldezza potrà avere
l'edificio? Procuriamo invece, per quanto
è da noi, di evitare
qualsiasi contatto con le bestie velenose, perché spesso il Signore permetterà
che le aridità e i pensieri cattivi ci perseguitino ed affliggano senza che
sappiamo allontanarli.
Altre volte poi permetterà
che ne rimaniamo morsicati per insegnarci a star più attenti e vedere se ci
dispiace di averlo offeso.
9 - Perciò, se qualche
volta cadete, non dovete così avvilirvi da lasciare d'andare innanzi. Da quella
caduta il Signore saprà cavare del bene, come il venditore di triaca, che per
far prova della sua efficacia beve prima il veleno.
Quando non vi fosse altro mezzo per misurare la nostra
miseria e vedere il danno che ci proviene
dalle dissipazioni, vi sarebbe sempre la lotta che dobbiamo
sostenere per tornare a raccoglierci.
Ov'è male più grande che non poterci ritrovare in casa
nostra? E se in casa nostra non ci sentiamo soddisfatti, forse che possiamo
sperare di sentirci tali in casa altrui, quando pare che ci muovan guerra fin
gli stessi amici e parenti più stretti, con i quali, di buona o mala voglia,
dobbiamo pur vivere, come sono le nostre potenze, che con ciò sembrano
vendicarsi di quanto han dovuto subire da parte dei nostri vizi? Pace, pace,
sorelle mie!
Questa è la parola del Signore, da lui tante volte ripetuta
ai suoi apostoli. Se non abbiamo e non
procuriamo di trovar pace in casa nostra, tanto meno -
credetemi - la troveremo in casa altrui.
Per il sangue che Cristo
sparse per noi, finisca ormai questa guerra! Lo chiedo a chi non ha ancora
cominciato a rientrare in se stesso, mentre a chi ha cominciato, chiedo che la
prospettiva della lotta non lo faccia tornare indietro.
Pensi che la ricaduta sarebbe peggiore della caduta; ne
intravegga la rovina, confidi, non in se stesso, ma nella misericordia di Dio;
e il Signore lo condurrà da una mansione all'altra, sino a dove le bestie non
solo non lo potranno più toccare né molestare, ma dove egli le terrà soggette e
le burlerà, godendo, fin da questa vita, tale abbondanza di beni da superare
qualsiasi desiderio.
10 - Come ho detto
in principio, ho già parlato altrove del modo con cui dovete comportarvi nelle
inquietudini suscitate dal demonio, e come per cominciare a raccogliersi e
perseverare nel raccoglimento si deve agire non a forza di braccia, ma
soavemente e con dolcezza. Qui non voglio aggiungere che questo: cioè, che
secondo il mio parere, giova molto trattare di queste cose con persone
sperimentate, acciocché non si creda di pregiudizio al raccoglimento anche il
disbrigo delle occupazioni necessarie.
Purché non abbandoniamo l'orazione, il Signore volge tutto
in nostro bene, anche se nessuno ce ne dica il modo. Ma se commettiamo questo
sbaglio, non c'è altro rimedio che tornare a riprenderla, sotto pena
d'indebolirci sempre più. E piaccia a Dio che ce n'accorgiamo!
11 - Ma - potrebbe qualcuno
pensare - se tornare indietro è tanto pericoloso, è meglio neppur cominciare,
ma star fuori del castello.
Vi ho già detto in
principio - ed è parola di Dio che chi ama il pericolo in esso perisce, e che
la porta del castello è l'orazione.
Ora, pretendere di entrare nel cielo senza prima entrare in
noi stessi per meglio conoscerci e considerare la nostra miseria, per vedere il
molto che dobbiamo a Dio e il bisogno che abbiamo della sua misericordia, è una
vera follia.
Il Signore dice: Nessuno va al Padre se non per me. (Non so
se dica proprio così; a me pare di sì). E ancora: Chi vede me, vede il Padre
mio. Ora, se noi non lo guardiamo mai, né mai consideriamo quello che gli
dobbiamo, né la morte che ha subito per noi, non so come possiamo conoscerlo e
servirlo.
E senza queste opere di suo
servizio, che valore avrà la nostra fede? E che valore avranno le nostre opere
separate che siano dai meriti inestimabili di Gesù Cristo nostro Bene?
E allora, chi ci indurrà ad amare il Signore?
Piaccia a Sua Maestà di farci intendere quanto gli siamo
costati, quanto non convenga che il servo sia da più del padrone, che per
salire alla gloria occorre lavorare e che bisogna pregare per non andare sempre
in tentazione.
TERZE MANSIONI
Capitolo 1
Della poca
sicurezza che si ha in questo esilio, nonostante la sublimità dello stato nel
quale si
possa essere, per
cui bisogna andar sempre con timore - Alcuni avvisi importanti.
1 - A coloro che per
misericordia di Dio hanno superato tutti questi combattimenti, e con la loro
perseveranza sono entrati nelle terze mansioni, che cosa diremo se non: Beato
l'uomo che teme il Signore?
Dato il mio rozzo ingegno, non è piccola grazia che Sua
Maestà mi faccia intendere, proprio in questo momento, il senso del suaccennato
versetto in lingua volgare. Sì, a ragione li chiamiamo beati, perché seguono
una via che, per quanto ci è dato di vedere, li condurrà al porto della salute,
purché non tornino indietro. Comprendete da ciò, sorelle, quanto importi
vincere le battaglie che
precedono, dopo le
quali il Signore - ne son certa - non lascerà di darci sicurezza di coscienza,
il che non è piccolo beneficio.
Ho detto sicurezza, ma ho detto male, perché in questa vita
la sicurezza non si può mai avere, per cui, tutte le volte che ne parlerò,
sottintendete sempre: a patto che non si abbandoni il cammino
incominciato.
2 - Oh, la sventura di
dover vivere in questa vita, nella quale occorre essere sempre come coloro che
avendo i nemici alla porta, non possono lasciar le armi neppure per mangiare e
dormire, ma star in continua apprensione che da qualche parte si dia l'assalto
alla fortezza!
Oh, Signor mio e mio Bene!
Come volete che si ami una vita così infelice, e si lasci di bramare e di
chiedere d'esserne liberati?
Ciò non sarebbe che con la
speranza di perderla per amor vostro, o di spenderla tutta per vostro servizio,
sicuri con questo d'esser vostra volontà che continuiamo a vivere.
In caso contrario, mio Dio,
moriamo pure con Voi, come disse S. Tommaso, ( Eamus et nos ut moriamur cum eo.
(Gv. 11, 16)) perché vivere senza di Voi e nel timore di perdervi per sempre,
non
è che un morire mille
volte.
Perciò vi dico, figliuole,
di non domandare altra beatitudine che di entrare nella sicurezza dei beati.
Che gioia si può mai avere in mezzo a tanti timori, quando non si vuol altra
gioia che di contentare il Signore?
Considerate che in queste disposizioni, ed in altre ancora
più perfette, erano pure certi santi che poi caddero in gravi peccati. Si
aggiunga poi che non siamo sicuri che Dio abbia a stendere la mano pure a noi,
mediante qualche suo aiuto particolare, per cavarci da quello stato e darci
modo di far penitenza.
3 - Per conto mio,
figliuole, quando questo pensiero mi si presenta alla mente - ciò che mi
succede assai spesso - mi sento così rabbrividire che non so come riesca a
scrivere, e nemmeno come continui a vivere. Pregate, figliuole mie, perché Sua
Maestà viva sempre in me: con una vita così male impiegata come la mia, non so
proprio come mettermi tranquilla.
Non affliggetevi se vi
parlo così. Ho visto altre volte che, quando vi parlo in questo modo, voi vi
rattristate, e ciò per il fatto che mi volete una gran santa.
Avete ragione, e lo vorrei essere anch'io. Ma che devo
fare, se per colpa mia ho perduto ogni cosa? Certamente non posso lamentarmi di
Dio, perché Egli mi ha dato tutti gli aiuti sufficienti per realizzare i vostri
desideri, e io mai me ne ricordo senza versare grandi lacrime. Che confusione,
intanto, dover scrivere per anime che mi possono fare da maestre! Che dura
obbedienza è mai questa per me!
Piaccia a Dio, per amor del
quale io scrivo, che ciò vi sia di vantaggio, e pregatelo di perdonare a questa
miserabile e temeraria creatura!
Sa bene il Signore che non posso in altro sperare che nella
sua misericordia. Ed essendomi impossibile di non essere quella che sono, non
mi resta che di appoggiarmi alla sua clemenza e di confidare nei meriti di suo
Figlio e della Vergine sua Madre di cui indegnamente porto l'abito.
E voi, figliuole
mie, che pure lo portate, ringraziate Iddio di essere le vere figlie di questa
Signora, perché avendo in lei una Madre così grande, non siete costrette a
vergognarvi di me, che sono tanto cattiva. Imitatela, considerate la grandezza
e il vantaggio che abbiamo nell'avercela a Patrona, e come non siano stati
sufficienti i miei peccati e la mia misera vita a scemare, neppur di poco, lo
splendore del suo sacro Ordine.
4 - Vi voglio dare un
consiglio.Non per questo che siete in un tal Ordine e con una tal Madre e
Patrona dovete credervi sicure.
David
era molto santo, ma ben sapete chi sia stato Salomone. (Salomone era figlio di
David, ma nella sua tarda età rinnegò il vero Dio per darsi al culto degli dei
stranieri.) Non fidatevi né della stretta clausura, né della penitenza che
fate. Nemmeno vi assicuri la vostra costante occupazione nelle cose di Dio,
nel, continuo esercizio dell'orazione e nel ritiro assoluto dal mondo, che vi
pare anzi di odiare. Tutto questo è buono; ma non deve bastare a farvi smettere
di temere.
Ripetete invece quel che dice il salmo, e ricordatelo
spesso: Beatus vir qui timet Dominum!
5 - Mi sono tanto
divagata che non ricordo più cosa stavo dicendo. Quando penso alla mia miseria,
mi si tarpano le ali e divengo incapace di dir alcunché di buono, per cui non
voglio più parlarne. Torniamo, dunque, a quello che ho cominciato a dire circa
le anime che sono entrate nelle terze mansioni.
Non è piccola la grazia che il Signore ha fatto loro
nell'aiutarle a vincere le prime difficoltà. Esse ora - e credo che ve ne siano
molte nel mondo, per misericordia di Dio - desiderano ardentemente di non
offendere il Signore, si guardano anche dai peccati veniali, amano la
penitenza, hanno le loro
ore di raccoglimento, impiegano bene il tempo, si esercitano
in opere di carità verso il prossimo,
sono molto regolate nel parlare e nel vestire, e quelle che
hanno famiglia la tengono assai bene.
Il loro stato è degno d'invidia, e non vi è nulla, a quanto
sembra, che possa loro impedire anche l'ultima mansione, come di certo non lo
impedirà loro il Signore, purché esse lo vogliano, essendo troppo bella questa
loro disposizione per non attirarsi tutte le grazie di Gesù.
6 - O Gesù!.. Chi è
fra voi, sorelle, che innanzi a un bene così grande abbia a dire di non volerne
sapere, specialmente dopo aver già superato quello che è più penoso? Nessuna
certo.
Sì, diciamo tutte di volerlo, ma per divenire vere anime di
Dio non basta volerlo, come non è bastato al giovane che fu interrogato dal
Signore se voleva essere perfetto. Da quando ho cominciato a parlare di queste
mansioni, l'immagine di quel giovane mi è sempre dinanzi, perché qui ci
troviamo nelle sue medesime condizioni, né più né meno.
Le
aridità che si provano nell'orazione hanno varie cause, ma il più delle volte
derivano da questo. Non parlo già di quelle pene interiori, veramente
intollerabili che molte anime buone soffrono senza loro colpa, e dalle quali il
Signore le fa poi uscire con vantaggio. Nemmeno parlo di coloro che van
soggetti a melanconia o ad altre infermità, dato che in ogni cosa bisogna
sempre risalire ai giudizi di Dio.
Io tengo per certo che causa ordinaria delle aridità sia
appunto quello che ho detto.
Siccome queste anime sentono che per nulla al mondo
commetterebbero un sol peccato - e molte di esse neppure un peccato veniale
avvertito - e vedono che impiegano bene la loro vita e le loro ricchezze, non
sanno sopportare con pazienza di trovar chiusa la porta dell'appartamento del
Re, di
cui si tengono e
sono vassalle. Non riflettono però che molti sono i vassalli anche intorno ai
re della terra, ma che non tutti possono entrare nella loro stanza.
Figliuole mie, rientrate in
voi stesse e non curatevi dei vostri piccoli atti di virtù, giacché, come
cristiane, siete obbligate a farne di ben altri.
Contentatevi di essere le vassalle di Dio e non pretendete
di più, per non rischiare di perdere ogni cosa. Considerate i santi che sono
entrati nell'appartamento reale, ed esaminate la differenza che ci separa da
loro.
Non domandate quello che non avete meritato.
Veramente, dopo aver offeso
Dio, non dovremmo neppur pensare di aver diritto a qualche cosa, nemmeno se poi
l'avessimo servito molto! ...
7 - O umiltà,
umiltà!... Non so per che motivo non posso lasciar di credere che sia per
mancanza di umiltà se costoro tanto si affliggono per le aridità che soffrono.
Ripeto che non parlo di quelle grandi pene interiori a cui ho accennato e che
sono assai di più d'una semplice mancanza di devozione.
Proviamoci da noi stesse,
sorelle! Meglio, ci provi il Signore che sa farlo assai bene, malgrado ogni
nostra ripugnanza!..
Veniamo ora a queste anime
così ben regolate, osserviamo cosa fanno per Iddio e vedremo subito che non c'è
motivo di lamentarci di Lui.
Se quando ci dice quello che dobbiamo fare per essere
perfette, noi gli volgiamo le spalle e ce ne andiamo con tristezza, come il
giovane del Vangelo, cosa volete che faccia, dato che ci deve premiare a
seconda dell'amore che gli portiamo?
Si pensi inoltre che quest'amore non dev'esser frutto di
immaginazione, ma provato con opere. Però non bisogna neppur credere che Egli
abbia bisogno di queste opere: ciò che importa è la determinazione della
volontà.
8 - Ci parrà di aver
fatto ogni cosa perché portiamo l'abito religioso, assunto di nostra spontanea
volontà, e abbiamo abbandonato per Iddio tutte le cose del
mondo e quanto in esso avevamo.
Forse non saranno state che le povere reti di S. Pietro.
Tuttavia a chi dà quanto ha, sembra di dar molto. E questa è già una buonissima
disposizione, purché si perseveri e non si torni fra i rettili delle prime
mansioni, neppure con il desiderio.
Se si persevera in questo spogliamento ed abbandono di ogni
cosa, si otterrà quanto si brama, a condizione però - e lo raccomando
moltissimo - che ci si tenga per servi inutili, come dice S. Paolo, ovvero Gesù
Cristo, (Servi inutiles sumus: quod debuimus facere fecimus. Appunto Gesù
Cristo in Luca 17, 10.) né mai si creda che Dio sia obbligato a darci quei favori
quasi a premio di quello che si fa.
Non bisogna inoltre dimenticare che chi più riceve, più è
obbligato a dare. E allora, che cosa possiamo fare per un Dio così generoso che
è morto per noi, che ci ha creati e ci conserva nell'essere, se non ritenerci
felici di ripagare, almeno in parte, il molto che gli dobbiamo per i grandi
servizi che ci ha resi? Sì, è a malincuore che uso queste espressioni, ma è la
pura verità: in tutto il
tempo di sua vita il
Signore non ha fatto che servirci. E noi oseremo chiedergli anche delizie e
favori?
9 - Considerate
attentamente, figliuole, alcuni avvisi che qui ho accennato solo in confuso per
non sapermi spiegare. Il Signore ve li farà meglio comprendere per aiutarvi a
ricavare dalle aridità, non già inquietudine, come il demonio pretende, ma
sentimenti di umiltà. Quando un'anima è veramente umile, anche se Dio non le dà
consolazioni, le darà sempre - siatene persuase - tal pace e conformità da
sentirsi più contenta delle altre, nonostante tutte le loro delizie.
Le consolazioni Egli le comparte ai più deboli: spesso è
così, e l'avrete letto anche voi. E questi non le cambierebbero di sicuro con
le energie delle anime che camminano nelle aridità, perché, purtroppo, siamo
più amici delle consolazioni che delle croci.
Ma voi, o Signore, che sapete ogni cosa, metteteci alla
prova, per farci conoscere chi siamo!
Capitolo 2
Prosegue sul medesimo argomento e tratta delle aridità
dell'orazione e di quello che ne potrebbe venire. - E' necessario che ci
mettiamo alla prova - Come il Signore provi le anime che si trovano
in queste
mansioni.
1 - Ho conosciuto
alcune anime - anzi, credo di poter dire molte - che avendo raggiunto questo
stato, vivevano da molti anni, a quanto se ne poteva giudicare, in grande
rettitudine e regolarità di vita, sia interna che esterna.
Ciò nonostante, quando pareva che già dominassero tutto il
mondo, o per lo meno che ne fossero pienamente disingannate, bastava che Sua
Maestà le mettesse alla prova, e in cose non gravi, che subito cadevano in
tanta inquietitudine e turbamento di spirito che io ne rimanevo attonita e
molto turbata.Dar consigli è inutile.
Col pretesto che da tanto
tempo fan professione di virtù, si credono in grado di insegnare agli altri, e
pensano di aver tutte le ragioni per essere sensibili a quelle prove.
2 - Io non ho trovato
e non trovo altro rimedio per consolare tali anime, che mostrarsene
grandemente afflitti, come del resto se n'ha motivo nel
vederle soggette a cosa grande miseria.
Non
bisogna contraddirle nel loro modo di vedere, perché sanno illudersi così bene
con i loro ragionamenti da credere che patiscono per amor di Dio, giungendo
infine - altro inganno per anime tanto avanzate! - a non mai persuadersi della
loro imperfezione. Nessuna meraviglia che le prove si sentano, ma mi pare che
ciò dovrebbe essere per poco.
Iddio, volendo che i suoi
eletti tocchino con mano la loro miseria, sottrae un poco il suo favore: e
questo basta per dar loro a conoscere chi sono.
L'esito della prova si
manifesta immediatamente, ed essi non tardano molto a riconoscere quanto siano
imperfetti giacché la pena che alle volte ne hanno, è meno per la causa che
dovrebbe produrla, che per l'umiliazione di vedersi tanto sensibili, benché non
lo vogliano, per delle cose di così scarsa importanza.
Tuttavia, credo che anche
questo sia una grande grazia di Dio, perché, sebbene imperfezione, è molto
utile per l'umiltà.
3 - Non così invece delle persone di cui sopra.
Esse canonizzano nella loro mente le prove che soffrono e vorrebbero che le
canonizzassero anche gli altri. Ne voglio dare qualche esempio per poterci
meglio conoscere e saperci mettere alla prova prima che ci provi il Signore,
essendo assai vantaggioso conoscerci e farci trovar preparate.
4 - Una persona ricca,
senza figli ed eredi a cui lasciare i suoi beni subisce una perdita di denaro.
Tuttavia con quello che le rimane, può sopperire ai bisogni
suoi e della casa, e ne ha pure d'avanzo.
Ora, se questa persona si
lascia andare a tanta pena come se non le sia rimasto neppure un pane per
cibarsi, in che modo il Signore potrà chiederle di abbandonare tutto per amor
suo?
Vi dirà che se ne affligge
perché ne scapitano i poveri... Ma io credo che, più dell'elemosina, il Signore
desideri che io mi conformi al suo volere, mantenendomi in pace.
Se quella persona non
arriva a tanto, perché Dio non l'ha portata a grande perfezione, poco importa:
si persuada però di non avere ancora libertà di spirito, e in tal modo si
disporrà a riceverla, purché la domandi.
Ecco un'altra che, quanto al suo sostentamento, ne ha
abbastanza ed anche d'avanzo. Le si presenta un'occasione di fare acquisto di
maggiori ricchezze. Riceverle, se vengono date, passi; ma procurarle, e, dopo
averle ottenute, affaticarsi per acquistarne di più, abbia pure le migliori
intenzioni del mondo - e veramente ottime dovrà averle, trattandosi di persona
virtuosa e di orazione - stia pur sicura che non arriverà mai alle mansioni
superiori, più vicine al Re.
5 - Altrettanto si
dica qualora accada qualche cosa per cui siano disprezzate, o perdano un po'
del loro onore. Il Signore, che pubblicamente ama onorare la virtù, spesso darà
loro grazia di sopportare
quell'affronto, affinché non ne scapiti la virtù di cui
sono credute in possesso, oppure per
ricompensarle - sempre buono questo nostro Bene! - dei
servizi che gli hanno resi.
Tuttavia rimarranno con una certa inquietudine da cui non
sapranno liberarsi, o per lo meno non tanto presto. Dio buono! E non son essi,
che meditano da tempo sulla passione del Signore, sui vantaggi dei patimenti e
che patire desiderano?... E poi vogliono che tutti vivano come loro!... E
piaccia a Dio che ancora non credano di soffrire in pena dei peccati altrui,
ritenendo meritorie quelle loro afflizioni! ...
6 - Ciò, sorelle, vi
parrà fuor di luogo, o, per lo meno, non detto per voi, perché qui queste cose
non avvengono. Non solo non abbiamo ricchezze, ma non le cerchiamo e neppure le
vogliamo; e non vi
è alcuno che ci dica
ingiurie.
Ma questi son paragoni, non
fatti. Tuttavia si applicano assai bene a molte evenienze della nostra vita,
che qui non è il caso di specificare, non essendovene motivo.
Da ciò intanto potete
conoscere se siete veramente staccate da quello che avete lasciato. Mezzi per
mettervi alla prova non vi mancano, perché certe cosette, sia pure di genere
diverso, si presentano anche qui, e con esse vi è dato di vedere se siete
padrone delle vostre passioni.
L'importante - credetemi - non è nel portare o nel non
portar l'abito religioso, ma nel praticare 1a virtù, nel sottometterci in tutto
allo volontà di Dio, affinché la nostra vita scorra in conformità delle sue
disposizioni, e nel non volere che si faccia la nostra, ma la sua volontà.
Giacché a tanto non
siamo ancora arrivate, umiltà, ripeto. Essa è l'unguento di ogni ferita, e se
ne fossimo ben fornite, Dio, che è il chirurgo, non tarderebbe molto a
guarirci.
7 - Le penitenze di
queste anime sono così ben misurate, come tutta la loro vita. Ci tengono molto
alla vita! Ciò, dicono, per poter servire il Signore: il che non è male.
E così, di penitenze, ne fanno con molta discrezione, per
non compromettere la salute. Non abbiate paura che si ammazzino!... In questo i
loro occhi sono molto aperti, né l'amore in esse è così forte da farle andare
in delirio.
Ma io vorrei che non ci
contentassimo di servire Iddio in questo modo, sempre così lento da non mai
giungere alla meta. Eppure crediamo di camminare, ed anche di
stancarci!...
Ma è un camminare faticoso;
e sarà molto se non perderemo la strada. Se per recarci, da un paese a un altro
sono sufficienti otto giorni di viaggio, vi par forse ben fatto impiegarvi un anno
intero, per nevi ed acque, fra alberghi e cattivi sentieri?
Non è meglio far tutto in
un istante, specialmente quando vi sia anche il pericolo dei serpenti?... Che
buone prove potrei addurvi intorno a ciò!
Voglia Iddio che io non sia ancora a questo punto, perché
molte volte mi sembra di sì!...
8 - Camminando con
tante precauzioni, si vedono pericoli dovunque, si prende paura di tutto, e non
si ha coraggio di andare innanzi. Oh, poter arrivare a quelle mansioni,
lasciando agli altri far la strada per noi!...
Ma siccome questo è impossibile, facciamoci coraggio;
sorelle mie, mettiamo nelle mani di Dio le nostre ragioni e i nostri timori,
dimenticandoci della nostra naturale debolezza che ci potrebbe
preoccupare.
La cura del nostro corpo l'abbiano i Superiori: ci pensino
essi!
A noi soltanto l'accelerare il passo per poter vedere il
Signore. Benché in questa casa non abbiate che poco o nessun sollievo, tuttavia
la preoccupazione della salute vi potrebbe molto ingannare, senza che per
questo ne aveste una migliore. Io lo so per esperienza, come so che
l'importante non sta nelle austerità corporali, le quali, dopo tutto, non sono
che accessorie. Accelerare il passo vuol dire grande umiltà.
E se mi avete bene intesa, avrete capito che in questo è il
torto di coloro che non vanno innanzi.
Quanto a noi, non crediamo
mai, anzi, sforziamoci di credere di non aver fatto che pochi passi, e di
pensare che le nostre consorelle ne facciano assai di più.
Non solo dobbiamo
desiderare di essere tenute per le più miserabili, ma procurare che ne siano
tutti persuasi.
9 - In questo modo
saliremo di molto. In caso contrario staremo tutta la vita nel medesimo posto,
fra mille pene e miserie. Non essendoci mortificate, il viaggio ci diverrà
noiosissimo e pesante, mentre gli altri, liberatisi da ogni impaccio, saliranno
alle mansioni, di cui mi resta da parlare.
Iddio giusto e
misericordioso, i cui doni sono sempre superiori ai nostri meriti, non lascia senza
ricompensa neppur coloro che dimorano in queste terze mansioni, e dà loro
contenti così grandi che superano di molto tutti i piaceri e i divertimenti
della terra.
Ma credo che non li favorisca di troppi gusti spirituali,
se non per qualche volta e a ragione d'invito, allo scopo di far loro vedere
quello che si gode nelle altre mansioni, affinché si dispongano ad
entrarvi.
10 - Vi sembrerà che i
contenti e i gusti spirituali siano un tutt'uno, e mi domanderete perché ne
faccio la distinzione.
A me pare, che siano molto diversi, ma potrei anche
ingannarmi.
Dirò quello che ne penso
nelle quarte mansioni che verranno dopo, nelle quali il discorso sarà più a
proposito, dovendosi parlare delle delizie che il Signore vi comparte.
Benché sembri inutile trattarne, può darsi che ne ricaviate
vantaggio, perché, conoscendo bene una cosa e l'altra, vi sforzerete per
seguire la migliore. Oltre a ciò, le anime che Dio eleva fin là, vi troveranno
un soggetto di consolazione, mentre ne avranno confusione quelle che già
credono di aver tutto.
Però, se queste sono umili, ne ringrazieranno il Signore,
mentre in caso contrario ne avranno un segreto dispiacere, quantunque senza
motivo, perché 1a perfezione, come pure il premio, non è di chi ha più delizie,
ma di chi ama di più, e meglio opera secondo giustizia e verità.
11 - Se ciò è vero, come infatti è, mi domanderete a che
serve trattare di queste grazie interiori e far intendere che cosa siano. Non
lo so neppur io: bisogna domandarlo a chi mi ha comandato di scrivere.
Mio dovere non è già di
disputare con i Superiori - ciò che è affatto sconveniente - ma di obbedire.
Tuttavia, ecco quello che vi posso dire.
Prima ancora di ricevere queste grazie, quando non solo non
ne avevo l'esperienza, ma neppure pensavo di averla - e ciò a ragione, perché
troppo bello sarebbe stato per me se avessi potuto supporre che almeno in
qualche cosa piacevo a Dio - se mi avveniva di leggere le grazie e le
consolazioni di cui Egli favorisce le anime che lo servono, ne provavo vivissima
gioia, e la mia anima lodava molto il Signore.
Ora, se facevo io così, nonostante la mia grande miseria,
forse che non lo loderanno assai di più le anime virtuose e umili? Perciò, se
non si ottenesse che di farlo lodare anche solo da un'anima, sarebbe sempre ben
fatto, a mio avviso, comprendere e far comprendere le delizie che per colpa
nostra perdiamo.
Si aggiunga inoltre che se questi favori procedono da Dio,
producono tanto amore ed energia da permetterci di camminare con minor fatica e
di andar crescendo in buone opere e virtù. Quello che importa è di non fermarci
colpevolmente.
Se ciò non avviene, il Signore è giusto e ci darà per altre
vie quello che ci nega per questa!
Egli ne conosce i motivi, e
i suoi segreti sono occulti, ma è fuor di dubbio che è sempre per un nostro
maggior bene.
12 - Le anime che
per bontà di Dio sono giunte a questo stato - favore non piccolo, per essere
vicinissime a salire più in alto - approfitteranno molto, secondo me, se cercheranno
di esercitarsi attentamente nella prontezza dell'obbedienza.
Pur non trattandosi di persone religiose, sarebbe assai
utile, come molti già fanno, avere una guida da cui dipendere per rinnegare in
tutto la propria volontà, causa ordinaria di ogni nostra rovina: perciò, non
una guida che abbia le stesse nostre vedute e agisca con troppi riguardi, ma
che sia staccata da tutto, non essendovi nulla che più ci aiuti a ben
conoscerci quanto il trattare con persone che apprezzino il mondo per quello
che vale.
Oltre a ciò, vi sono cose che sembrano impossibili; ma se
vediamo che altri le fanno facilmente, ne prendiamo coraggio e osservando il
loro volo ci eccitiamo a volare pure noi, come gli uccelli che quando imparano
a volare imitano a poco a poco i loro genitori, senza far subito grandi voli. E
so che questo è molto utile.
Sebbene tali persone siano fermamente decise di non
offendere Dio, è sempre bene che si allontanino da ogni occasione, perché
essendo ancora vicine alle prime mansioni, vi potrebbero facilmente ritornare.
Le loro forze non sono ancora fondate sulla roccia, come quelle di coloro che,
essendosi esercitati nei patimenti, già conoscono le tempeste del mondo, sanno
che non si devono temere e che i piaceri della terra non sono da desiderarsi.
Esse invece potrebbero
tornare indietro anche per una sola di quelle grandi tempeste che il demonio sa
ordire a nostro danno.
Se mosse da retto zelo,
volessero impedire i peccati altrui, potrebbero non saper resistere ai pericoli
in cui verrebbero a trovarsi.
13 - Badiamo ai nostri difetti, e non occupiamoci degli
altrui...
Ma è proprio di queste persone circospette meravigliarsi di
tutto, mentre in quello che più importa, forse potrebbero molto imparare da
quelli stessi di cui tanto si meravigliano! Forse li superano nella compostezza
esteriore e nella modestia del tratto, ma per buono che ciò sia, non è quello
che più valga.
Non è ragionevole
pretendere che camminino tutti per la nostra strada: tanto meno poi insegnare
il cammino della perfezione quando non si sa neppure cosa sia.
Anche se questi desideri del bene altrui ci siano ispirati
da Dio, vi si possono commettere molti sbagli. Per cui è meglio attenerci a
quanto prescrive la nostra Regola, vale a dire: Vivere sempre nel silenzio e
nella speranza.
Delle anime altrui avrà
cura Iddio; e noi saremo ad esse più utili se cercheremo di raccomandarle al
Signore. Sia Egli per sempre benedetto!
QUARTE MANSIONI
Capitolo 1
Contenti e soddisfazioni che si provano nell'orazione, e in
che si distinguano dai gusti spirituali - Gioia provata nell'intendere la
differenza tra l'immaginazione e l'intelletto, cosa assai utile per
coloro che durante
l'orazione vanno soggetti a molte distrazioni
1 - Per parlare delle quarte mansioni devo
raccomandarmi, come ho già fatto, allo Spirito Santo e supplicarlo che parli in
luogo mio, non altrimenti che per poter dire e far capire qualche cosa delle
mansioni che rimangono.
Qui comincia il soprannaturale, parlar del quale è assai
difficile, a meno che non mi aiuti Sua Maestà, come ha fatto in un un altro mio
scritto dove, - circa quattordici anni fa - ho riferito quello che ne avevo
inteso. Presentemente, mi sembra di avere un po' più di luce su questi favori
che Dio accorda alle anime; ma quanto a spiegarli, è un'altra cosa. Se Dio
vuole che ne ricaviate qualche utile, li spieghi Lui, altrimenti lasci
stare...
2 - Queste mansioni,
essendo più vicine all'appartamento reale, sono di una magnificenza così grande
e contengono meraviglie così stupende che invano si sforza l'intelletto a
cercar termini sufficienti per riprodurle meno imperfettamente. Coloro che non
hanno esperienza vi troveranno molte oscurità, mentre gli altri mi
comprenderanno benissimo, soprattutto se la loro esperienza sarà grande.
Parrà che per arrivare a queste mansioni occorra aver
vissuto a lungo nelle altre. Se in via ordinaria
è vero che bisogna
passare per le mansioni precedenti, tuttavia, come avrete sentito più volte,
non è di regola assoluta, perché Dio distribuisce i suoi beni come vuole, quando
vuole e a chi vuole, senza far ingiuria ad alcuno.
3 - Le bestie velenose
entrano raramente in queste mansioni; e se vi entrano, invece di far danno,
sono piuttosto di vantaggio. Anzi, in questo grado di orazione è meglio secondo
me, che esse vi entrino e vi scatenino la guerra, perché in mancanza di altre
tentazioni può darsi che il demonio s'intrometta nelle consolazioni di Dio e
inganni le anime, facendo loro maggior danno che non con le solite tentazioni.
Tali anime, infatti, non vi guadagnano che ben poco, perché il maligno toglie
loro ogni occasione di merito con lasciarle in continua pace. La quale, quando
è sempre nello stesso grado, non mi pare molto sicura, essendo impossibile in
questa vita che lo Spirito di Dio stia in noi sempre nel medesimo modo.
4 - Parliamo ora di
ciò che ho promesso, vale a dire della differenza fra i contenti che si provano
nell'orazione e i gusti spirituali.
Con il nome di contenti mi
pare si possano intendere quei sentimenti soavi che ci procuriamo da noi, facendo
meditazione o pregando il Signore.
Benché siano effetto di nostra industria, richiedono sempre
il concorso di Dio: cosa che bisogna
sottintendere in qualsiasi fatto che verrò esponendo,
perché senza di Lui non possiamo far nulla.
Si hanno contenti anche
dalle buone opere che facciamo, in quanto che, vedendovi un frutto del nostro
lavoro, godiamo d'esserci impiegati in tal modo.
Ma, pensandoci bene, vediamo che si provano i medesimi
sentimenti anche per molte cose terrene, come per una grande fortuna che ci
venga inopinatamente, per l'incontro improvviso di una persona molto cara, per
il buon esito di un affare importante o di un'altra cosa assai grave che ci
attiri l'approvazione di tutti, oppure per veder ritornare vivo il marito, un
fratello, un figlio di cui si era già pubblicata la morte.
Vi sono contenti così grandi che perfino fan piangere, come
io stessa ho veduto e come qualche volta è successo anche a me. Ora, se questi
contenti sono naturali, tali mi sembrano anche quelli che procedono dalle cose
di Dio.
Se i primi non sono
cattivi, i secondi sono più nobili, perché cominciano da noi e finiscono in
Dio, mentre i gusti cominciano da Dio e si fanno sentire dalla natura,
procurandoci tanto piacere quanto í contenti di poco prima, e assai di
più.
Oh, Gesù, se mi potessi
spiegar meglio!... Mi par di vedervi una grandissima differenza, ma non so come
farmi capire. Lo faccia il Signore!...
5 - Mi ricordo in
questo momento del versetto che diciamo in fine all'ultimo salmo di Prima: Cum
dilatasti cor meum (Quando dilatasti il cuor mio, Sal 118, 32).
Chi ha grande esperienza
non ha bisogno di altro per conoscere la differenza in questione; ma per chi
non ne ha, occorrono più ampie spiegazioni.
I contenti sopra accennati, non solo non dilatano il cuore,
ma pare, in via ordinaria, che lo stringano alquanto, nonostante derivino dal
vedere che si lavora per Iddio. Sgorgano pure certe lacrime angosciose, che
sembrano quasi spremute da passione.
Ignorante come sono, so ben
poco di ciò che siano le passioni dell'anima. Se lo sapessi, e sapessi
distinguere ciò che procede dalla nostra natura e sensibilità, mi farei capire
un po' meglio. Certe cose le saprei meglio dichiarare se, oltre averle provate per
esperienza, le avessi anche intese. Lo studio e la scienza sono utilissimi in
ogni cosa.
6 - L'esperienza da me
avuta di questo stato, vale a dire dei contenti e dei gusti della meditazione,
consisteva in questo, che se pensando alla passione del Signore mi mettevo a
piangere, non potevo più cessare se non quando mi sentivo la testa indolenzita.
E altrettanto mi accadeva quando pensavo ai miei peccati: tutte cose che
costituivano per me una grande grazia di Dio.
Presentemente non voglio
esaminare quale dei due fenomeni sia il migliore, sei contenti o i gusti
spirituali, ma soltanto dirne la differenza.
In queste lacrime e desideri vi concorre alle volte la
natura, in quanto dipendono dalle nostre disposizioni; ma, come ho detto,
benché provengano da tali cause, finiscono sempre in Dio, e perciò si devono
molto stimare, purché entri l'umiltà a farci conoscere che non per questo siamo
migliori degli altri. Non si può infatti sapere se tali effetti provengano
tutti dall'amore, nel qual caso sarebbero un puro dono di Dio.
Per lo più queste devozioni
sono delle anime che stanno nelle mansioni precedenti, dove il lavoro consiste
quasi sempre nel meditare e nel discorrere con l'intelletto.
In ciò esse fanno bene, non essendo loro concesso di
più.
Ma sarebbe meglio che ogni tanto si occupassero in far atti
di lode e d'amore di Dio, rallegrandosi della sua bontà e del suo essere
divino, desiderando il suo onore e la sua gloria: e ciò nel miglior modo
possibile, perché si tratta di sentimenti che eccitano molto la volontà. Se il
Signore ci concede di emettere questi atti, guardiamoci bene dal troncarli
sotto pretesto che sia terminato il tempo di meditazione.
7 - Essendomi già
dilungata altrove intorno a ciò, non voglio aggiungere più nulla. Desidero
soltanto avvertirvi che per inoltrarsi in questo cammino e salire alle mansioni
a cui tendiamo, l'essenziale non è già nel molto pensare, ma nel molto amare,
per cui le vostre preferenze devono essere soltanto in quelle cose che più
eccitano all'amore.
Forse non sappiamo
ancora in che consista l'amore, e non mi meraviglio. L'amore di Dio non sta nei
gusti spirituali, ma nell'essere fermamente risolute a contentarlo in ogni
cosa, nel fare ogni sforzo per non offenderlo, nel pregare per l'accrescimento
dell'onore e della gloria di suo Figlio e per l'esaltazione della Chiesa
cattolica.
Questi sono i segni
dell'amore, non già non distrarsi, quasi basti la più piccola divagazione per
mandare a monte ogni cosa.
8 - Per l'instabilità
del pensiero, mi sono trovata anch'io varie volte in grandissima afflizione. Ma
da poco più di quattro anni sono giunta a conoscere, per esperienza, che il
pensiero, o, a meglio intenderci, l'immaginazione, non è la stessa cosa che
l'intelletto.
Ne ho interrogato un dotto ed ho saputo con mia grande
soddisfazione che veramente è così. Non riuscivo infatti a spiegarmi come mai
l'intelletto, che pure è una potenza dell'anima, rimanga alle volte intontito,
mentre il pensiero sia quasi sempre così instabile da non poter esser fermato
che da Dio.
E quando Dio lo ferma, ci
par quasi d'esser fuori dal corpo. Insomma, mi pareva che le potenze dell'anima
fossero occupate e stessero raccolte in Dio, mentre il pensiero vagava in mezzo
alle distrazioni, e ciò mi stupiva.
9 - Prendete in
acconto, o Signore, tutto ciò che la nostra ignoranza ci fa soffrire in questo
cammino! Il male deriva dal credere che non si debba far altro che pensare a
Voi, per cui non osiamo interrogare i dotti, né conosciamo di che cosa abbiamo
bisogno.
E così, per non intenderci,
sopportiamo terribili sofferenze, credendo alle volte che sia grave peccato,
non solo il cattivo, ma persino il buono.
Da qui procedono le afflizioni di molte persone di orazione
- almeno di gran parte di quelle che sono poco istruite - e il lamentarsi delle
loro pene interiori; da qui le malinconie, la perdita della salute e
l'abbandono definitivo dell'orazione: dal non pensare, cioè, che abbiamo in noi
un mondo interiore.
Come non possiamo fermare
il movimento del cielo che continua sempre nella sua corsa vertiginosa, così
non possiamo fermare il pensiero.
E noi intanto,
immaginandoci che dietro al pensiero vadano anche le altre potenze, crediamo di
smarrirci e di impiegare malamente il tempo che passiamo innanzi a Dio, quando
invece può darsi
che mentre l'anima è assorta in Lui nelle mansioni più
elevate, il pensiero si aggiri nelle vicinanze
del castello soffrendo e lottando fra una quantità di
bestie feroci e velenose, con grande suo merito.
Perciò non dobbiamo
turbarci, né abbandonare l'orazione, che è appunto lo scopo del demonio, ma
persuaderci che la maggior parte di queste inquietudini e sofferenze derivano dal
non conoscere noi stessi.
10 - Proprio ora, mentre scrivo queste righe, mi vien da
osservare ciò che succede nella mia testa.
Accenno al gran rumore di
cui me la sento intontita, così grande che in principio mi pareva di non poter
obbedire a chi mi aveva ordinato di scrivere.
Si direbbe che vi
sian dentro fiumi molto grandi, cascate di acqua, uccelli in gran numero e
fischi: e non già nelle orecchie ma nella sommità della testa, dove, a quanto
dicesi, risiede la parte superiore dell'anima.
Andai soggetta a questo
fenomeno molte altre volte, e mi pare che il gran movimento dello spirito salga
in su velocemente. Piaccia a Dio che ricordi di dirne la causa nelle mansioni
seguenti, perché qui non vien bene.
Può darsi che il Signore mi
abbia mandato ora questo mal di testa per farmelo meglio comprendere. Ma
nonostante il rumore di cui me la sento ripiena, niente m'impedisce di
applicarmi all'orazione e di continuare a scrivere, perché l'anima è
tutt'intera nel riposo e nell'amore, con i suoi desideri e la sua chiara
conoscenza.
11 - Ma se la parte
superiore dell'anima risiede nella sommità della testa, perché non ne rimane
disturbata?
Non lo so, eppure è
così.Questo rumore dà pena quando l'orazione non è accompagnata da sospensione;
ma durante la sospensione non dà alcun disturbo.
Sarebbe veramente
deplorevole se per questo inconveniente dovessi abbandonare l'orazione!... così
pure dei pensieri.
Non è ragionevole inquietarsene: dobbiamo trascurarli.
Se provengono dal demonio, il maligno vedendo che non ce ne
curiamo, ci lascerà in pace.
Ma spesso avviene che procedano dalla debolezza lasciata in
noi con molti altri inconvenienti dal
peccato di Adamo. Allora sopportiamoli con pazienza per
amor di Dio, come sopportiamo la
necessità di mangiare e dormire, senza poterne fare a meno,
nonostante la molestia che ne abbiamo.
12 - Riconosciamo la nostra
miseria e sospiriamo a quel soggiorno dove più nessuno ci disprezzi. (Cantico
8,1)
Queste, come mi ricordo di aver alle volte sentito dire,
sono parole della Sposa dei Cantici, e io non vi trovo migliore applicazione,
non essendovi certo in questa vita umiliazione e disprezzi così grandi da
potersi paragonare a queste lotte interiori.
Quando interiormente si è in pace, si sa sopportare
qualsiasi lotta e turbamento; ma fuggire la
moltitudine delle preoccupazioni terrene per ritirarci in
un riposo che Dio stesso ci facilita, e
trovarne gli ostacoli in noi stessi, oh! è un tormento
penosissimo, quasi insopportabile!...
Perciò, Signore, portateci
in quel luogo dove queste miserie non ci disprezzino più, perché alle volte
sembra proprio che si prendano gioco dell'anima!
Però, se in questa vita Dio
ne libera qualcuno, è soltanto quando egli giunge all'ultima mansione, come, a
Dio piacendo, dirò.
13 - Quanto all'intensità della pena e alla guerra che
queste miserie scatenano, non credo che tutte le anime ne debbano soffrire come
la mia, che per essere stata tanto cattiva ne soffri per molti anni, quasi a
vendetta di se stessa.
Siccom questa lotta
mi fu assai penosa, credo che sia tale anche per voi, e per ciò ve ne parlo ad
ogni istante, sperando, una volta o l'altra, di farvi intendere che,
trattandosi di una cosa inevitabile, non ve ne dovete inquietare né
affliggere.
Maciniamo la nostra farina
senza curarci di questa battola di molino, facendo agire la nostra volontà e il
nostro intelletto.
14 - Questo disturbo si sente più o meno. a seconda della
salute e dei tempi. La povera anima si rassegni a soffrire, anche se non ne ha
alcuna colpa. Del resto, commettiamo tanti altri difetti che è doveroso aver
pazienza!
Siccome siamo poco
istruite, e non bastano a farci trascurare questi pensieri né i consigli che ci
danno, né ciò che leggiamo nei libri, non mi pare che sia tempo perduto
fermarmi più a lungo a consolarvi, per il caso che ne abbiate bisogno, perché
nulla saprò fare se Dio non vi darà la sua luce.
È necessario - e il
Signore lo vuole - che ricorriamo a tutti quei mezzi che ci siano di aiuto a
ben conoscerci, per non addebitare all'anima ciò che è puro effetto della
nostra mobile fantasia, della natura e del demonio.
Capitolo 2
Prosegue sul
medesimo argomento, e dichiara con un paragone cosa siano i gusti spirituali e
come
non bisogna
cercarli
1 - Dove mi sono
perduta, mio Dio!...
Non so neppure cosa stavo dicendo. Gli affari e la poco
salute mi hanno interrotta sul più bello. E così, data la mia poca memoria e la
mancanza di tempo per rileggere ciò che ho scritto, questo lavoro non sarà che
un disordine completo.
E chi sa se non sia una
confusione continua anche quello che dico! Tale almeno è l'impressione che ne
ho.
Dei contenti spirituali mi
pare di aver detto che alle volte si mischiano con le nostre passioni, così da
far uscire in singulti.
Ho udito dire di alcuni che
si sentono stringere il petto e vanno soggetti a certi movimenti esteriori da
cui non possono difendersi: perdono sangue dal naso, ed altri simili
inconvenienti.
Io non ne so nulla, perché queste cose non mi sono mai
avvenute, ma credo che quelle persone ne debbano uscire consolate, perché, come
ho detto, va tutto a finire in un grande desiderio di piacere a Dio e di
goderlo.
2 - Ma quelli che io
chiamo gusti di Dio, e a cui altrove ho dato il nome di orazione di quiete,
sono molto diversi, e lo sanno anche coloro che per bontà di Dio ne hanno fatto
la prova.
Supponiamo per meglio intenderci di vedere due fontane i
cui bacini si riempiono di acqua.
Ignorante e di poco ingegno
come sono, non trovo nulla di più adatto per meglio spiegare certe cose di
spirito quanto l'acqua che io amo assai e che ho osservato con attenzione
speciale, a preferenza di ogni altro elemento.
Del resto non vi
dev'essere cosa, creata da un Dio tanto grande e sapiente, che non nasconda
moltissimi segreti dai quali non ci sia possibile ricavare grandi utilità, non
meno di coloro che se n'intendono. Sono anzi persuasa che ogni minima creatura
di Dio, sia pure una piccola formica, occulti più meraviglie di quante se ne
sappiano immaginare.
3 - Dunque, questi due
bacini si riempiono di acqua, ma in modo diverso. In uno l'acqua viene da
lontano per via di acquedotti e di artificio, mentre l'altro, essendo costruito
nella sorgente, si riempie senza rumore.
Se la sorgente è abbondante, com'è questa di cui parliamo,
non solo riempie il bacino, ma questo, a sua volta, rigurgita in un grosso
ruscello continuamente alimentato, senza bisogno di condutture o d'artificio. E
in ciò consiste la differenza.
L'acqua che viene per i condotti rappresenta, secondo me, i
contenti che sgorgano dalla meditazione e che noi ci procuriamo con le nostre
riflessioni, meditando sulle creature e stancandoci l'intelletto. Siccome sono
frutto di nostra industria, quando devono apportare all'anima qualche
vantaggio, lo fanno con rumore.
4 - Nell'altro bacino,
invece, l'acqua deriva dalla stessa sorgente che è Dio; e quando Sua Maestà si
compiace di accordare qualche grazia soprannaturale,
l'acqua fluisce nel più profondo dell'anima
con pace, dolcezza e tranquillità inesprimibile, senza che
si sappia donde e in che modo scaturisca.
Si tratta di gioie e di diletti che, sebbene da principio
non si facciano sentire nel cuore, come quelli del mondo, in seguito inondano
ogni cosa. L'acqua si riversa per ogni mansione e in tutte le potenze, sino a
raggiungere il corpo: perciò ho detto che comincia in Dio e finisce in noi. In
questo gusto e soavità l'uomo esteriore va tutto immerso, come sa bene chi l'ha
provato.
5 - Scrivendo queste
righe, ricordo il versetto accennato: Dilatasti cor meum, nel quale si dice che
il cuore si è dilatato. Tuttavia, mi pare che questi effetti, invece di nascere
dal cuore, provengano da un punto più interno, come da una cosa molto
profonda.
Penso che debba essere dal centro dell'anima, come più
tardi ho inteso, e più avanti dirò.
Scopro in noi tanti segreti che spesse volte ne rimango
stupita. E quanti altri ve ne devono essere!...
O Signor mio e Dio mio!
Come sono grandi le vostre meraviglie! E noi qui, da poveri ed ignoranti
pastorelli, pensiamo di poter capire qualche cosa di quello che Voi siete!
E che è questo qualche
cosa, se non un niente, dato che non conosciamo neppure i molti segreti che
sono in noi?
Ma se dico un niente, è
solo in paragone del moltissimo che c'è in Voi, non già perché non sia assai
grande quello che possiamo ammirare nelle vostre opere.
6 - Ritorniamo a quel
versetto che mi può servire per far comprendere la dilatazione di cui parlo.
Appena l'acqua celeste comincia a sgorgare dalla sua
sorgente, vale a dire dal profondo di noi stessi, sembra che il nostro interno
si vada dilatando ed ampliando, empiendosi di beni eccellenti ed ineffabili,
tanto che la stessa anima non sa comprendere ciò che allora riceve. Sente come
una specie di profumo, quasi che nel fondo del nostro interno vi sia un
braciere sul quale vengano gettate squisitissime essenze odorose.
Il fuoco non si
vede, né si sa dove sia, ma il calore e il fumo odoroso penetrano tutta
l'anima, arrivando spesso, come ho detto, ad investire anche il corpo.
Badate bene d'intendermi!
Non si sente né calore, né odore, ma un qualche cosa di più delicato. Se mi
servo di questi paragoni, è per farmi capire.
Chi non l'ha provato si persuada che è così e che lo si
sente assai bene. L'anima lo sente più chiaramente di quanto io mi sappia
esprimere. Non è questa una cosa che si possa immaginare di sentire, perché non
vi riusciremmo neppure impiegandovi tutte le nostre diligenze.
E da ciò si vede che non è
opera del nostro metallo, ma dell'oro purissimo della Sapienza divina. Benché
le potenze non mi sembrino ancora nell'unione, pure vi si trovano come assorte,
rapite di meraviglia innanzi a ciò che succede.
7 - Parlando di queste
cose interiori, può darsi che intorno a qualche particolare non vada d'accordo
con quel che ho detto in altri luoghi. Ma ciò non deve far meraviglia, perché
sono ormai passati quasi quindici anni, e può essere che ora il Signore mi
abbia dato maggior lume che non in quel tempo.
Tanto adesso che allora
sono sempre capace d'ingannarmi, ma non mai di mentire: con la grazia di Dio
soffrirei piuttosto mille morti. Dico le cose come le intendo.
8 - Però mi sembra che
in qualche maniera la volontà debba state unita alla volontà di Dio. Ma queste
cose di orazione si conoscono meglio esaminando gli effetti e le opere che ne
seguono: infatti, per provarle non v'è crogiuolo migliore. Per chi le riceve, è
grandissima grazia se ne ha insieme l'intelligenza, e maggiore se non ritorna
indietro.
Voi forse, figliuole, vorreste aver subito questa specie di
orazione, e non ne stupisco, perché l'anima non ha ancora finito di comprendere
ciò che Dio accorda in questo stato, né il grande amore con il quale Egli
l'avvicina a sé, che subito si sente presa dal desiderio di conoscere come
queste grazie si acquistino. Perciò vi voglio dire quello che ho potuto
capire.
9 - Prescindiamo dal
caso in cui il Signore si degni di accordarcele unicamente perché così gli
piace. Egli ne sa il motivo, e noi non ci dobbiamo intromettere.
Dopo aver fatto ciò che si
esige per le mansioni precedenti, si richiede umiltà e ancora umiltà. Questa
virtù inclina il Signore ad accondiscendere alle nostre brame.
E il primo segno per vedere
se ne siete in possesso è credere fermamente che di queste grazie e gusti
divini siete indegne, e che mai vi saranno accordati in tutta la vostra
vita.
Ma voi mi direte: Se non le dobbiamo procurare, in che modo
le potremo avere?
Rispondo che non vi è modo
migliore di quello che ho detto, vale a dire, di non procurarle. Ed eccone le
ragioni.
La prima, che per ricevere
queste grazie è necessario amare il Signore senza alcun interesse.La seconda,
che è mancanza di umiltà credere che i nostri meschini servizi possano meritare
un tal bene.
La terza, che la
vera disposizione per noi, che abbiamo tanto offeso il Signore, non è già di
aspirare ai gusti spirituali, ma di bramare sinceramente di soffrire e di
renderci simili a Lui.
La quarta, che se Dio si è
obbligato a concedere la gloria a chi osserva i comandamenti, non lo si è
affatto quanto a dare queste grazie, perché possiamo salvarci anche senza di
esse, ed Egli sa meglio di noi quello che ci conviene, e chi siano i suoi veri
amanti.
So di alcune persone che camminano per la via dell'amore
nel modo che si deve, vale a dire con l'unico desiderio di servire il loro Dio
crocifisso; eppure non solo non domandano consolazioni, ma nemmeno le
desiderano, sino a supplicare il Signore a non volerle dar loro in questa
vita.
E questa è la pura verità che io so di preciso, perché sono
persone di mia conoscenza.
La quinta ragione è che faticheremo inutilmente. Siccome
quest'acqua non è condotta per via di
canali come la precedente, se la fonte si rifiuta di
produrla, ci stancheremo senza alcun risultato.
Voglio dire che nonostante le nostre frequenti meditazioni
e gli sforzi che facessimo per versar lacrime, l'acqua non verrebbe ugualmente,
perché non scaturisce da qui. Dio la concede a chi vuole, e spesso nel momento
in cui meno si pensa.
10 - Siamo di Dio, sorelle. Egli faccia di noi quello che
vuole e ci conduca per dove meglio gli piace! Se ci umiliamo e ci distacchiamo
veramente - dico veramente e non già nell'immaginazione che spesso ci inganna -
se veramente dunque ci distacchiamo da tutto, il Signore non lascerà di farci
queste grazie e molte altre ancora, superiori a ogni nostro desiderio. Sia Egli
per sempre lodato e benedetto!
Capitolo 3
Tratta
dell'orazione di raccoglimento - Ordinariamente Dio l'accorda prima della
precedente, che
è quella dei gusti divini - Effetti dell'una e
dell'altra
1 - Gli effetti di
questa orazione sono molti, e ne dirò alcuni. Ma prima voglio parlare
dell'orazione che ordinariamente la precede. Non ne dirò che poche parole,
perché ne ho già parlato altrove.
Si tratta di un raccoglimento che mi sembra anch'esso
soprannaturale.
Benché non consista nello
starsene al buio, nel chiudere gli occhi e in altre cose esteriori, tuttavia
gli occhi si chiudono e si desidera la solitudine.
E con ciò pare che senza
alcuna fatica si vada costruendo l'edificio dell'orazione precedente. I sensi e
le altre cose esteriori sembrano rinunciare a ogni loro diritto, per dar modo
all'anima di ricuperare i suoi che aveva perduti.
2 - Coloro che ne
trattano, dicono che l'anima rientra in se stessa e che alle volte sale sopra
se stessa. Ma se io mi servo di questo linguaggio, non riesco a dir nulla. Io
ho questo di cattivo: di pensare che voi intendiate le espressioni che mi
fabbrico io, le quali forse non saranno intese che da me.
Immaginiamoci dunque che i
sensi e le potenze - che secondo il paragone adottato, sono gli abitanti del
castello - siano fuggiti fuori e vivano da giorni ed anni con gente straniera,
nemica del bene del castello.
Riconoscendo
finalmente il loro torto, ritornano, si avvicinano al castello, ma non si
decidono ad entrarvi per la tirannia della cattiva abitudine contratta.
Tuttavia, girano intorno e non tradiscono più.
Il gran Monarca che risiede
nel castello, vedendo la loro buona volontà si lascia impietosire, e nella sua
grande misericordia decide di chiamarli a sé.
A guisa di buon pastore,
emette un fischio tanto soave da non esser quasi percepito, ma con il quale fa
loro conoscere la sua voce, acciocché lasciata la via della perdizione,
rientrino nel castello.
E ciò fanno immediatamente, perché quel fischio è di così
grande efficacia da districarli da tutte le cose esteriori fra le quali
vivevano. Mi sembra di non essermi mai spiegata così bene come in questo momento.
Quando il Signore accorda questa grazia, si ha un aiuto
particolare per cercar Dio in noi stessi. Qui lo si trova meglio e con maggior
profitto che non nelle creature, e qui afferma d'averlo trovato anche S.
Agostino dopo averlo cercato altrove.
3 - Ma non crediate
che si possa ottenere il raccoglimento procurando di applicare l'intelligenza a
considerare che Dio è in noi, o cercando di
rappresentarcelo nell'anima mediante l'immaginazione.
Questo sarà un ottimo ed eccellente metodo di meditazione,
perché fondato sulla verità dell'inabitazione di Dio, ma non è quello che io
intendo dire, perché, dopo tutto, è sempre una cosa che con l'aiuto del Signore
può essere fatta da chiunque.
Non così di quello che intendo io, perché alle volte gli
abitanti si trovan nel castello prima ancora che si cominci a pensare a Dio.
Non so come vi siano entrati, né come abbiano udito il fischio del pastore. Ciò
non fu certamente per le orecchie, con le quali non si percepisce nulla, ma per
aver sentito un certo vivo desiderio di ritirarsi soavemente nell'interno.
Mi capirà bene chi ne avrà l'esperienza, perché io non so
spiegarmi di più.
Mi pare di aver detto che succede come di un riccio o di
una tartaruga quando si ritirano in se stessi. Colui che lo scrisse deve averlo
inteso assai bene. Però questi animali si ritirano quando vogliono, mentre qui
non dipende da noi, ma solo da Dio quando ce ne vuol favorire.
Dovendo essere chiamati ad occuparsi in modo speciale di ciò
che riguarda l'interiore, sono persuasa che Dio non conceda questa grazia se
non a coloro che van staccandosi da tutto, se non con l'opera, perché impediti
dal loro stato, almeno con il desiderio.
E se questi che Dio invita
a salire gli lasciano mano libera, posso affermare che non si fermeranno
qui.
4 - Chi scopre in sé
questi effetti ne ringrazi molto il Signore, essendo doveroso che si mostri
riconoscente, e in tal modo si disporrà ad altre grazie più grandi.
Inoltre, questo stato serve
per abituarci - come si consiglia in alcuni libri - a tralasciare ogni discorso
per attendere a quello che Dio fa in noi.
Però, se il Signore non ha
ancora cominciato a sospenderci, non so se si potrà così fermare il pensiero da
non averne più danno che vantaggio. Su questo argomento hanno molto discusso
alcune
persone spirituali,
ma io - confesso la mia poca umiltà - non ho mai trovato nelle loro ragioni
tanta forza da farmi arrendere a quello che dicevano.
Una di loro mi allegò un certo libro del santo - come credo
che sia - fra Pietro d'Alcantara, a cui mi sarei sottomessa volentieri perché
se n'intendeva. Orbene, leggendo insieme quel libro, lo trovammo del mio stesso
parere.
Non si esprime con le
medesime parole, ma da ciò che dice si capisce che l'amore dev'essere già
acceso.
5 - Può darsi che
m'inganni, ma ecco i motivi su cui mi appoggio. Primieramente, perché in queste
cose di spirito fa più chi meno pensa e meno vuol fare.
Dobbiamo essere come un povero bisognoso
che sta innanzi a un grande e ricco imperatore: chiedere,
abbassare gli occhi e aspettare con umiltà.
Quando Dio ci farà capire per certe sue vie segrete che ci
sta ascoltando, allora, giacché ci ha permesso di stargli innanzi, sarà bene
che ci mettiamo in silenzio, procurando - ciò che potendo non sarà male - di
non porre in moto l'intelletto.
Ma se notiamo che il Re non
ci ha né veduti né sentiti, guardiamoci bene dallo star là come tonti, a guisa
di anime che per essersi sforzate di frenare i pensieri e violentate per non
pensare a nulla, si trovano in più grande aridità e forse in maggiore
inquietudine d'immaginazione. Dio vuole che gli facciamo delle domande, che
pensiamo di essere alla sua presenza, persuasi che Egli conosca quello che ci
conviene. Non so affatto persuadermi che le industrie umane possano avere
qualche valore in cose che Dio ha riservate a sé.
Sembra che in queste Egli abbia posto dei limiti, mentre ne
ha lasciate libere molte altre che con il suo aiuto possiamo fare anche noi -
sempre fin dove ce lo permetta la nostra miseria - come le penitenze,
l'orazione e le altre buone opere.
6 - La seconda ragione
è che queste operazioni interiori sono soavi e pacifiche, mentre ciò che vien
fatto con pena è più di danno che di vantaggio. (Chiamo fatte con pena quelle
azioni che esigono uno sforzo, come i1 trattenere il respiro).
L'anima deve abbandonarsi nelle mani di Dio, affinché Egli
ne faccia quel che vuole; deve
dimenticarsi di ogni suo interesse e fare il possibile per
rassegnarsi alla sua divina volontà.
La terza ragione è che la stessa preoccupazione di non
pensare a nulla può eccitare a pensare molto.
La quarta, perché non vi è nulla di più utile e di più
gradevole a Dio che dimenticarci di noi stessi, dei nostri interessi, delle
nostre soddisfazioni personali, per occuparci del suo onore e della sua
gloria.
Ora, come può dimenticarsi di se stesso chi è tutto intento
a non distrarsi, sino a non permettere che la sua intelligenza e i suoi affetti
si muovano a desiderare la maggior gloria di Dio e a rallegrarsi per quella che
già gode? Se é Dio che sospende l'intelletto, gli dà da occuparsi in altro
modo, e ciò mediante una illustrazione così chiara che esso ne rimane assorto,
persuaso che per certe cose non può proprio far nulla.
Tuttavia, e senza che ne
sappia il modo, si trova meglio ammaestrato che non con l'impiego di tutte le
sue diligenze, con le quali piuttosto si sarebbe fatto del danno.
Siccome Dio ci ha
dato le potenze per aiutarci ad agire, non vedo perché si debbano sospendere,
tanto più che ad ogni loro azione ha da corrispondere un premio. Lasciamole
fare il loro ufficio, fino a quando Dio non si degni elevarle a uno più grande.
7 - Per l'anima che
Dio ha voluto mettere in questa mansione, non vi è nulla di più conveniente,
secondo me, che di attenersi a quello che ho detto: cioè, procurare, senza
rumore e senza violenza, d'impedire che l'intelletto discorra, ma senza
sospenderlo, né sospendere il pensiero, bensì impiegarlo nel ricordarsi della
presenza di Dio e della sua natura divina.
Se l'intelletto si sospende
da solo per quello che sente in sé, ciò sia alla buon'ora, purché si guardi dal
volere intendere di che si tratta. Il dono è fatto solo alla volontà, e bisogna
lasciarglielo godere senza ricorrere ad alcuna industria, eccetto a qualche
parola amorosa. Del resto, avviene spesso in questo stato che, pur non
procurandolo, si rimanga li senza pensare a nulla, benché solo per poco.
8 - Sul principio di
questa mansione ho parlato dell'orazione dei gusti divini, poi sono passata
all'orazione di raccoglimento, della quale avrei dovuto parlare prima, perché
meno alta di quella, e mezzo per raggiungerla.
Dunque, nell'orazione di raccoglimento non si deve mai
smettere di meditare e di discorrere con l'intelletto. Nell'altra invece, nella
quale l'acqua si trova nella stessa sorgente e non per via di canali,
l'intelletto, come ho detto in altro luogo, si sospende da sé o si sente sospendere
dal fatto di non poter capire ciò che avviene; e così va girando da una parte
all'altra come intontito, incapace di fissarsi in alcuna cosa.
Questa agitazione inquieta molto la volontà, che nel
frattempo è tutta immersa nel suo Dio. Ma essa non se ne curi, perché
perderebbe buona parte di ciò che gode: lasci stare l'intelletto e si abbandoni
fra le braccia dell'amore. Il Signore le insegnerà quello che dovrà fare: cioè,
riputarsi indegna di tanto bene e impiegarsi in atti di ringraziamento.
9 - Volendo trattare
dell'orazione di raccoglimento, ho tralasciato gli effetti di quella dei gusti
divini e i segni dai quali si può conoscere chi ne è favorito. A quanto si
sperimenta, si tratta di una dilatazione o aumento di anima.
Ecco una sorgente da cui l'acqua non ha via di uscita, ma
il cui bacino è così fatto che quanto più acqua riceve, tanto più cresce di
capacità. Così sembra anche qui, perché, oltre le grandi grazie che si
ricevono, Dio dilata l'anima e la rende capace di contenere ogni cosa.
Questa soavità e dilatamento interiore si riconoscono anche
dall'energia di cui l'anima si sente ripiena, perché nel servizio di Dio non si
porta più grettamente come prima, ma con larghezza maggiore. Cessa pure di
angustiarsi per la paura dell'inferno, e nutre grande fiducia di andare un
giorno in paradiso. Non teme che di offendere Iddio, ma non con timore servile,
che qui sparisce del tutto.
Se prima aveva paura di far
penitenza per non perdere la salute, ora le sembra con l'aiuto di Dio di poterne
fare, non avendo mai avuto in proposito desideri così grandi come ora.
E se prima provava tanta ripugnanza per le tribolazioni,
ora le teme di meno, perché la sua fede si è
fatta più viva e vede che accettandole per amor di Dio,
ottiene la forza di sopportarle con pazienza.
Anzi, nella sua brama di
far qualche cosa per Lui, qualche volta le avviene pure di desiderarle. Quanto
più progredisce nella conoscenza di Dio, tanto più bassa è l'opinione che si fa
di sé.
E avendo assaporato
le dolcezze del Signore, ritiene per immondizie quelle della terra, da cui si
allontana a poco a poco, rendendosi, a ciò fare, sempre più padrona di sé.
Insomma, resta migliorata in tutte le virtù, e andrà sempre più progredendo,
purché non torni ad offendere Iddio, nel qual caso perderebbe ogni cosa, anche
se già arrivata alla cima.
Però, non si deve credere
che per trovarsi con tali effetti basti ricevere questa grazia una o due volte
soltanto. Occorre riceverla di continuo: il nostro bene è tutto in questa
perseveranza.
10 - Ecco un avviso che
raccomando molto a chi si trova in questo stato. Si guardi attentamente dal
mettersi nelle occasioni di offendere Iddio.
Qui l'anima non è ancora formata: è come un bambino che
comincia a poppare, il quale se si discosta dal petto di sua madre non può
aspettarsi che la morte. Se chi ha ricevuto questa grazia si allontana
dall'orazione senza un'urgente necessità e non vi fa subito ritorno, temo
grandemente che le avvenga come al bambino, e vada di male in peggio. So che vi
è molto da temere, e conosco alcune persone a cui questo è successo per essersi
allontanate da Colui che voleva farsi loro amico, come dimostravano le sue
opere.
Ne sento viva compassione. Se tanto insisto sulla fuga
dalle occasioni, è perché il demonio mette più impegno nel rovinare un'anima
sola di queste, che non molte altre a cui Dio non faccia tali grazie.
Queste gli possono essere
di gran danno, perché attirano altre anime, con immenso vantaggio per la Chiesa
di Dio. Perciò le combatte in ogni modo e fa di tutto per rovinarle, se non
altro per la rabbia di vederle tanto amate da Dio. Ma se soccombono, diventano
peggiori delle altre.
Da questi pericoli,
sorelle, a quanto si può capire, voi siete al sicuro. Ma Dio vi liberi
dall'andare in superbia e vanagloria!
Il demonio può simulare
anche queste grazie; ma lo si conosce facilmente, perché non solo non produce
gli effetti che ho descritto, ma ne lascia di diametralmente opposti.
11 - benché ve n'abbia già
parlato altrove, tuttavia vi voglio avvertire di un pericolo in cui ho visto
cadere varie persone di orazione, specialmente donne, che perla loro debolezza
vi sono più esposte: ed è il seguente.
Alcune persone, a causa delle loro grandi austerità,
orazioni e vigilie, o semplicemente perché di debole complessione, non possono
ricevere una consolazione spirituale senza che la loro natura ne rimanga
soggiogata.
E siccome sentono una certa interiore dolcezza mentre
esteriormente vanno indebolendosi e mancando - specialmente quando entrano in
quello stato che si chiama di sonno spirituale, che è alquanto più alto di
quello anzidetto - confondono quella dolcezza con l'indebolimento che sentono,
e se ne lasciano sopraffare.
Più si abbandonano e più ne rimangono assorbite, perché la
natura s'indebolisce sempre più. E intanto credono che sia un qualche
rapimento. Ma io lo chiamo sbalordimento, perché non fan altro che perdere il
tempo e rovinarsi la salute.
12 - Una certa persona
rimaneva in questo stato per otto ore di seguito, senza perdere i sensi, e
nemmeno con pensieri di Dio. Ma siccome si trovò chi l'ebbe a intendere, le
fecero sparire ogni
cosa obbligandola a
mangiare, a dormire e a non fare tanta penitenza. Senza volerlo, aveva
ingannato il confessore, varie altre persone e se stessa. Sono convinta che il
demonio non vi doveva essere estraneo: pretendeva di cavarne vantaggio, e non
poco già cominciava ad averne.
13 - È bene sapere che vi
può essere languidezza esteriore ed interiore anche allora che questo stato
proviene da Dio, ma l'anima ne rimane forte, e nel vedersi così vicina al
Signore, si lascia andare a grandi sentimenti.
Tuttavia questo stato non dura che pochissimo, benché si
ripeta di frequente e l'anima torni a sospendersi. Tuttavia, se non è per
debolezza naturale, questa orazione non solo non abbatte il corpo, ma nemmeno è
causa di affezioni esteriori.
Perciò dovete star bene attente, e quando alcuna va
soggetta a tali cose, ne avverta la Superiora e faccia di tutto per distrarsi.
La Superiora non le permetta tante ore di orazione ma gliene ordini poca.
Procuri che mangi e che dorma bene, fino a quando non abbia riprese le sue
forze naturali, nel caso che le abbia perdute per mancanza di nutrimento e di
sonno.
Se è di così debole
complessione da non averne giovamento, credetemi, Dio la vuole per la vita
attiva: nei monasteri vi dev'essere di tutto.
Sia impiegata negli uffici
e si abbia cura che non rimanga troppo in solitudine, perché finirebbe col
rovinarsi del tutto la salute.
Ciò le sarà di grande mortificazione, ma il Signore vuol
provare come sopporti la sua assenza, e se lo ami per davvero. Dopo un po' di
tempo, può darsi che Egli le ritorni le forze; ma se non lo fa, ella acquisterà
tanti meriti con la preghiera vocale, e l'obbedienza, quanti ne acquisterebbe
con la vita contemplativa, e forse più.
14 - Può anche darsi che vi siano persone d'immaginazione o
di testa così debole come io ne ho trovate, che s'immaginino di vedere tutto
quello che pensano. Sarebbe molto pericoloso, ma siccome ne devo parlare più
avanti, non aggiungo altro. Mi sono tanto dilungata in queste mansioni perché
credo che in esse le anime vi entrino in maggior numero. Si aggiunga inoltre
che in queste, per l'unione che vi è del naturale col soprannaturale, il
demonio può fare maggior danno che nelle seguenti, nelle quali il Signore non
gli lascia tanta libertà.
Sia Egli per sempre benedetto! Amen!
QUINTE MANSIONI
Capitolo 1
In che modo
l'anima si unisca a Dio durante l'orazione, e come conoscere se vi sia inganno
1 - In che modo,
sorelle, vi potrei parlare delle ricchezze, dei tesori e delle delizie che si
trovano nelle quinte mansioni? Di queste, come di quelle che ancora restano,
sarebbe meglio non parlare, perché non vi sono termini sufficienti, come non vi
è intelletto per comprenderle, né paragoni per spiegarle.
Le cose della terra sono
troppo basse per servire a questo scopo. Ma siccome Voi, o Signor mio, vi siete
compiaciuto che alcune delle vostre serve ne godano tanto spesso, mandate luce
dal cielo
affinché io le
sappia illuminare, premunendole contro gli inganni del demonio quando si
trasformerà in angelo di luce. Dopo tutto, esse non desiderano che di
piacervi.
2 - Ho detto che in
queste mansioni ne entrano soltanto alcune, mentre avrei dovuto dire che solo
pochissime non vi entrano.
Anzi, siccome vi è il più e il meno, penso che certe
particolarità siano soltanto di poche. Tuttavia, arrivare anche solo alle porte
è sempre una grande grazia di Dio, perché molti sono i chiamati e pochi gli
eletti. Così di noi che portiamo questo sacro abito del Carmine.
Tutte siamo chiamate all'orazione e alla contemplazione
perché in ciò è la nostra origine e siamo progenie di quei santi Padri del
monte Carmelo che in grande solitudine e nel totale disprezzo del mondo
cercavano questa gioia, questa preziosa margherita di cui parliamo: eppure in
poche ci disponiamo per ottenere che Dio ce la scopra.
Quanto all'esteriore si va
bene, ma quanto alle virtù necessarie per arrivare a detto stato, ci manca
ancora moltissimo, per cui non dobbiamo mai trascurarci, né in poco né in
molto.
Facciamoci coraggio, sorelle mie, e siccome un po' di cielo
lo possiamo godere fin da ora, supplichiamo il Signore a concederci di non
rimanerne prive per nostra colpa, ma a mostrarcene la strada e a fortificarci
l'anima, onde scavare sino a scoprire questo tesoro nascosto che sta dentro di
noi. Se Dio si compiacerà di aiutarmi, ve ne dirò qualche cosa.
3 - Ho detto che ci
fortifichi l'anima, acciocché intendiate che le forze del corpo, se Dio non le
dà, non sono necessarie. Non solo Egli non impedisce ad alcuno di acquistarsi
le sue ricchezze, ma si contenta che ognuno gli dia ciò che ha. Sia benedetto
per sempre un così grande Signore!
Badate però, figliuole mie, che per acquistarvi ciò che
dico, Egli esige che non vi riserviate nulla. Sia poco o molto quello che
avete, lo vuol tutto per sé. Più o meno grandi saranno le grazie che ne avrete,
ma sempre in proporzione di quello che vedrete di aver dato: per sapere se la
nostra orazione arrivi o non arrivi all'unione, non vi è prova migliore.
Non crediate che questa
orazione somigli al sonno, come la precedente: dico sonno in quanto che l'anima
sembra che sia mezzo assopita, perché se pare che non sia del tutto
addormentata, non si sente neppure sveglia.
Qui invece è addormentata - e addormentata
profondamente - non solo a tutte le cose della terra, ma pure a se stessa, tanto che per la breve durata di questo
fenomeno essa rimane così fuori di sé, da non poter formare alcun pensiero,
neppure volendolo. Qui per sospendere il pensiero non c'è proprio da ricorrere
ad alcuna industria. Se ama, non sa come, né chi; se vuole, non sa cosa vuole:
è come se sia morta al mondo per più vivere in Dio.
4 - Ma è una morte
deliziosa: morte, perché l'anima si sottrae a tutte le operazioni che può avere
dall'unione col corpo; deliziosa, perché sembra che si
separi dal corpo per meglio vivere in Dio.
Infatti, al corpo non so se rimanga tanto di vita da poter
ancora respirare. Pensando ora a
quest'ultima cosa, mi sembra che non gliene rimanga
affatto. Almeno, se respira, non lo avverte.
L'intelletto vorrebbe tutto
occuparsi per intendere qualche cosa di ciò che l'anima sente, ma siccome le
sue forze non glielo permettono, rimane così sorpreso che, pur non perdendosi
del tutto, non può muovere né mani né piedi, come si direbbe di una persona che
fosse così svenuta da parerci morta.
Oh, segreti di
Dio!... Non mi stancherei mai di parlarne, se pensassi di farne capire qualche
cosa, disposta pure a dir mille spropositi pur di riuscirvi una volta sola, e
procurare a Dio un maggior tributo di lodi.
5 - Ho detto che
questa orazione non somiglia al sonno.
Nella mansione precedente, finché l'anima non ne abbia
fatta una grandissima esperienza, rimane sempre con dubbio sui fenomeni subiti:
se furono una sua illusione, se dormiva, se provennero da Dio o dal demonio
trasformato in angelo di luce, e tanti altri timori: i quali del resto non è
bene che manchino per il pericolo che qualche volta s'intrometta per davvero la
nostra natura.
Se là le bestie velenose non hanno
modo d'introdursi, vi possono penetrare certe lucertolette che per la loro sottigliezza si cacciano da per tutto: intendo
parlare di quei piccoli pensieri provenienti dall'immaginazione e da quello che
ho detto, i quali, benché non siano di danno - specialmente se si trascurano -
spesso però infastidiscono.
Qui invece non possono
entrare neppure le lucertolette più piccole, non essendovi immaginazione,
memoria o intelletto capaci d'impedire un tanto bene.
Oso anzi affermare che se si tratta di vera unione con Dio,
non vi può entrare a far danno nemmeno il demonio, perché allora Dio è unito
all'essenza dell'anima, e il maligno non solo non ha ardire d'avvicinarsi, ma
credo che di questi segreti non debba neppure intendersene.
La cosa è assai chiara. Se
dicono che egli non conosce i nostri pensieri, a maggior ragione non deve
conoscere questi segreti che Dio non confida neppure all'intelletto. Oh, stato
felicissimo nel quale il maledetto non può fare alcun danno!
L'anima ne esce con grandissimi vantaggi, perché Dio opera
in lei senza che alcuno vi metta ostacoli, neppure noi stessi. Che cosa allora
non dovrà mai dare Chi tanto ama di dare, e può dare quanto vuole?
6 - Sembra che io
v'ingeneri confusione. Ho detto se è unione di Dio, quasi che vi siano altre
unioni. Altro se ve ne sono!...
Può darsi che in riguardo di certe vanità il demonio faccia
uscire l'anima da se stessa per la grande passione con cui ella le ami, benché
non nella stessa maniera né con gli stessi sentimenti di gioia, di
soddisfazione, di diletto e di pace, di cui l'anima si sente ripiena quando
l'operazione è da Dio.
I piaceri, le ebbrezze e le consolazioni della terra,
nonché non essere paragonabili con i sentimenti che Dio produce, non hanno con
essi alcuna relazione di origine, e ben diversa è l'impressione che ne risulta,
come voi stesse avrete forse provato. Ho detto in altro luogo che è come se gli
uni si sentano alla superficie del corpo e gli altri nel midollo delle ossa.
Allora mi sono spiegata assai bene, ma ora meglio di così non so farlo.
7 - Però mi sembra che
non siate ancora soddisfatte, e temiate di cadere in inganno.
Grande è la difficoltà che s'incontra nel discernimento di
queste cose interiori.
Tuttavia, per coloro che ne
hanno esperienza, può essere sufficiente quello che ho detto, nonostante che
ben grande ne sia la differenza. Comunque, eccovi un segno evidente per non
cadere in inganno ed accertarvi che l'operazione è di Dio.
Il Signore me l'ha
riportato oggi alla memoria, e credo che sia sicuro. Nelle questioni più
difficili, anche se mi pare di intenderle e di dire la verità, uso sempre
questa espressione: Mi sembra; e ciò per far capire che se m'inganno, sono
pronta a sottomettermi a coloro che ne san di più.
Costoro, benché di queste cose non abbiano esperienza,
hanno però un certo senso che è loro proprio, e siccome Dio li destina a luce
della sua Chiesa, quando si tratta di ammettere una verità li illumina Lui
stesso.
Se non sono leggeri, ma veri servi di Dio, non solo non si
scandalizzano di queste meraviglie, ma sono anzi persuasi che Dio ne possa fare
assai di più; e se si tratta di fenomeni non ancora ben chiari, trovano modo di
ammetterli studiando quelli che sono scritti.
8 - Di questo ho io
grande esperienza, come l'ho di certi semi-dotti paurosi che mi costarono
assai. Chi non crede che Dio sappia fare assai di più, e non ammette che possa
essersi compiaciuto e possa tuttora compiacersi di comunicarsi talvolta con le
sue creature, costui, secondo me, tien chiusa la porta a ogni divina
effusione.
Voi, sorelle, guardatevene attentamente, credete sempre che
Dio può fare assai di più, e non fermatevi mai ad esaminare se chi riceve
queste grazie sia virtuoso o no. Il motivo lo sa il Signore: noi non dobbiamo
intrometterci. Serviamo Iddio con umiltà c semplicità di cuore, lodandolo per
queste sue opere meravigliose.
9 - Eccomi dunque al
segno che io chiamo sicuro. Osservate quest'anima a cui Dio ha sospeso del
tutto l'intelletto per meglio arricchirla della vera sapienza.
Per tutto il tempo che dura
in questo stato - tempo sempre breve, e che all'anima sembra ancora più breve -
ella non vede e non sente nulla.
Ma Dio s'imprime nel suo interno, e quando ella torna in
sé, in nessun modo può dubitare che Dio sia stato in lei ed ella in Dio. Questa
verità le rimane scolpita sì al vivo, da non poterne affatto dubitare né
dimenticarla, neppure dopo molti anni, benché Dio non gliela rinnovi: senza poi
dire degli altri effetti, sui quali tornerò più avanti.
In questa certezza sta appunto il segno che ho detto.
10 - Ma voi mi direte: Come si vede o s'intende che è Dio,
se non si vede e non s'intende nulla?
Non dico che lo si veda
allora, ma in seguito; e ciò non per visione, ma per una piena convinzione che
rimane nell'anima e che non può essere che da Dio.
Conosco una persona che non
sapeva che Dio si trova in ogni cosa per presenza, per potenza e per essenza.
Ma lo intese chiaramente dopo un favore di questo genere ricevuto dal
Signore.
Avendo interrogato uno di quei semidotti di cui ho parlato
più sopra sul come Dio sia in noi, egli che ne sapeva quanto lei prima di
questa illustrazione, le rispose che vi sta soltanto per la grazia; ma ella era
talmente fissa nella verità, che non gli credette.
In seguito interrogò altre persone che le dissero la cosa
come stava, e ne rimase molto consolata.
11 - Badate però di
non cadere in errore pensando che questa certezza riguardi una forma corporale,
come il corpo di nostro Signore Gesù Cristo presente invisibilmente nel
santissimo Sacramento. Qui non vi è nulla di simile, perché non si tratta che
della divinità.
Ma che certezza si può mai avere di una cosa che non si
vede?
Io non lo so. Sono opere di Dio. Ma so di dire la verità.
Se non vi fosse questa certezza, si avrebbe, secondo me, non già un'unione di
tutta l'anima con Dio, ma soltanto di una sua potenza, oppure di un altro
genere di grazie fra le molte che il Signore usa fare.
Dopo tutto, non è il caso
d'indagare come questi fenomeni avvengano. A che tanto affaticarci quando la
nostra intelligenza non li può comprendere?
Ci basti sapere che Chi li fa può fare ogni cosa. Sono
operazioni di Dio, innanzi alle quali le nostre
industrie sono nulla. Essendo incapaci di raggiungerle,
guardiamoci pure dal volerle comprendere.
12 - A proposito di quest'impotenza, mi ricordo di ciò che
dice la Sposa dei Cantici e che voi stesse avrete udito: Il Re mi ha condotta
nella cella del vino, o piuttosto, come credo che dica: Mi ha introdotta.
Insomma, non dice che vi sia andata da sé. Dice ancora che andava di qua e di
là in cerca del suo Amato.
Ora, l'orazione di cui
parlo è appunto la cella vinaria nella quale il Signore intende introdurci, ma
quando e come vuol Lui.
Da noi, con i nostri
sforzi, non vi possiamo entrare: bisogna che ci introduca Lui. Ed Egli lo fa
quando entra nel centro dell'anima nostra. Qui, per meglio mostrare le sue
meraviglie, vuole che altro non facciamo che assoggettargli la volontà,
guardandoci bene dall'aprir le porte delle potenze e dei sensi che giacciono
addormentati, perché intende entrare nel centro dell'anima senza passare per
alcuna porta, come entrò dai suoi discepoli quando disse: Pax vobis, e come
usci dal sepolcro senza smuovere la pietra.
Più avanti vorrà che
l'anima lo goda nel centro di se stessa ben più intensamente che non qui; ma
sarà nell'ultima mansione.
13 - Che grandi cose vedremo, figliuole mie, se cercheremo
di non contemplare che la nostra miserabile bassezza, reputandoci indegne di
essere le serve di questo eccelso Signore, le cui meraviglie ci sono affatto
incomprensibili!...
Sia Egli per sempre benedetto: Amen.
Capitolo 2
Prosegue sul
medesimo argomento, e dice con un grazioso paragone in che consiste l'orazione
di
unione, e quali
gli effetti che lascia Capitolo degno di nota
1 - Vi parrà che di
questa mansione vi abbia ormai detto ogni cosa; eppure mi rimane ancora molto,
perché, come vi ho già fatto osservare, vi è il più e il meno.
Per ciò che riguarda
l'unione, non credo di saperne dire di più, ma resta molto da parlare circa gli
effetti che Dio produce nelle anime quando esse si dispongono a ricevere le sue
grazie. Ne voglio dire qualche cosa, e nel contempo far conoscere lo stato in
cui l'anima rimane.
Per farmi meglio
capire, voglio servirmi di un paragone che trovo molto appropriato, per mezzo
del quale vedremo che quantunque in questa operazione di Dio nell'anima noi non
possiamo far nulla, tuttavia per ottenere che il Signore ce ne favorisca,
possiamo far molto col disporci.
2 - Avrete già udito
parlare delle meraviglie che Dio opera nella produzione della seta, invenzione
di cui Egli solo poteva essere l'autore. Si tratta di piccoli semi, simili a
granellini di pepe che io non ho mai veduto, ma di cui ho sentito parlare:
perciò, se cado in qualche inesattezza la colpa non è mia.
A1 sopraggiungere dell'estate, quando i gelsi si coprono di
foglie, questi semi cominciano a prender vita. Prima che spuntino quelle foglie
di cui si devono nutrire, stanno là come morti; a poco a poco, con
quell'alimento si sviluppano, finché, fatti più grandi, salgono sopra alcuni
ramoscelli, ed ivi con la loro piccola bocca filano la seta che cavano dal loro
interno, fabbricandosi certi bozzoli molto densi, nei quali ognuno di quegli
insetti, che sono brutti e grossi, si rinchiude e muore. Ma poco dopo esce dal
bozzolo una piccola farfalla bianca, molto graziosa.
Se questo fenomeno non cadesse sotto i nostri occhi, ma ci
fosse raccontato come cosa di altri tempi, nessuno lo crederebbe. Infatti, come
potremmo credere che un verme o un'ape, - esseri privi di ragione - siano tanto
diligenti e industriosi nel lavorare per noi fino a rimetterci la vita come il
povero bacolino nel suo lavoro?
Ecco un buon soggetto, sorelle, per intrattenervi a lungo
in meditazione, senza null'altro aggiungere, bastando questo solo per farvi
considerare le meraviglie e la sapienza del nostro Dio. Oh, se conoscessimo le
proprietà delle cose! Come sarebbe vantaggioso meditare sopra queste
meraviglie, compiacendoci di essere le spose da un Re così grande e
sapiente!
3 - Tornando ora al
nostro argomento, l'anima, di cui quel verme è l'immagine, comincia a prendere
vita quando per il calore dello Spirito Santo, comincia a valersi dei soccorsi
generali che Dio accorda a ognuno e a servirsi dei rimedi che Egli ha lasciato
nella sua Chiesa, come le frequenti confessioni, le buone letture e le
prediche: rimedi opportuni per l'anima che sia morta nel peccato e si trovi fra
le occasioni cattive a causa della sua trascuratezza.
Ripreso a vivere con quei
rimedi e pie meditazioni, vi si andrà pure sostentando finché sia cresciuta. E
questo è il punto in cui la considero, poco curandomi di ciò che precede.
4 -
Quando questo verme si è fatto grande - come abbiamo visto in principio di
questo scritto - comincia à lavorare la seta e a fabbricarsi la casa nella
quale dovrà morire.
Questa
casa, come vorrei far intendere, è il nostro Signore Gesù Cristo. Mi pare di
aver letto in qualche parte, o di aver udito, che la nostra vita è nascosta in
Cristo, ovvero in Dio, che è poi lo stesso, oppure che Cristo è la nostra vita.
Che il testo sia o non sia così, per il mio intento poco importa.
5 -
Osservate qui, figliuole mie, quello che con l'aiuto di Dio possiamo fare: che
Sua Maestà diventi nostra dimora fabbricata da noi stessi, come lo è in questa
orazione di unione.
Dicendo che Dio è nostra dimora, e che questa dimora
possiamo fabbricarcela da noi stessi per prendervi alloggio, sembra quasi che
voglia dire di poter noi aggiungere o togliere a Dio qualche cosa.
E lo possiamo
benissimo, ma non già aggiungendo o togliendo a Dio, bensì aggiungendo o
togliendo a noi, come quei piccoli vermi, perché non avremo ancora ultimato
quanto sarà in nostro potere che Egli verrà, e unendo alla sua grandezza la
nostra lieve fatica, che è un nulla, le conferirà un valore così eccelso da
meritare che Egli si costituisca in nostra stessa ricompensa.
Non contento di aver
sostenute le spese maggiori, vorrà pure unire le nostre piccole pene alle molto
grandi che Egli un giorno ha sofferto per non farne che una cosa sola.
6 - Orsù dunque,
figliuole mie, mettetevi subito al lavoro!
Tessiamo questo piccolo bozzolo mediante lo spogliamento di
ogni nostro amor proprio e volontà, distaccandoci da ogni cosa terrena e
praticando opere di pedi orazione, di meditazione e di obbedienza, con resto
che già sapete.
Oh, se mettessimo in
pratica tutto quello che sappiamo e che ci hanno insegnato! E poi muoia, muoia
pure questo verme, come il baco da seta dopo aver fatto il suo lavoro!
Allora ci accorgeremo di
vedere Iddio e ci sentiremo sepolte nella sua grandezza, come il piccolo verme
nel suo bozzolo. Dicendo che vedremo Iddio, dovete intendere nel modo con cui
Egli si fa sentire in questa specie di unione.
7 - Passiamo ora a
vedere come questo verme si trasformi, che è lo scopo di quanto finora vi ho
detto.
Dico che quando il verme
entra in questa orazione e vi rimane morto a tutte le cose del mondo, esce
mutato in piccola farfalla bianca.
Oh, potenza di Dio! Oh, in che stato esce l'anima, dopo,
essere rimasta nella grandezza di Dio e tanto a Lui unita come qui, sia pure
per poco tempo, giacché, a mio parere, non si arriva mai a mezz'ora! In verità
vi dico che essa non si riconosce più.
Pensate alla differenza fra un verme ributtante e una
piccola farfalla bianca: così di lei.
L'anima ignora come abbia
potuto meritare tanto bene, voglio dire che non sa di dove le sia venuto,
perché conosce benissimo che a meritarlo non è da lei.
Si sente presa da un desiderio vivissimo di lodare Iddio,
sino a bramare di distruggersi e di affrontare mille morti. Brame irresistibili
di darsi a grandi sofferenze cominciano tosto ad occuparla senza che sappia
liberarsene, e sospira con ardore di abbandonarsi alla penitenza, di stare in
solitudine e di fare che tutti conoscano il suo Dio, sino a provare afflizione
profonda nel vederlo offeso.
Nelle mansioni seguenti parlerò di questi effetti con particolari
maggiori. Benché i fenomeni delle quinte mansioni siano quasi identici a quelli
delle seguenti, tuttavia sono assai diversi quanto all'intensità degli effetti.
Una anima che Dio ha condotto a questo punto, se si sforza di andare avanti,
vedrà grandi meraviglie.
8 - Oh,
lo spettacolo di questa piccola farfalla in continua agitazione! Eppure in
tutta la sua vita non ha mai goduta tanta pace e soavità.
Vien proprio da
lodare Iddio nel contemplarla così incapace a fermarsi e a riposare. No, dopo
aver goduto di un tal bene, le cose della terra non la soddisfano più,
specialmente se Dio l'abbia spesso inebriata di quel suo vino, dal quale si
ricavano sempre nuovi vantaggi, quasi ogni volta.
Ormai non fa più conto di
ciò che praticava quando era verme. Allora intesseva a poco a poco il suo
bozzolo, ma ora le sono nate le ali; ed essendo capace di volare, perché
contentarsi di andare ancora passo passo?
I suoi desideri sono immensi, e poco le sembra quanto possa
fare per Iddio. Neppur più si
meraviglia di ciò che i santi hanno fatto, perché sa per
esperienza quanto il Signore aiuti,
trasformando l'anima in modo tale da renderla
irriconoscibile, quasi non sia più quella di prima.
La debolezza che le pareva di avere per non fare penitenza
si è convertita in fortezza. E se precedentemente il suo attacco ai parenti,
agli amici e ai beni terreni era tale che né i suoi atti interiori, né le sue
decisioni, né la sua stessa volontà riuscivano ad infrangerlo, sembrandole anzi
di attaccarvisi di più, ora invece si sente così libera da dispiacersi anche di
quei rapporti che non può troncare senza offesa di Dio. Avendo sperimentato che
il vero riposo non le può venire dalle creature, sente noia di tutto.
9 -
Sembra che mi estenda troppo; eppure potrei dire assai di più. Chi ha ricevuto
da Dio questa grazia, vedrà che non sono lunga.
Non è dunque da
meravigliarsi se questa piccola farfalla, sentendosi straniera fra le cose
della terra, cerchi di riposarsi in qualche altra parte. Ma dove andrà la
poverina?
Tornare donde è uscita non può, giacché, come ho detto, non
è cosa in suo potere, nonostante ogni suo possibile sforzo, finché Dio non si
compiaccia di favorirla nuovamente. Che nuovi tormenti cominciano allora per
lei! O Signore!...
E chi lo può credere dopo grazie così sublimi?
Sì, finché si vive, in un modo o in un altro si ha sempre
da soffrire. Se qualcuno afferma di essere giunto a questo stato, sempre fra
consolazioni e delizie, gli rispondo che non vi è giunto affatto o, per lo
meno, che essendo entrato nella mansione precedente, vi ha goduto qualche rara
consolazione, aiutata anche quella dalla sua naturale debolezza, per non dire
forse dal demonio che gli abbia dato un po' di pace per muovergli in seguito
una guerra più accanita.
10 - Non voglio dire con ciò che gli abitanti di questa
mansione non abbiano la pace: l'hanno e molto grande, perchè le stesse
sofferenze sono qui tanto preziose e di così eccellente radice che, nonostante
la loro alta intensità, generano pace e contento.
Dal disgusto che ispirano le cose del mondo nasce
nell'anima il desiderio di abbandonarlo; ed è un desiderio così penoso che la
poverina, per aver un po' di sollievo, deve pensare essere volontà di Dio che
viva in esilio.
Alle volte non basta neppur questo, perché l'anima,
nonostante i suoi molti progressi, qui non è ancora così sottomessa al volere
di Dio come lo sarà più avanti. Tuttavia non lascia di rassegnarsi, sia pure
con pena e con abbondanza di lacrime, non potendo far altro perché di più non
le è ancora concesso.
Sperimenta questa
pena ogni qualvolta si mette in orazione, pena che in parte le deriva dal
dolore vivissimo di vedere Iddio vilipeso e poco onorato dal mondo, e nel
considerare il gran numero di eretici e di mori che van perduti, benché lo
senta assai di più per la perdita dei cristiani.
Teme che molti sian quelli che si dannino, sebbene non
ignori la grandezza della misericordia di Dio e sappia che quegli infelici
possono sempre correggersi e salvarsi, nonostante la malvagità della loro
vita.
11 - Oh, grandezza di Dio!
Pochi anni, forse pochi giorni prima, quest'anima non pensava che a se stessa.
Chi ora l'ha posta in sollecitudini così penose?
Noi non riusciremmo ad
averne di sì intense neppure se vi consumassimo intorno molti anni di
meditazione.
E che? Io dunque non potrei avere tali cure nemmeno
impiegando giorni ed anni a meditare il gran male che è l'offesa di Dio, nel
pensare che quanti si dannano sono suoi figli e miei fratelli, nel considerare
i pericoli in cui ci troviamo e quanto ci sarebbe vantaggioso uscire una buona
volta da questa miserabile vita?
No, figliuole! La pena che queste riflessioni producono non
è come quella di cui parlo. Con l'aiuto di Dio, e indugiandoci molto nelle
suddette riflessioni, possiamo pure averne, ma non mai così penetrante come
l'altra, la quale sembra che stritoli e macini l'anima senza che essa vi
contribuisca,
n.
alle
volte lo voglia.
Ma allora in che consiste? Donde viene? Ve lo voglio
dire.
12 - Non vi ricordate di ciò che vi ho detto - sebbene non
a questo proposito - in riguardo alla sposa
che Dio ha introdotto nella cella vinaria, ordinando in lei
la carità? E' quello che avviene qui.
L'abbandono con cui quest'anima si è rimessa nelle mani di
Dio, unito al grande amore che ella gli porta, la rende così soggetta da non
sapere né volere che una cosa: che Egli faccia di lei tutto quello che
vuole.
Credo infatti che Dio non conceda mai questa grazia se non
all'anima che già ritiene tutta sua. E così, senza che ella se ne accorga, fa
in modo che esca da questo stato segnata con il suo sigillo. Del resto, qui
l'anima non è più di una cera su cui s'imprima il sigillo.
La cera non s'imprime il sigillo da sé: essa non fa che
tenersi pronta a riceverlo con la sua mollezza. Ma anche in questo non è essa
che si modifica: ciò che essa fa è soltanto di stare immobile senza opporre
resistenza.
Oh, bontà di Dio! Anche qui
dev'esser tutto a vostre spese! L'unica cosa che chiedete è la nostra volontà:
cioè, che la cera non opponga resistenza.
13 - Questo, dunque, sorelle, è quello che Dio fa per indurre
l'anima a riconoscersi per sua. Le dà quello che ha, vale a dire, le stesse
disposizioni avute in terra da suo Figlio: grazia veramente incomparabile. Chi
più di suo Figlio ha desiderato di uscire da questa vita? Lo ha detto Lui
stesso nella cena: Ho desiderato con desiderio Oh, Signore! E non pensavate
alla morte che vi attendeva crudele, dolorosa e terribile?
- No, il grande amore e il desiderio che tutti
gli uomini si salvassero, superavano di gran lunga quelle pene, senza poi dire
che le ritenevo da nulla di fronte alle molte altre che poi ho patito, e che
patisco tuttora da che sono nel mondo. -
14 - È proprio così, e l'ho meditato spesso. Pensando al
dolore che ha sofferto e soffre un'anima di mia conoscenza - dolore così
intollerabile che pur di non soffrirlo amerebbe meglio morire - mi domandavo:
se così insopportabile è il tormento di un'anima la cui carità, dopo tutto, non
è neppure paragonabile a quella di Cristo, che cosa avrà mai provato il
Signore, e quale sarà mai stata la sua vita, avendo sempre innanzi ogni cosa e
vedendo continuamente le gravi offese che si facevano al Padre suo?
Questo tormento dovette essere assai più grave di tutti
quelli della sua sacratissima passione. Questa, se non altro, segnava la fine
di ogni suo travaglio. E questo pensiero, unito alla consolazione di sapere che
la sua morte sarebbe stata di nostro rimedio, e che con i suoi patimenti
avrebbe dimostrato al Padre il grande amore che gli portava, doveva addolcire i
suoi dolori.
Non è così che avviene
anche fra noi? Quando uno si dà a grandi penitenze con alto impeto di amore,
nemmeno quasi le sente.
Anzi, vorrebbe farne assai di più, e gli par tutto poca
cosa...
Così nostro Signore in
quell'occasione così propizia per dimostrare al Padre suo con quanta perfezione
gli ubbidisse e quanto amasse noi uomini!
Oh, che gioia soffrire per fare la volontà di Dio! Ma
vedere la Maestà di Dio continuamente offesa, e avvertire il gran numero di
anime che si dannano, io lo credo così penoso che se nostro Signore fosse stato
un semplice uomo, un giorno solo di questo tormento sarebbe bastato, a mio
parere, per troncargli, non già una, ma molte vite
Capitolo 3
Prosegue sul
medesimo argomento, e parla di un'altra specie di unione, per raggiungere la
quale
giova molto
l'amore del prossimo - Capitolo molto utile
1 - Torniamo ora alla
nostra piccola colomba e vediamo qualche cosa di ciò che Dio le accorda in questo
stato. Però - e bisogna esserne persuase - l'anima non deve mai lasciare
d'avanzarsi nel servizio di Dio e nel proprio conoscimento, perché se si tiene
paga di ricevere questa grazia e, credendosi sicura, vive trascurata,
abbandonando la via del cielo, consistente nell'osservanza dei comandamenti, le
avverrà come alla farfalla del baco, la quale getta il seme per dar vita ad
altre farfalle, ma essa muore e rimane morta per sempre.
Dico che getta il seme,
perché Dio vuole che grazie così grandi non siano date invano. Perciò, se
quell'anima non se ne giova, fa in modo che se ne giovino gli altri.
Con i desideri e le virtù
che le vengono dal perseverare nel bene, quell'anima comunica a varie altre il
suo stesso calore. Anzi può rimanerle il desiderio di giovare al prossimo anche
dopo aver perduto ogni calore, godendo di far conoscere le grazie che Dio
accorda a chi lo ama e lo serve.
2 - Ciò è avvenuto a
una persona di mia conoscenza. Nonostante il suo cattivo stato, godeva che
altri si approfittassero delle grazie da lei avute, e si compiaceva d'insegnare
il cammino dell'orazione a chi lo ignorava. In questo modo fece del gran bene,
e il Signore le ritornò la sua luce.
È vero che non era ancora giunta ad avere gli
effetti di cui parlo. Però, quanti son coloro che, chiamati da Dio
all'apostolato, onorati come Giuda delle sue stesse comunicazioni ed elevati al
regno come Saul, finiscono poi, per loro colpa, col perdersi!
Impariamo da ciò, sorelle mie, che il mezzo più sicuro per
progredire in nuovi meriti e non mai perderci come questi infelici, è
l'obbedienza, accompagnata dall'esatto adempimento della legge di Dio.
Parlo non solo alle anime che ricevono queste grazie, ma
anche alle altre.
3 -
Malgrado quello che ho detto, mi pare che questa mansione rimanga ancora molto
buia. Tuttavia, siccome è di sommo interesse l'entrarvi, è bene non perderne la
speranza, neppure se il
Signore non comparta questi favori soprannaturali, perché
con il suo aiuto la vera unione si può
conseguire benissimo, sforzandosi di acquistarla col
sottomettere la propria alla volontà di Dio.
Quanti dicono cosa,
persuasi di non voler altro, e di essere anche disposti a sacrificare la vita!
Se foste tali veramente, vi direi e non cesserei di ripetervi che questa grazia
l'avete già. Di quell'altra unione accompagnata da delizie, non preoccupatevi
affatto.
Il più prezioso di quella
dipende tutto da questa, e non lo si può conseguire se non dopo essersi stabiliti
nella sottomissione al volere di Dio. Oh, unione desiderabile che è mai
questa!
Felice l'anima che l'ha raggiunta! Essa ha pace in questa e
nell'altra vita, perché, a parte il pericolo di perdere Dio e il dolore di
vederlo offeso, non vi è allora più nulla che la possa affliggere, non la
povertà, non le malattie, neppure la morte, eccetto quella di coloro che nella
Chiesa di Dio possono fare del bene, vedendo essa chiaramente che il Signore sa
disporre le cose meglio di come ella le desideri.
4 - Dovete avvertire
che non tutte le pene sono del medesimo genere. Alcune - come pure alcune gioie
- sono un prodotto spontaneo della natura e della carità, come la compassione
dei mali altrui, sofferta pure da nostro Signore quando risuscitò Lazzaro. Queste
non solo non impediscono che l'anima stia unita alla volontà di Dio, e non la
turbano con moti violenti afflittivi e di lunga durata, ma passano anche
presto, e, come ho detto parlando delle delizie dell'orazione, lungi dal
penetrare sino al fondo dell'anima, non toccano che i sensi e le potenze.
Il loro campo principale è
nelle mansioni precedenti, mentre in quelle che dirò per ultimo non entrano
neppure.
In questa specie di unione la sospensione delle potenze di
cui ho fatto parola, non è necessaria. Il Signore è onnipotente: può arricchire
le anime per molte vie, e farle arrivare a questa mansione senza la scorciatoia
di cui ho parlato.
5 - Persuadetevi
intanto, figliuole mie, che il verme deve assolutamente morire, e morire a
nostre spese.
Nell'altra unione l'aiuta
molto a morire la nuova vita che l'attende; ma qui bisogna che l'uccidiamo noi,
pur continuando a vivere di questa vita. Ciò non si può fare se non a prezzo di
grandi lotte; ma se ne avrà la ricompensa, e tanto grande quanto la vittoria.
Nessun dubbio che vi si possa giungere, purché l'unione con
la volontà di Dio sia vera.
Questa è l'unione
che io ho sempre desiderato e che non cesso mai di domandare a Dio, perché più
evidente e più sicura.
6 - Oh, noi infelici!
Come sono pochi quelli che la raggiungono!
Si crede di aver fatto tutto perché si è entrati in
religione e si evita l'offesa di Dio! Ma, ohimé! restano ancora certi vermi che
non si lasciano conoscere, finché, come quello che rose l'edera di Giona, non
abbiano rovinata ogni virtù, quali l'amor proprio, la propria stima, i più
piccoli giudizi temerari e certe mancanze di carità verso il prossimo che non
si ama come noi stessi...
Se adempiamo i nostri
doveri per forza, unicamente per non commettere peccato, siamo molto lontane
dalle disposizioni necessarie per essere unite del tutto alla volontà di
Dio!
7 - Secondo voi,
figliuole mie, in che consiste questa divina volontà?
Nell'esser noi così
perfette da formare una cosa sola col Figliuolo e col Padre, come Gesù Cristo
ha domandato. Ma quanto ci manca per arrivare a questo punto!
Per me vi confesso che scrivendo queste cose, lo faccio con
grandissima pena, perché vedo che per
mia colpa ne sono ancora molto lontana. Per arrivarvi non è
necessario che il Signore ci dia grandi
consolazioni: basta quello che ci ha dato con l'aver
mandato suo Figlio ad insegnarci la strada.
Non crediate però che la conformità alla volontà di Dio
consista nel non sentire dispiacere se muore
mio padre o mio fratello, oppure nel sopportare con gioia
eventuali tribolazioni o infelicità.
Sarebbe buona cosa, ma alle volte potrebbe essere frutto di
umana discrezione, in quanto che, vedendo che non v'è più rimedio, si fa di
necessità virtù. Quanti atti di questo genere ed altri consimili seppero pur
fare i filosofi con la loro sapienza!
Per noi la volontà di Dio
non consiste che in due cose: nell'amore di Dio e nell'amore del prossimo. Qui
devono convergere tutti i nostri sforzi.
E se lo faremo con perfezione, adempiremo la volontà di Dio
e gli saremo unite. Ma quanto siamo lontane dall'osservare questi precetti nel
modo che un tal Signore si merita! Piaccia a Dio di farci un giorno arrivare:
cosa che del resto è in nostra mano, purché lo vogliamo!
8 - Il segno più
sicuro per conoscere se pratichiamo questi due precetti è vedere con quale
perfezione osserviamo quello che riguarda il prossimo.
Benché vi siano molti
indizi per conoscere se amiamo Dio, tuttavia non possiamo esserne sicuri,
mentre lo possiamo essere quanto all'amore del prossimo.
Anzi, più vi vedrete
innanzi nell'amore del prossimo, più lo sarete anche nell'amore di Dio: statene
sicure. Ci ama tanto Iddio, che in ricompensa dell'amore che avremo per il
prossimo, farà crescere in noi, per via di mille espedienti, anche quello che
nutriamo per Lui.
E di ciò non v'è dubbio.
9 - Di
grande importanza per noi è osservare attentamente come su questo punto ci
diportiamo,perché se vi mettiamo grande perfezione, tutto è fatto.
Ma per la miseria
della nostra natura credo che non arriveremo mai ad avere perfetto amore del
prossimo, se non lo faremo nascere dalla medesima radice dell'amore di
Dio.
Perciò, sorelle mie,
siccome l'affare è importantissimo, procuriamo di esaminare noi stesse fin
nelle più piccole cose, senza far conto di certe idee che alle volte ci vengono
in massa durante l'orazione, per le quali ci pare di esser pronte per amore del
prossimo a intraprendere e a far cose molto grandi, anche per la salvezza di
un'anima sola.
Se le nostre opere non vi
corrispondono, non abbiamo motivo di crederci da tanto. Così si dica per ciò
che riguarda l'umiltà e le altre virtù.
Le astuzie del demonio sono grandi. Per farci credere che
possediamo una virtù, mentre non l'abbiamo, metterà in moto tutto l'inferno, e
ne avrà ragione per il gran danno che ci può fare, perché queste virtù,
derivando da tale radice, saranno sempre con qualche vanagloria, contrariamente
a quelle di Dio, dalle quali esula con essa anche la superbia.
10 - Non posso a meno di ridere, alle volte, nel vedere
quello che succede ad alcune anime. Quando sono in orazione, sembra loro di
esser disposte per amor di Dio ad ogni umiliazione e pubblico scherno; ma poi,
potendolo, nasconderebbero anche il più piccolo difetto!
Non parliamo se venissero accusate di una mancanza non
commessa! Dio ce ne liberi!.. Ora, chi non può sopportare queste cose, si
guardi bene dal far conto di ciò che in se stesso crede di stabilire, perché i
suoi propositi non sono che un effetto di pura immaginazione, non un'efficace
determinazione di volontà, nel qual caso la cosa sarebbe ben diversa.
È appunto per
l'immaginazione che il demonio tende i suoi lacci e i suoi inganni. E a quelli
che sono poco istruiti, come noi donne, ne può tendere moltissimi, perché non
sappiamo distinguere la differenza che passa fra le potenze e l'immaginazione,
né le molte altre cose che sono nel nostro interno.
Com'è facile, sorelle, distinguere fra voi chi ha il vero
amore del prossimo da chi non lo possiede
con tanta perfezione! Se comprendeste quanto importi tal
virtù, non vi applichereste ad altro studio.
11 - Quando vedo delle anime tutte intente a rendersi conto
dell'orazione che hanno, e così concentrate quando sono in essa da far pensare
che rifuggano dal più piccolo movimento e dal divertire il pensiero per paura
di perdere quel po' di gusto e di devozione che sentono, mi persuado che ancora
non conoscono come si arrivi all'unione. Pensano che sia tutto nel far
così.
No, sorella mia! Il Signore vuole opere. Vuole, ad esempio
che non ti curi di perdere quella devozione per consolare un'ammalata a cui
vedi di poter essere di sollievo, facendo tua la sua sofferenza, digiunando tu,
se occorre, per dare a lei da mangiare; e ciò non tanto per lei, quanto perché
sai che questa è la volontà di Dio.
Ecco in che consiste la vera unione con il volere di Dio!
Altrettanto se senti lodare una persona: devi rallegrarti
di più che se quelle lodi fossero per te. E questo ti sarà facile, se avrai
l'umiltà, nel qual caso le lodi sono piuttosto di pena. E ancora, godere che le
virtù delle sorelle, siano conosciute, sentir pena di un loro difetto, come se
fosse tuo, e cercare di coprirlo. Ma su questo punto mi sono già estesa in
altro luogo.
12 - Sorelle, se in
questo mancassimo, saremmo perdute! Piaccia a Dio che ciò non avvenga! Vi
assicuro che facendo come ho detto, otterrete di arrivare a questa unione,
mentre in caso contrario persuadetevi di non arrivarvi mai, nonostante che
possiate avere devozione e delizie spirituali sino a credere d'esservi giunte,
e andiate soggette, durante l'orazione di quiete, ad alcune piccole
sospensioni, in base alle quali certe anime credono che tutto sia fatto.
Pregate il Signore che vi
conceda l'amore del prossimo in tutta la sua perfezione e lasciate fare a
Lui.
Se da parte vostra vi sforzerete e farete il possibile per
procurarvelo; se costringerete la vostra volontà ad accondiscendere in tutte a
quella delle sorelle, anche a scapito dei vostri diritti; se nonostante tutte
le ripugnanze della natura, dimenticherete i vostri interessi per non attendere
che ai loro, e, presentandosene l'occasione, prenderete su di voi ogni fatica
per esentarne le altre, Egli vi darà più di quanto sappiate desiderare.
Non crediate che questo non vi debba costare, e che abbiate
già fatto ogni cosa. Considerate quanto
é costato al nostro Sposo l'amore che ha nutrito
per noi: per liberarci dalla morte ha subito la morte più crudele, quella della
croce.
Capitolo 4
Prosegue sul medesimo argomento e dichiara più ampiamente
questa specie di orazione - Quanto importi camminare con attenzione, perché il
demonio mette in opera ogni mezzo per far retrocedere
le anime dalla via
incominciata
1 - Mi pare che
bramiate conoscere cosa faccia la colombina e dove vada a riposarsi, perché,
sapendo ormai volare molto alto, non si ferma più né fra le dolcezze
spirituali, né fra le soddisfazioni della terra.
Ma non posso appagare il vostro desiderio che all'ultima
mansione; e anche allora piaccia a Dio che mi ricordi e abbia tempo di farlo.
Sono già cinque mesi che ho cominciato questo lavoro; e siccome la mia testa
non mi permette di rileggerlo, dev'essere un disordine completo, con alcune
cose dette forse due volte. Ma dovendo servire per le mie sorelle, non me ne
preoccupo.
2 - Vi voglio spiegare
più chiaramente in che consista l'orazione di unione, servendomi di un
paragone, conformemente al mio ingegno, e parleremo più a lungo di questa
piccola farfalla, la quale, benché non sappia fermarsi né trovare in nulla il
suo riposo, tuttavia non cessa di far del bene a sé e agli altri, nonostante
ogni contraria apparenza.
3 -
Avrete spesso sentito dire che Dio si sposa spiritualmente con le anime. Sia
benedetta la sua misericordia per tanta umiliazione!...
Si tratta di un paragone grossolano; eppure non trovo nulla
che faccia meglio intendere queste cose come il sacramento del matrimonio.
Certo che la differenza è molto grande, perché nell'alleanza di cui parliamo
non vi è nulla che non sia spirituale: quella corporea ne rimane molto lontana,
e lontane le mille miglia dai gusti e dalle consolazioni spirituali che qui il
Signore concede, sono pure le soddisfazioni di chi contrae matrimonio.
E.
l'amore
che si unisce all'amore, e si hanno operazioni così pure, delicate e soavi da
non aver parole per esprimersi. Ma il Signore sa farle sentire benissimo.
4 - Benché l'unione non arrivi ancora ad essere
fidanzamento spirituale, tuttavia vi succede come nel mondo, quando due devono
fidanzarsi: si esamina se uno conviene all'altro e se desiderano di unirsi, poi
si permette che si vedano, affinché ne siano entrambi soddisfatti.
Supponiamo nel caso nostro che il contratto sia già
stipulato, che l'anima sia ben informata di quanto quell'unione le convenga, e
sia decisa a sottomettersi in tutto alla volontà dello Sposo, non tralasciando
nulla di quanto vedrà di suo gradimento.
Intanto il Signore, vedendo che l'anima è proprio in queste
disposizioni, si dichiara contento di lei e, volendo farsi meglio conoscere, le
concede la grazia di venire, come suol dirsi, a un incontro, per poi unirla a
sé.
E tutto questo in brevissimo spazio di tempo, non essendovi
di mezzo più alcun contratto, ma soltanto uno sguardo, mediante il quale
l'anima vede - e in maniera molto misteriosa - chi sia lo Sposo che deve
prendere, riportandone una tale conoscenza, quale non potrebbe acquistare
neppure in mille anni con l'esercizio dei sensi e delle potenze.
Con quel semplice sguardo lo Sposo, essendo Quegli che è,
fa l'anima più degna di andare a dargli la mano, mentre l'anima ne rimane
talmente rapita da far poi tutto il possibile per realizzare il
fidanzamento.
Ma se invece si trascura sino a porre le sue affezioni
sopra altro oggetto che non sia Lui, perde ogni cosa, e con perdita tanto più
grave quanto più eccelse sono le grazie che Egli le terrebbe riserbate:
insomma, una perdita da non potersi descrivere.
5 - Anime cristiane
che Dio ha condotto fin qui, vi prego per amor suo di non mai trascurarvi e di
fuggire le occasioni, perché qui l'anima non è ancora così forte da saperle
affrontare come dopo il fidanzamento, che ha luogo nella mansione seguente.
L'incontro con lo Sposo qui è soltanto con uno sguardo; e il demonio mette in
moto ogni cosa per combattere l'anima e impedirle di fidanzarsi. Dopo invece,
vedendola tutta dello Sposo, va più a rilento e ne ha paura, conoscendo per
esperienza che se qualche volta l'assale, egli ne rimane con gran perdita, ed
ella con maggior vantaggio.
6 - Eppure ho
conosciuto alcune persone molto avanzate che dopo esser giunte sin qui, il
demonio è
riuscito a far sue, mediante insidie ed astuzie sottili.
Credo che, pur di riuscirvi, debba mobilitare
tutto l'inferno, essendo persuaso che rovinare un'anima
sola di queste è rovinarne una moltitudine.
V'è da ringraziare il Signore nel considerare il gran
numero di anime che Dio attira a sé mediante il concorso di una sola. Quante
migliaia ne han convertite i martiri! Quante una donzella come S. Orsola!
Quante ne ha rapite al demonio un S. Domenico, un S. Francesco ed altri
fondatori di Ordini! e quante gliene rapisce tuttora il P. Ignazio, fondatore
della Compagnia!
Se è vero che essi ricevevano da Dio queste grazie, come
appare dalla lettura della loro vita, è pur vero che, se giunsero a tanto, fu
solo perché si sforzarono di non andar privi, per loro colpa, di un sì divino
fidanzamento.
Ah, figliuole mie, il
Signore è disposto a darci grazie non meno oggi che allora. Anzi, sembra quasi
che oggi abbia maggior bisogno che si ricevano, perché pochi sono coloro che
zelano, come allora, la sua gloria. Ma è che amiamo troppo noi stesse!
Siamo troppo attente a non perdere i nostri diritti ! Oh
che grande inganno!...
Ci dia luce il
Signore nella sua infinita misericordia, per non cadere fra tante
tenebre!...
7 - Mi potreste
esporre od opporre due difficoltà. Primo: se l'anima è così conforme al volere
di
Dio, come si è detto, e non vuol fare in nulla la propria
volontà, come può cadere in inganno?
Secondo: per quali vie il demonio può introdursi in voi e
rovinarvi in maniera tanto pericolosa se siete lontane dal mondo, frequentate
tanto i sacramenti, senza poi dire che qui vivete in compagnia di angeli,
giacché, per bontà di Dio, ognuna di voi non desidera che di servire e piacere
in tutto al Signore? Che ciò accada a chi vive fra i pericoli del mondo,
nessuna meraviglia!
Vi rispondo che avete
ragione e che in questo il Signore ci ha fatto una grande grazia. Tuttavia,
quando penso che Giuda viveva con gli apostoli e conversava con lo stesso Dio
di cui udiva le parole, comprendo che non ci può essere sicurezza neppure nel
nostro stato.
8 - Rispondendo ora
alla prima difficoltà, dico che quest'anima non si perderebbe se si tenesse
continuamente unita alla volontà di Dio. Ma viene il demonio con le sue grandi
astuzie, e sotto colore di bene la distacca a poco a poco da quella divina
volontà in certe piccole cosette, ingannandola in varie altre col farle credere
che non siano cattive.
Le offusca l'intelligenza,
le raffredda la volontà, le fa crescere l'amor proprio; e così, da una in altra
cosa, la vien separando dal volere di Dio ed accostando al suo proprio.
Con questo rimane sciolta anche la seconda difficoltà,
perché non vi è clausura tanto stretta che al
demonio possa essere inaccessibile, né deserto così
sperduto che egli non sappia rintracciare.
Però vi faccio osservare
quest'altra cosa: il Signore potrebbe permettere tutto questo per vedere come
si diporti quell'anima di cui vorrebbe servirsi per illuminare le altre, perché
se ella ha da essere infedele, è meglio che lo sia subito, piuttosto di
divenirlo quando può far danno a molte altre.
9 - Ecco il rimedio
che mi sembra più efficace. Presupposto che si preghi continuamente per
chiedere a Dio che ci sostenga con la sua mano, pensando spesso che se Egli ci
abbandona, cadiamo subito e indubbiamente nell'abisso; presupposto di non mai
commettere la pazzia di confidare in noi stesse, dobbiamo esaminare con
particolare cura ed attenzione come ci esercitiamo nella virtù, se progrediamo
o torniamo indietro, specialmente in ciò che riguarda l'amore vicendevole, il
desiderio di essere tenute le ultime di tutte, e così pure come disimpegniamo
le cose ordinarie.
Esaminandoci seriamente e
pregando il Signore a illuminarci vedremo subito dove guadagniamo e dove invece
perdiamo.
Non
dovete credere che Dio, dopo avere elevato una anima tanto in alto, l'abbandoni
poi sì facilmente che il demonio, per ciò ottenere, non debba molto faticare.
Anzi, gli dispiace tanto la sua perdita che non cessa d'inviarle molti avvisi
interiori: per cui il pericolo che corre non le può essere nascosto.
10 - Insomma, procuriamo di andar sempre innanzi e temiamo
molto se non facciamo progressi, perché vuol dire che il demonio sta meditando
qualche assalto. Non avanzare è un segno molto cattivo, perché l'amore non è
mai ozioso: è impossibile che un'anima giunta tanto in alto cessi di andare
innanzi.
Se aspira a diventare sposa
di Dio, con il quale è già venuta ai primi accordi, non deve certo
dormire.
Intanto, figliuole
mie, per mostrarvi come il Signore tratta le anime che già considera sue spose,
entriamo a parlare delle seste mansioni, e vedrete come sia insufficiente per
disporci a tali grazie, non solo il poco che facciamo, ma neppure il molto che
potremmo fare e soffrire.
Ben può essere che il Signore abbia disposto che mi ordinassero
di scrivere queste cose, affinché, fissati gli sguardi sul premio, e vedendo
quanto sia infinita la sua misericordia nel manifestarsi e comunicarsi con dei vermi come noi, dimentichiamo
le nostre piccole soddisfazioni terrene, e corriamo infiammate dal suo
amore, occupate soltanto della sua grandezza.
11 - Piaccia a Dio che di
un argomento così difficile sappia almeno dire qualche cosa! Certo che se Egli
e lo Spirito Santo non muovono la mia penna, ne sarò affatto incapace.
Ma nel caso che questo scritto non vi debba essere di
profitto, prego i1 Signore di non permettermi di dir parola, non avendo io
altro di mira - come Egli conosce e io ne posso giudicare - che di dar gloria
al suo nome e ottenere che ci sforziamo di servirlo, dato che tanto ricompensa
fin da questa terra, dove le sue grazie ci fanno intravvedere quanto ci darà un
giorno nel cielo senza le interruzioni, i travagli e i pericoli che
s'incontrano in questo mare tempestoso. Sarebbe un gran conforto poter vivere e
lavorare sino alla fine del mondo per la gloria di un Dio così grande, nostro
Sposo e Padrone! Ma vi è il pericolo di offenderlo e di finire col
perderlo!...
Piaccia al Signore che
meritiamo di rendergli almeno qualche servizio, scevro di quelle imperfezioni
che sempre ci accompagnano, anche nelle buone opere! Amen.
SESTE MANSIONI
Capitolo 1
Quanto più grandi sono le grazie che il Signore comincia a
compartire, tanto più gravi sono i travagli che ne vengono - Si parla di alcuni
di essi, e si dice come li sopporti chi è entrato in questa
mansione - Utile
per le anime che soffrono pene interiori
1 - Con l'aiuto dello
Spirito Santo, veniamo ora a parlare delle seste mansioni, nelle quali l'anima,
già ferita dall''amore dello Sposo, cerca con maggior cura di starsene in
solitudine, sfuggendo, per quanto il suo stato glielo permette, tutto ciò che
la potrebbe distrarre. La vista dello Sposo l' ha così colpita, che ora ogni
suo desiderio è di tornare a goderlo. Qui veramente non si vede nulla per dover
usare la parola vista, neppure con l'immaginazione; ma se l'adopero è per il
paragone che ho adottato.
L'anima, dunque, è fermamente decisa di non prendere altro
sposo. Ma lo sposo, invece di guardare all'ardore con cui ella desidera che si
celebri il fidanzamento, vuole che i suoi desideri si rendano più intensi, e
che quel bene, superiore a ogni bene, le costi almeno qualche cosa.
È vero che di fronte a
un tanto bene vi è ben poco che valga; ma vi devo pur dire, figliuole, che non
meno grandi sono anche le prove che d'ora innanzi le succedono, tanto che per
sopportarle ha bisogno di quei pegni di cui si vede favorita.
Oh, mio Dio!... Quali pene
interiori ed esteriori deve mai ella soffrire prima di entrare nella settima
mansione!...
2 - In
verità, quando vi penso temo che, prevedendole, sia assai difficile che la
nostra debolezza si risolva a sopportarle, neppure con la prospettiva di una
infinità di vantaggi, a meno che non si sia
già arrivati alla
settima mansione, dove non si ha più paura di nulla e dove l'anima è
decisamente risoluta a sopportare qualsiasi cosa per amore di Dio. La ragione è
che allora è quasi sempre in intima unione col Signore, da cui le deriva ogni
forza.
Credo utile descrivervi alcune pene che qui si soffrono, e
che io conosco assai bene. Certo che non tutte le anime sono condotte per
questa strada. Tuttavia, quelle che Dio favorisce di tali cose di cielo, sia
pure ad intervalli, è mio parere che, in un modo o in un altro, debbano andar
soggette alle sofferenze della terra.
Non era mia intenzione fermarmi su di ciò; ma poi ho
pensato che la cognizione di ciò che soffrono le anime, a cui Dio comparte tali
grazie, può essere di conforto a chi si trova in dette angustie, nelle quali
sembra veramente che tutto sia perduto. Nel parlarne non seguirò l'ordine con
cui si succedono, ma come mi si presenteranno alla mente.
3 -
Voglio cominciare dalle più piccole, che sono le mormorazioni, tanto delle
persone con cui si hanno rapporti, come di quelle con cui non se ne hanno, e di
cui non si avrebbe mai pensato che potessero occuparsi delle cose nostre.
Dicono: « Vuol far la santa! Fa di tutto per ingannare il
mondo e screditare gli altri, che sono assai migliori di lei, benché senza
tante cerimonie! ». Si noti intanto che ella non fa proprio cerimonie, ma cerca
solo di osservare esattamente ciò che esige il suo stato. Tuttavia, quelli che
riteneva per amici si allontanano da lei, e facendosi suoi nemici l'assalgono
con i morsi più dolorosi e più sensibili: « Quell'anima è un'illusa! È in
inganno evidente! Sono artifizi del demonio! Le avverrà come a quella e a
quell'altra che andarono perdute! Dà motivo di screditare la virtù! Inganna i
confessori!...
E andranno a dirlo agli
stessi confessori, citando l'esempio di coloro che per quella, via si sono
perduti. E mille altri scherni e dicerie.
4 - Io so di una
persona che, al punto a cui le cose eran giunte, temeva di non poter più
trovare chi volesse confessarla. Non mi fermo a raccontare i particolari,
perché troppo numerosi.
Il peggio è che questa
guerra non termina tanto presto, ma dura tutta la vita, perché gli uni
raccomandano agli altri di stare in guardia e di non trattare con tali
anime.
Mi direte che vi sono anche di quelli che ne parlano
bene.
Si,
figliole, ma come pochi di fronte al gran numero dei denigratori! Del resto,
per quell'anima le lodi non sono che un motivo di tormento, perché, essendosi
veduta poco prima in grandi peccati e molto povera, riconosce che se ora ha
qualche bene, questo non è suo, ma di Dio che gliel' ha dato, per cui la stima
degli uomini le si fa intollerabile: almeno da principio, poi la pena
diminuisce, e ciò per più motivi.
Primo, perché l'esperienza
la persuade che gli uomini tono tanto pronti a dir bene che a dir male, per cui
non fa più conto di una cosa che dell'altra.
Secondo, perché Dio le fa
maggiormente conoscere non essere in lei alcun bene che non provenga da Lui, e
perciò non fa che ringraziarlo, dimenticando la parte che ella vi ebbe, quasi
sia di altri.
Terzo, perché
vedendo alcune anime far progressi nel conoscere le grazie di cui ella è
favorita, pensa che il Signore voglia ad esse giovare mediante la stima di cui
quelle la circondano senza suo merito.
Quarto, perché occupandosi dell'onore e della gloria di Dio
più che di se stessa, si sente libera dal timore, comune ai principianti, che
quelle lodi le siano di danno, come lo furono ad alcune persone di sua
conoscenza. Pur di ottenere che per suo mezzo Dio sia lodato una volta sola di
più, non si cura neppure di cadere nel disonore: avvenga quel che vuole
avvenire.
5 -
Queste ed altre ragioni attenuano la gran pena che le lodi le producono.
Tuttavia, ne sente sempre qualche cosa, a meno che non vi presti attenzione. Ma
incomparabilmente più grave di tutti
è il tormento di
vedersi pubblicamente ritenuti per buoni senza alcuna ragione.
Quando un'anima arriva a non curarsene, molto meno si
curerà delle critiche: queste anzi la ricreeranno come una musica soave. E ciò
è verissimo, perché i frutti di quel cammino fanno l'anima più forte: lei
stessa lo riconosce e vede che chi la perseguita non lo fa con offesa di Dio, ma
solo perché così Egli permette allo scopo di farle ricavare maggiori beni.
E siccome vede che è così,
circonda quelle persone di una tenerezza tutta particolare, le riguarda come le
sue amiche più sincere, perché le procurano maggiori vantaggi che non coloro
che dicon bene di lei.
6 - Oltre a ciò il
Signore suole inviare infermità molto gravi.
Questa prova supera la precedente, soprattutto quando i
dolori sono acuti: credo infatti che fra le prove esteriori non ve ne sia
alcuna sulla terra che eguagli il tormento di gravissimi dolori. Intendo dolori
molto forti: degli altri, ne vengano quanti vogliono.
Dolori siffatti mettono sossopra l'interiore e l'esteriore:
l'anima si altera, non sa più cosa fare, tanto
che pur di sottrarsi a quel tormento, accetterebbe di buona
voglia qualunque rapido martirio.
Bisogna però dire che il dolore non dura sempre nella sua
più alta intensità, perché Dio non dà più di quello che si può sopportare, e
prima di tutto infonde pazienza. Ma in via ordinaria manda sofferenze molto
gravi e malattie di ogni specie.
7 - Conosco una
persona che da quando cominciò ricevere la grazia di cui ho parlato, vale a
dire da quarant'anni a questa parte, può affermare di non aver mai avuto un sol
giorno senza dolori e senza soffrire in diverse altre maniere, tanto per
mancanza di salute corporale che per altri travagli molto gravi.
È vero che era stata
molto cattiva, e perciò di fronte all'inferno che aveva meritato, stimava tutto
poca cosa. Forse chi non ha tanto offeso il Signore sarà condotto per altre
vie, ma io preferisco sempre quella della croce, se non altro per imitare
nostro Signore Gesù Cristo. Lo farei anche se non vi fosse alcun altro
vantaggio: a maggior ragione nel vederne un sì gran numero.
8 - Che dire poi delle
pene interiori? Se si potessero ben descrivere, come parrebbero leggere le
esteriori! Ma chi può descriverle nella maniera in cui si sentono?
Cominciano col tormento d'incontrarci con un confessore
così pauroso e poco sperimentato che non trova nulla di sicuro. Vedendo cose
straordinarie, teme di tutto, dubita di tutto e condanna tutto come opera del
demonio o effetto di melanconia, specialmente se nell'anima così favorita viene
a
scorgere qualche
imperfezione, quasi che le persone a cui Dio fa tali grazie, debbano essere
angeli, cosa assolutamente impossibile finché siamo in questo corpo.
Ciò del resto non mi meraviglia. Ai nostri giorni la
melanconia ha invaso il mondo: si è tanto diffusa, e il demonio se ne serve per
tanti mali, che i confessori han ragione di temere e di guardarsene
attentamente.
Ma la povera anima che,
essendo agitata dai medesimi timori, ricorre al confessore come a un giudice e
si vede da lui condannata, cade in preda ad angosce e a inquietudini così vive
da non essere comprese se non da chi le ha provate.
Altro supplizio di tali anime - specialmente se sono state
imperfette - è di pensare che Dio permetta tale inganno in castigo dei loro
peccati. È vero che quando ricevono tali grazie ne sono affatto sicure, e
nemmeno possono dubitare che non siano dallo spirito di Dio; ma siccome quei
favori passano rapidamente, mentre il ricordo dei peccati persevera, il loro
tormento non tarda molto a ricominciare, specialmente se vedono in sé dei
difetti, che non mancano mai. Godono un po' di pace quando il confessore le
rassicura; ma se egli le impaurisce, la loro pena diviene insopportabile,
specialmente se sono in una di quelle aridità in cui pare che non si abbia mai
avuto, né si avrà mai alcun pensiero di Dio, udendo parlare del quale sembra
che si accenni a una persona che si è sentita nominare molto tempo
addietro.
9 - Ma questo è ancora
nulla. Guai se oltre a ciò l'anima si lascia vincere dal timore di non sapersi
manifestare e di ingannare i confessori! Allora non le giova a nulla neppure
se, esaminandosi attentamente, non scorge in sé nemmeno un primo moto che tenga
loro nascosto. L'intelletto è così al buio che non è più capace di vedere la
verità, crede a tutte le rappresentazioni della fantasia, che allora è padrona,
e a tutte le insinuazioni del demonio a cui Dio deve certo permettere di porre
l'anima alla prova, sino a farle intendere di essere da Lui rigettata.
Sono tanti gli assalti da
cui è combattuta, ed ha un'angoscia interiore così tormentosa e intollerabile,
che io non so ad altro paragonarla che alle pene dell'inferno. In tanta
tempesta, ogni consolazione è proscritta; e se ne cerca qualcuna dal
confessore, le vien da pensare che tutti i demoni si colleghino con lui per
tormentarla di più.
Un confessore che dirigeva
un'anima sottoposta a questo supplizio le aveva detto, dopo che la prova era
passata, che quando vi andasse soggetta, glielo facesse sapere, perché
quell'angoscia, risultando da tante cose, gli pareva molto pericolosa.
Ma siccome il male peggiorava dovette persuadersi che
neppur lui vi poteva nulla. Se quell'anima prendeva un libro in volgare, le
accadeva di non capirvi niente, come se non conoscesse neppur l'alfabeto, benché
sapesse leggere benissimo: la sua intelligenza ne era affatto incapace.
10 - Per questa tempesta non vi è rimedio di sorta: bisogna
aspettare la misericordia di Dio, il quale, con una sola parola o con qualunque
fortuito avvenimento, toglie immediatamente ogni angoscia quando meno si
pensa.
Allora l'anima si sente
inondata di gioia, e così piena di sole da sembrarle di non essere mai stata
fra le tenebre. È come un soldato uscito vittorioso da una tremenda battaglia,
e ringrazia il Signore che ha combattuto per lei, ottenendole di vincere.
Da parte sua è
persuasissima di non aver affatto combattuto, perché le armi con cui poteva
difendersi le sembravano tutte fra le mani dei nemici. E così conosce la sua
grande miseria e il poco che noi possiamo, quando Dio ci abbandona.
11 - Le pare che per
intendere questa verità non abbia più bisogno di riflettere, perché
l'esperienza avuta e la totale impotenza in cui si è trovata le hanno fatto
conoscere il nulla del nostro essere e la bassezza della nostra miseria.
Durante quella tempesta non ha offeso e non avrebbe offeso
il Signore per alcuna cosa al mondo: perciò è in grazia, ma ella non lo sente.
Anzi, le pare di non avere in sé neppure una scintilla di amor di Dio, né di
averne mai avuto, sogno le buone opere compiute, e fantasia le grazie da Dio
ricevute. Non vede altro che i suoi peccati, e questi con chiarezza.
12 - Oh, Gesù! ... Che spettacolo veder un'anima così
abbandonata, a cui giovano a nulla tutte le consolazioni della terra! Sorelle,
se vi succede di trovarvi in questo stato, non crediate che i ricchi e quelli
che godono libertà siano in grado di aver rimedio più di voi. No, no.
A quel modo che tutti i piaceri del mondo, posti innanzi ai
condannati a morte, non solo non li confortano, ma accrescono il loro tormento,
così qui, perché si tratta di una pena che vien dall'alto e non può esser
guarita da alcuna cosa al mondo. Dio vuole che conosciamo la sua sovranità e la
nostra miseria, essendo ciò importantissimo per quello che ha da venire.
13 - Che deve fare la povera anima se quel suo stato si
prolunga per vari giorni? Se prega, è come se non pregasse (in riguardo, dico,
ad averne consolazione) perché non solo non penetra il senso della preghiera,
ma non sa neppure cosa dice, nonostante preghi vocalmente.
Per l'orazione mentale, meno che meno: le sue potenze non
vi sono disposte. Di maggiore pregiudizio le è pure la solitudine: e, ciò
nonostante, non può soffrire la compagnia, né sentire alcuno che le parli senza sperimentarne un nuovo e particolare
tormento.
E così, malgrado ogni suo
sforzo in contrario, non può a meno di mostrare all'esterno una certa noia e
malumore che è impossibile non vedere. Sa dire ciò che prova? No.
Si tratta di cose indicibili, di pene ed angustie
spirituali che non si sanno nominare. Il miglior rimedio, non già per farle
scomparire - che non ve n'è - ma solo per poterle alquanto sopportare, è di
occuparsi in opere di carità o in altre cose esteriori, fiduciosi nella
misericordia di Dio che non manca mai a chi in Lui confida. Sia Egli sempre
benedetto! Amen.
14 - Quanto alle sofferenze esteriori causate dal demonio,
non credo utile parlarne, perché devono essere molto rare e non tanto penose.
Per quanto facciano, credo che i demoni non arrivino mai a inabilitare le
potenze e a turbare l'anima nel modo che ho detto, rimane sempre la ragione per
pensare che non possono andare più in là di quanto il Signore permette; e
finché rimane la ragione, ogni pena è leggera di fronte a quello che ho
detto.
15 - Parleremo di altre
pene interiori trattando dei diversi modi di orazione e dei favori che Dio
accorda in queste mansioni.
Molte di esse superano in intensità le precedenti, come
appare dallo stato in cui lasciano il corpo. Tuttavia non meritano il nome di
pene, e non è giusto che così si chiamino: sono elettissime grazie di Dio,
riconosciute come tali anche dall'anima che le soffre, tanto da giudicarle
superiori a ogni suo merito.
La più grande di
queste pene sopraggiunge all'ingresso della settima mansione, ed è accompagnata
da molte altre. Parlerò soltanto di alcune, perché di tutte è impossibile, come
è impossibile dichiararne la natura.
Hanno un'origine molto più
alta delle precedenti; e se di quelle che sono di ordine più basso io non ho
saputo dire che questo, meno ancora ne saprò dire della altre. Si degni Iddio,
per i meriti di suo Figlio, di prestarmi in tutto il suo aiuto! Amen.
Capitolo 2
Diversi modi con i
quali Iddio eccita l'anima - Si tratta di favori molto grandi e preziosi, nei
quali,
a quanto sembra,
non vi è nulla da temere
1 -
Sembra che abbiamo dimenticato la nostra piccola colomba, ma non è così perché
le prove di cui ho parlato sono appunto quelle che la impennano a un volo più
alto. Cominciamo ora a vedere come lo Sposo si comporta con lei.
Prima di darsi a lei totalmente, la fa sospirare a lungo,
usando certi mezzi molto delicati che la stessa anima non comprende, e che io
non penso di saper spiegare se non per farmi intendere da chi ne ha
l'esperienza. Si tratta di certi impulsi che procedono dal profondo dell'anima,
così delicati e sottili da non aver paragoni neppure per darne un'idea.
2 - Differiscono molto
da quei sentimenti che possiamo procurare da noi stessi, come pure da quei
gusti spirituali di cui abbiamo parlato. Spesso, quando
meno si pensa e neppure si è occupati di Dio,
Sua Maestà scuote l'anima come per un colpo di tuono o a
guisa di cometa che passi rapidamente.
Non si sente alcun rumore,
ma l'anima intende che Dio l' ha chiamata, e lo intende così bene che alle
volte, specialmente sul principio, trema ed esce in lamenti, benché nulla le
dolga.
Sente di essere stata
ferita, ma non sa da chi, né in che modo. Però riconosce che è una ferita
preziosa e non vorrebbe guarirne.
Si lamenta con lo Sposo con esterne parole di amore, senza
potersi frenare, perché conosce che Egli
è presente
e che ciò nonostante non vuol manifestarsi onde non lo goda. Intensissima è la
pena che ne sente, ma deliziosa e soave: l'anima non potrebbe sottrarsene,
neppure volendolo.
Del resto, non lo vorrebbe
nemmeno, perché prova più gioia in questa pena che non nella deliziosa
sospensione dell'orazione di quiete, priva di ogni pena.
3 - Sto struggendomi
per darvi ad intendere in che consista questa operazione di amore, ma non so
come fare. Dire che l'Amato dia chiaramente a conoscere di essere con l'anima,
e che ciò nonostante chiami l'anima con un segno così evidente da escludere
ogni dubbio, con un fischio così penetrante che essa ode e le è impossibile di
non udire, sembra importare contraddizione.
Eppure, pare che lo Sposo, dalla settima mansione ove
risiede, faccia sentire la sua voce senza dire parola, e che gli abitanti delle
altre mansioni - sensi, immaginazione e potenze - non osino muoversi.
O mio potente Signore, come sono grandi i vostri segreti!
Come diverse le cose dello spirito da quanto si può vedere e intendere quaggiù,
dove non c'è nulla che possa lumeggiare un fenomeno come questo, che pure è
tanto piccolo di fronte ai molti che Voi operate nelle anime!
4 - L'effetto che ne risulta è che l'anima si va
struggendo in desideri, pur senza sapere cosa brami, perché vede d'avere Iddio
con sé.
Voi mi direte: Ma se
l'anima ha questa conoscenza, che altro desidera? Di che si affligge? Che cosa
vuole di più?
Non lo so. Ma so che questa pena sembra compenetrarla
intimamente, e che quando le vien tolta la saetta da cui è stata ferita, le
pare, per il grande amore di cui arde, che con la saetta le strappino pure le
viscere.
Ecco ciò che mi vien da pensare. Non potrebbe essere che
dal fuoco dell'acceso braciere che è il mio Dio, si fosse spiccata una
scintilla e fosse venuta a toccare l'anima facendole sentire l'ardore di
quell'incendio? Non potrebbe essere che, essendo una scintilla molto deliziosa
ma non tanto forte per consumarla, lasciasse l'anima in balìa della pena
prodottale nel toccarla?
Ecco, a mio parere, il miglior paragone che ho potuto
trovare.
Si tratta di un dolore delizioso che non è dolore e che non
si fa sempre sentire nel medesimo grado. Alle volte dura a lungo e alle volte
pochissimo, conforme piace al Signore comunicarlo, non essendo cosa che si
possa ottenere con industria umana.
Anche se si prolunga per un
buon tratto di tempo, non è mai costante, ma va e viene. Perciò l'anima non
finisce mai di abbruciarsi. Anzi, quando sta per accendersi, la scintilla si
spegne, ed ella rimane con il desiderio di tornare all'amoroso tormento di cui
quella scintilla le è causa.
5 - Qui non si tratta
né di un effetto della natura o della melanconia, né di un'illusione prodotta
dal demonio o dall'immaginazione: lo si vede assai bene, e se ne può essere
sicuri.
E.
un
movimento che proviene da dove abita Colui che è immutabile, e i cui effetti
sono molto diversi da quelli delle altre devozioni, nelle quali il profondo
assorbimento causato dal gusto spirituale può appunto ispirare qualche dubbio.
Siccome i sensi e le potenze non sono sospesi, vanno considerando ciò che
succede, ma senza mettervi ostacolo. Anzi, quanto a quella pena deliziosa,
credo che non possano far nulla, né aumentarla né toglierla.
Chi ha ricevuto da Dio questa grazia - e se l' ha ricevuta
lo vedrà benissimo leggendo questo scritto
- lo
ringrazi infinitamente e non abbia paura di essersi ingannato. Tema soltanto di
mostrarsene ingrato, e faccia il possibile per meglio servire il Signore e
perfezionare la propria vita.
Allora Iddio non cesserà di favorirlo e non si sa dove
andrà a finire. Una certa persona che aveva ricevuto questa grazia l'aveva
goduta per vario tempo, ne era talmente contenta che con essa si sarebbe
ritenuta abbondantemente ripagata anche se avesse servito il Signore per molti
anni in mezzo a grandi sofferenze. Sia Egli per sempre benedetto! Amen.
6 - Può essere che mi
domandiate perché questo favore sia più sicuro degli altri. Ed eccone le
ragioni. Primo, perché credo che il demonio non produca mai una pena così
deliziosa come questa. Se può dar delizie e soavità che sembrano spirituali,
non è però in suo potere unire alla sofferenza - e a tale sofferenza - tanta
gioia e tranquillità di spirito.
La sua potenza non si
esplica che al di fuori; e le sue pene, quando le produce, nonché essere
deliziose e tranquille, sono torbide e inquiete.
Secondo, perché
questo dolce uragano si scatena da una regione nella quale il demonio non può
far nulla.
Terzo, per i grandi vantaggi che ne derivano all'anima, i
più comuni dei quali sono, fra gli altri, la risoluzione di patire per Iddio,
il desiderio di avere molte croci e una determinazione fermissima di fuggire le
soddisfazioni e le conversazioni del mondo, e altre cose consimili.
7 - Che non sia
effetto d'immaginazione, lo si prova con l'incapacità di riprodurlo, neppure
volendolo. È così chiaro, che l'illusione ne è assolutamente impossibile:
impossibile, dico, che ci sembri essere quando non è, o si possa solo
dubitarne.
Anzi, se si rimane con dubbio - d'esserne o di non esserne
stati favoriti - bisogna dire che non sono veri impeti, perché questi si fan
sentire così bene, come alle orecchie del corpo una voce molto forte.
E nemmeno si può dubitare che provenga da melanconia,
perché questa fabbrica le sue chimere nell'immaginazione, mentre la pena di cui
parlo procede dall'interno dell'anima. Ben può essere che m'inganni ma fino a
quando persone competenti non mi apporteranno altre ragioni, io sarò sempre di
questo parere.
So di un'anima che temeva
sempre di essere in inganno: eppure di questa orazione non poté mai
dubitare.
8 - Il Signore ha pure
altri mezzi per eccitare l'anima. Talvolta, ad esempio, mentre si prega
vocalmente, senza alcun pensiero di cose interiori, par di sentire, tutto a un
tratto, una certa soave infiammazione, simile a un profumo molto delizioso che
ci investa d'improvviso, diffondendosi per tutti í sensi.
Non già che si senta profumo o altra cosa somigliante: se
adopero questo paragone, è per far intendere che lo Sposo è presente e che
muove l'anima a un dolcissimo desiderio di goderlo, per cui essa rimane
disposta a grandi atti e a impiegarsi tutta nel lodarlo.
L'origine di questa grazia - che per l'anima è assai
ordinaria - è la medesima della precedente. Tuttavia non vi è nulla che dia
pena, neppure i desideri di vedere Iddio. Per alcune ragioni già dette, mi pare
che non vi sia da temere nemmeno qui: ma bisogna ricevere questo favore con
rendimento di grazie.
Capitolo 3
Ancora sul medesimo argomento e dice del modo con cui Dio
parla alle anime: nel qual caso non bisogna condursi a seconda dei propri lumi
- Alcuni segni per conoscere se vi sia o non vi sia
illusione -
Capitolo molto utile
1 - Ecco un altro modo
con cui Dio suole eccitare le anime. Sembra una grazia superiore alle
precedenti; ma siccome può andar soggetta a maggiori
pericoli, ne voglio parlare un po' più a lungo.
Si tratta di certe parole che Egli dice all'anima e che
possono essere di diverso genere. Alcune sembra che vengano dal di fuori, altre
dall'intimo più segreto dell'anima, altre dalla sua parte superiore, ed altre
dall'esterno, in modo da udirle con le orecchie del corpo e da sembrare che
siano dette con voce articolata.
Qualche volta -
spesso, anzi, - possono essere effetto di fantasia, specialmente in persone di
debole immaginazione o melanconia: intendo di una melanconia notevole.
2 - Secondo me, di
queste due classi di persone, non è il caso di occuparsi, neppure se dicono di
vedere, sentire ed intendere; e guardarsi anche dall'inquietarle con dir loro
che sono vittime del demonio, ma ascoltarle come persone inferme.
La Priora o il confessore, con cui esse si confidano,
raccomandino loro di non annettervi importanza, perché nel servizio di Dio non
è questo che vale, e che per tale via il demonio ne ha ingannati parecchi.
Tuttavia, per non affliggerle di più - che già lo sono per
il loro umore - aggiungano che così non sarà di loro. Dicendo che si tratta di
melanconia, non si finirebbe più: affermerebbero di vedere e di sentire anche
con giuramento, perché a loro sembra proprio così.
3 - Bisogna
dispensarle dall'orazione e far di tutto per indurle a non curarsi di quel che
sentono, perché il demonio, anche se non nuoce a queste anime ammalate, può
servirsi di esse per far del male alle altre. Ma si tratti di anime inferme o
sane, in queste cose bisogna sempre diffidare, fino a quando non si abbia
conosciuto da che spirito provengano.
Perciò da principio è sempre meglio opporsi: se sono cose
di Dio, le prove non serviranno che a farle crescere e ingrandire di più.
Tuttavia, bisogna guardarsi dall'inquietare e stringere troppo l'anima, perché
qui essa non può far altro.
4 - Ritornando ora
alle locuzioni interiori di cui ho parlato, in qualsiasi modo esse avvengano,
possono procedere da Dio, dal demonio o dalla propria immaginazione. Voglio ora
dire - se con l'aiuto di Dio vi riuscirò - quali siano i segni per riconoscere
la loro origine e quando possono essere pericolose.
Molte sono le persone di
orazione che ne vanno favorite, e io vi vorrei persuadere, sorelle, che non vi
è alcun male, sia nel prestarvi che nel non prestarvi fede.
Quando riguardano soltanto voi, e sono parole di
consolazione, oppure di avviso circa i vostri difetti, qualunque ne sia
l'autore - siano pure effetto di fantasia - importa poco. Solo che non abbiate
a credere - neppure se vengono da Dio - che per questo siate migliori delle
altre.
Forse che Egli non ne ha dette molte anche ai farisei?...
L'importante è di trarne profitto. Di quelle che non sono pienamente conformi
alla sacra Scrittura, non fatene più conto che se le udiste dal demonio in
persona.
Dobbiamo ritenerle per una
tentazione contro la fede anche se sono frutto di nostra debole immaginazione, e resistere sino a farle cessare. E
cesseranno sicuramente, perché non hanno forza.
5 - Per giudicare se
tali parole vengano da Dio, non è buon criterio badare al modo con cui si
sentono, se dall'esterno, dall'interno dell'anima o dalla sua parte superiore.
Secondo me, i segni più sicuri sono i seguenti.
Il primo e più rassicurante
è la sovrana potenza che quelle parole hanno in sé, perché sono insieme parole
ed opere.
Mi spiego meglio.
Un'anima si trova immersa in quelle pene ed inquietudini interiori di cui ho
parlato, arida e con l'intelletto fra le tenebre; ma con una sola di quelle
parole, come: Non affliggerti! ella si ritrova nella pace e nella tranquillità,
immersa nella luce e affatto libera da quella afflizione da cui credeva di non
poter essere alleviata neppure da tutto il mondo e da tutti i dotti insieme
uniti, malgrado ogni loro sforzo nel suggerirle ragioni per calmarsi.
È forse
afflitta e piena di paura perché il confessore o altre persone le hanno detto
che si tratta del demonio; ma a questa sola parola: Sono io, non temere! si
riacquieta completamente, rimane piena di consolazione, e le pare che più
nessuno le possa far credere altra cosa.
Altre volte invece si trova gravemente preoccupata per
alcuni affari importanti che non sa come andranno. Le vien detto di
rassicurarsi perché tutto andrà bene, e ne esce più che certa, e pienamente
tranquilla. E così si dica di molti altri casi.
6 - Il
secondo segno è che l'anima rimane in una grande quiete, in un devoto e
pacifico raccoglimento e in una disposizione che la porta a lodare Iddio.
Oh, Signore! ... Se ha
tanta forza una parola trasmessa per un vostro paggio, - giacché in questa mansione,
a quanto dicono, non siete Voi che parlate, ma un vostro angelo, - che cosa
farete Voi quando l'anima vi sarà unita e Voi lo sarete con lei mediante
l'amore?
7 - Il terzo segno è
che queste parole non escono di mente neppure dopo moltissimo tempo. Alcune poi
non si dimenticano mai, ciò che non avviene di quelle che si odono quaggiù;
dico di quelle che udiamo dagli uomini, le quali, benché dette da persone gravi
e sapienti, tuttavia non s'imprimono come queste, né come queste si credono nel
caso che si riportino ad avvenimenti futuri.
Queste infatti lasciano con una certezza assoluta, per cui,
anche se sul loro avveramento sorgono dei dubbi, e l'intelletto - trattandosi
di cose che paiono impossibili - si rilasci alquanto e vacilli, l'anima perdura
in tale sicurezza da non mai dubitarne, nonostante le sembri che tutto vada al
contrarío di quanto abbia inteso.
Passeranno pure degli anni,
ma ella non cesserà di pensare che Dio le avvererà, ricorrendo anche a dei
mezzi che gli uomini nemmeno sospettano, come sempre avviene.
Non lascia però di soffrirne se all'avveramento si
frappongono ostacoli. Anzi, siccome le furono
rivolte molto tempo addietro, e non sente più gli effetti e
la certezza di allora sulla loro origine,
l'assalgono dei dubbi, e si domanda se non siano state dal
demonio o dalla sua immaginazione.
Però, quando le intende,
non solo non ha alcun dubbio, ma per attestarne la verità sarebbe pronta a
morire.
Secondo me, queste incertezze devono provenire dal demonio
che cerca di angustiare e intimorire l'anima soprattutto se dall'avveramento
delle parole intese devono seguire immensi beni agli altri, o si tratta di
opere di grande onore e servizio di Dio.
Se poi si frappongono difficoltà, oh, come se ne giova il
maligno!
Se non altro per indebolire
la fede. E non credere che Dio sia così potente da far cose superiori alla
nostra intelligenza, è già un gran danno.
8 - Però, nonostante tutti questi assalti,
nonostante che i confessori affermino che sono illusioni, nonostante che un
gran numero d'incidenti diano a credere che l'avveramento sia impossibile,
rimane sempre - non so dove - una così viva scintilla di
certezza che la stessa anima non potrebbe
spegnere neppure volendolo, neanche allora che tutte le
altre speranze fossero già morte.
Finalmente la parola di Dio si avvera, e l'anima ne rimane
così lieta da non voler altro che effondersi in continue lodi al Signore, a ciò
mossa più dal vedere adempito quello che Egli le disse, che non dalla stessa
opera, malgrado che per lei possa essere di grandissima importanza.
9 - Non so perché
l'anima abbia tanto interesse che queste locuzioni si avverino. Non credo però
che, mancandone l'avveramento, ella ne abbia tanta pena, perché dopo tutto, non
fa che riferire quanto le vien detto.
In simili circostanze una persona si ricordava del profeta
Giona quando temeva che Ninive non venisse distrutta. Del resto, siccome si
tratta dello spirito di Dio, che è somma verità, è giusto che l'anima gli si
mostri fedele, desiderando che non sia sorpreso in menzogna. Perciò grandissima
è la sua gioia, quando dopo mille alternative e malgrado ogni difficoltà,
assiste all'avveramento di ciò che ha inteso. Preferirebbe sopportare ogni
travaglio piuttosto che non si adempissero le parole che indubbiamente ella
crede di Dio.
Forse non tutte le anime
avranno questa debolezza, se debolezza può chiamarsi. Per conto mio, non la
ritengo cattiva, e non oso condannarla.
10 - Quando tali parole provengono dall'immaginazione non
hanno alcuno di questi segni, non la certezza, non la pace, non il gaudio
interiore, eccetto il caso che si sentano quando l'anima è profondamente
assorta nell'orazione di quiete o nel sonno spirituale. So che la cosa è
possibile, perché avvenuta a persona di mia conoscenza.
Vi sono anime di temperamento o d'immaginazione così
,deboli - o non so per che altra causa - che una volta immerse in questo
profondo raccoglimento, rimangono talmente fuor di sé che dall'esterno non
sentono più nulla: i sensi sono tutti assopiti, ed esse somigliano a uno
addormentato, per non dire che alle volte dormano per davvero.
In questo stato s'immaginano,
quasi sognando, che alcuno parli con loro; vedono delle cose e pensano che
siano da Dio, benché in fine non rimangano che con gli effetti di un
sogno.
Può anche avvenire ciò che alle volte accade veramente:
cioè, che mentre pregano il Signore con grande devozione, sembri loro che Egli
risponda in conformità dei desideri che hanno. Tuttavia, chi ha grande
esperienza non potrà mai scambiare le parole di Dio con quelle
dell'immaginazione.
11 - Il timore più grande è
che siano dal demonio. Ma se hanno i segni che ho detto, si può essere sicuri
che sono da Dio.
Tuttavia, benché sembri e si sia convinti che vengano da
Lui, non bisogna mai esserne così persuasi da fare alcuna cosa - o anche solo
pensarla - senza il consiglio di un confessore dotto, prudente e vero servo di
Dio, specialmente se tali parole importino cose gravi da dirsi o da farsi,
concernenti tanto la stessa anima che altre persone.
Questa è la volontà di Dio, e con questo si osserverà il
suo comando, avendoci Egli detto di tenere il confessore il luogo suo. Ecco
delle parole sulla cui provenienza non si può, dubitare, e che sono di grande
incoraggiamento nelle difficoltà.
Il Signore assisterà
il confessore e, volendolo, lo porterà a credere che si tratta del suo spirito.
In caso contrario, non si sarà obbligate a nulla. Agire diversamente e condursi
secondo il proprio parere mi sembra molto pericoloso. Perciò, sorelle, vi
raccomando, da parte di nostro Signore, di non far mai così.
12 - Iddio parla anche in
un altro modo, con una azione che mi pare molto evidente: cioè, come appresso
dirò, per via di visione intellettuale.
Il fatto si svolge nel più intimo dell'anima: con l'udito
dell'anima s'intende il Signore che pronuncia delle parole, ma in un modo così
chiaro e segreto da non dovervi temere alcuna ingerenza diabolica, sia per la
maniera con cui s'intende, come per gli effetti che ne vengono e che ci
permettono di crederlo. Se non altro si ha la sicurezza che ciò non viene
dall'immaginazione: sicurezza che con un po' di avvertenza si può sempre avere
per le ragioni seguenti.
Primo, per la differenza
che v'interviene in fatto di chiarezza, tanto che dalle parole di Dio non si
può togliere una sillaba senza che ce n'accorgiamo, ricordandoci perfino se ci furono
dette in questa o in quella maniera, benché nell'una e nell'altra si abbia
sempre il medesimo senso; mentre le parole dell'immaginazione non sono né
chiare, né distinte, ma come mezzo sognate.
13 - Secondo, perché spesso non vi si pensa neppure: vengono
all'improvviso, anche in mezzo a una conversazione. Se qualche volta rispondono
ai pensieri che passano allora per la mente, oppure a quelli che si ebbero
prima, spesso riguardano avvenimenti non mai pensati, né creduti possibili.
Perciò l'immaginazione non potrebbe fabbricarle, né ingannare l'anima col farle
credere una cosa mai desiderata, voluta o conosciuta.
14 - Terzo, perché nelle
locuzioni di Dio l'anima è come una persona che ode, mentre in quelle
dell'immaginazione è come una che compone a poco a poco quel che desidera di
udire.
15 - Quarto, perché le
parole sono molto differenti: con una sola di Dio si comprendono più cose che
non sappia comporne l'intelletto in così breve spazio di tempo.
16 - Quinto, perché spesso, mentre si percepiscono, si
comprende assai di più di quello che esse significano, benché senza suoni e in
un modo che io non so spiegare. Ma di questo modo d'intendere parlerò altrove
più a lungo, perché si tratta di una cosa molto sorprendente che serve a far
lodare il Signore.
Intorno a questi modi d'intendere, alcune persone hanno
avuto dei dubbi, specialmente una che ne
ha sofferto moltissimo, e come lei ve ne saranno altre che
non finiranno mai di rassicurarsi.
Quella persona ne è stata
favorita molte volte, per cui ha potuto esaminare la cosa con maggiore
attenzione. Da principio il suo timore più grande era che si trattasse di una
sua fantasia.
Se è il demonio che parla, lo si conosce più presto. È vero
che le sue astuzie sono molte e che sa trasformarsi anche in angelo di luce; ma
ciò soltanto nelle parole, pronunciandole così chiare come quelle dello spirito
di verità senza lasciare alcun dubbio.
Tuttavia non potrà simularne gli effetti: non solo non
lascerà nella tranquillità e nella luce, ma riempirà di confusione e
d'inquietudine. Aggiungo però che se l'anima è umile e nonostante le parole che
ode, non agirà che dopo aver preso consiglio, il demonio non le potrà fare gran
danno: anzi, non gliene farà affatto.
17 - Se si tratta di
grazie e di favori divini, l'anima consideri attentamente se per essi si
ritenga migliore. Se non rimane tanto più confusa quanto più amorevoli sono le
parole che intende, si persuada che non sono da Dio, essendo assolutamente
sicuro che quando vengono da Lui, più il favore è grande e più l'anima si
umilia, più ricorda i suoi peccati, più dimentica i suoi interessi, più si
applica con memoria e volontà a procurare l'onore di Dio, trascura di più i
suoi progressi e più si guarda dall'opporsi al suo volere, rimanendo
maggiormente convinta di aver essa meritato, non già quelle grazie, ma
l'inferno.
Se i doni e i favori
dell'orazione producono questi effetti, l'anima deponga ogni dubbio e confidi
nella misericordia di Dio che è fedele, e non permetterà mai al demonio
d'ingannarla. Tuttavia, è bene andar sempre con timore.
18 - Chi non è condotto per questa strada, può forse
pensare che, per liberarsi da ogni pericolo, sia meglio non ascoltare quanto
vien detto; e se le locuzioni sono interiori, distrarsi in modo da non
intenderle. Ma ciò è impossibile.
Prescindo dalle parole
dell'immaginazione, alle quali ci si può opporre facilmente col non farne caso
e col non nutrire desideri troppo forti. Ma quanto alle altre, non v'è rimedio
che valga, perché
lo spirito che parla arresta ogni pensiero e rende così
attenti a quanto dice, da sembrare che sia
meno impossibile a una persona di finissimo udito non
intendere chi le parli molto forte.
Tuttavia questa persona può
sempre divertire l'attenzione e fissare il pensiero e l'intelligenza in altre
cose. Ma qui no, perché non vi sono orecchie da chiudere, né possibilità di
pensare ad altro fuorché a quanto vien detto.
Può arrestare le nostre
potenze e tutto il nostro interiore solo Colui che, pregato da Giosué, ha
fermato il sole.
E da ciò l'anima comprende
che un Signore assai grande governa il castello: cosa che la compenetra di
devozione ed umiltà. No, non vi è alcun mezzo per evitare di ascoltarlo.
Si degni Sua Maestà di
dirigere i nostri pensieri a non contentare che Lui, dimenticandoci di noi
stessi! Amen!
Piaccia a Dio che mi sia
spiegata nel modo che mi sono prefisso, e che sia di qualche utilità a coloro
che avranno queste grazie!
Capitolo 4
Iddio sospende
l'anima nell'orazione mediante i rapimenti, le estasi e i ratti: insieme di
cose che
credo formino un
tutt'uno - Per ricevere da Dio grandi grazie occorre un coraggio particolare
1 - Che
riposo può mai avere la povera farfalletta fra i travagli e le altre cose di
cui ho parlato? Tutto contribuisce a farle desiderare il godimento dello
Sposo.
Intanto, il Signore che
conosce la sua debolezza, la va abilitando con questi e molti altri espedienti,
affinché si animi ad unirsi a Lui, prendendolo per suo Sposo.
2 - Voi forse riderete
nel sentirmi parlare in questo modo, e vi parrà di udire una sciocchezza,
sembrandovi che per far questo non occorra aver del coraggio, poiché a nessuna
donna, neppure della più bassa condizione, può mancar animo di sposarsi con un
re.
Lo crederei anch'io
se si trattasse di un re terreno; ma con il Re del cielo vi dico che ne occorre
più di quanto ne pensiate, perché per favori così grandi la nostra natura è
molto timida, e vile.
Se il Signore non
c'infondesse coraggio, sono persuasa che sarebbe impossibile, nonostante i
vantaggi che vi trovassimo.
Osservate ora in che modo
il Signore viene a conchiudere questo fidanzamento: favorendo l'anima con dei
rapimenti che la fanno uscire dai sensi.
Se l'anima conservasse
l'uso dei sensi, credo che nel vedersi vicina a così grande Maestà non le
sarebbe possibile rimanere in vita.
Sempre che si tratti di veri rapimenti, e non di certe
debolezze a cui noi donne andiamo soggette, ritenendole per estasi e rapimenti.
Come ho già detto, vi sono complessioni così deboli che sembrano morire con una
semplice orazione di quiete.
Avendo trattato con molte persone spirituali, ho potuto
conoscere varie specie di rapimenti, e ve ne voglio parlare. Non so se riuscirò
a spiegarmi così bene come ho fatto in un altro scritto, dove ho parlato pure
di altre cose che qui avvengono.
Credo per più ragioni che
non sia fuor di luogo ripetermi anche qui, se non altro per unire insieme
quanto concerne le mansioni.
3 - Una specie di
rapimenti è questa. L'anima, pur non essendo in orazione, si sente toccata da
una parola di Dio che le viene in mente o che ode. Sembra allora che il
Signore, mosso a compassione per averla veduta languire tanto tempo nel
desiderio di lui, avvivi nel suo interno la scintilla di cui ho detto e così
l'anima, dopo essersi completamente bruciata, risorge a nuova vita a guisa di
fenice, con il perdono di tutte le sue colpe, come piamente si può credere,
sempre inteso che ne abbia le disposizioni e si serva dei mezzi che la Chiesa
insegna.
Così purificata, il Signore
la unisce a sé, senza che alcuno ne sappia il modo, eccetto loro due. Anzi,
neppur l'anima lo sa.
Benché mantenga l'uso delle
sue interne facoltà, non essendo qui come in uno stato di svenimento o
parossismo nel quale non si ha percezione di sorta, né interna né esterna,
tuttavia non sa dirne nulla.
4 - Per quanto io ne
capisca, l'anima non è mai stata così sveglia per le cose di Dio, né con tanta
luce e conoscenza di Sua Maestà come in questo caso.
Sembrerà impossibile, perché se i sensi e le potenze si trovano così sospesi da
dover dire che sono come morti, in che modo si può conoscere che l'anima
comprende?
È un segreto che io
non capisco, nascosto forse a qualsiasi creatura e noto solo al Creatore, non
meno di molte altre cose che avvengono in questo stato, voglio dire in queste
due ultime mansioni, le quali del resto, non ammettendo fra loro porta chiusa,
si possono unire benissimo: se mi sembra bene dividerle è perché nell'ultima
avvengono certi fenomeni che non si sanno conoscere se non entrandovi.
5 - Quando l'anima è
in questa sospensione e il Signore crede opportuno di svelarle qualche suo
segreto, come certe cose del cielo, o le accorda delle visioni immaginarie,
ella lo sa dire benissimo, perché la sua memoria ne rimane così colpita da non
potersene più dimenticare.
Ma non così nelle
visioni intellettuali, non essendo conveniente che, viventi ancora di questa
vita, se ne abbia tale conoscenza da saperne parlare. Tuttavia, siccome in quel
tempo ne deve avere di assai sublimi, di molte di esse l'anima può dire qualche
cosa dopo aver ripreso l'uso dei sensi.
Può darsi che alcuna non
sappia ancora cosa sia visione, specialmente intellettuale. A suo tempo ne dirò
qualche cosa, avendomelo comandato chi ne ha il diritto.
Benché vi sembri fuori di luogo, forse per qualche anima
può essere utile.
6 - Ma voi mi direte:
Se di queste grazie così sublimi non rimane alcun ricordo, che utilità ne ha
l'anima nell'esserne favorita?
Ah, figliuole! Ne ha vantaggi così grandi da non saperli
abbastanza magnificare. Si tratta di beni che rimangono impressi nella parte
più intima dell'anima: non si sanno esprimere, ma non si sanno nemmeno
dimenticare.
Ma come ricordarli se non sono accompagnati da alcuna
immagine, e le potenze non li intendono? Non lo so. Tuttavia, so che certe
verità riguardanti la grandezza di Dio rimangono nell'anima così scolpite, che
quand'anche non vi fosse la fede a dirle chi Egli sia, e a imporle di
riconoscerlo per suo Dio, l'adorerebbe come tale fin da quel momento, come fece
Giacobbe dopo aver veduto la scala.
In quella visione egli dovette intendere molti altri segreti
che poi non seppe manifestare, perché se avesse visto soltanto una scala sulla
quale scendevano e salivano gli Angeli, e non avesse avuto una maggiore luce
interiore, non avrebbe certo inteso così grandi misteri.
Non so se in quello che dico do nel segno: l'ho udito
raccontare e nemmeno so se mi ricordo bene.
7 - Neppur Mosé seppe
dire tutto quello che vide nel roveto: disse soltanto quello che Dio gli
permise. Certo che se il Signore non gli avesse mostrato
dei segreti, e con tale certezza da fargli
credere e vedere che Egli era Dio, mai Mosè si sarebbe
gettato in tanti e così gravi travagli.
Sotto le spine del roveto dovette intendere grandi cose che
gli dettero coraggio per tutto quello che poi fece in favore del popolo
d'Israele. Perciò, sorelle, dobbiamo guardarci dal voler intendere le cose
occulte di Dio e dai cercarne le ragioni.
Come crediamo che Egli è
onnipotente, dobbiamo pur credere che vermiciattóli di così poca capacità come
noi non possono comprendere le sue grandezze. Lodiamolo molto, affinché si
compiaccia di farcene intendere qualcuna.
8 -
Vorrei trovare qualche paragone per lumeggiare alquanto quel che dico. Ma credo
che non ve ne siano di adatti. Tuttavia, eccone uno.
Voi entrate in una di quelle sale che hanno i re o i gran
signori, e che credo si chiamino camerini, dove si conservano innumerevoli
cristalli di vario genere, terrecotte e molti altri oggetti, disposti in tal
modo che, appena entrati, si vedano subito.
Fui introdotta in una di queste sale in casa della duchessa
d'Alba, presso la quale i Superiori mi
avevano comandato di fermarmi durante un mio viaggio dietro
istanza della medesima.
Appena entrata, rimasi
molto sorpresa, e domandandomi a che fosse utile quell'ammasso di cose, vidi
che tanta diversità di oggetti poteva servire per lodare il Signore.
Ma
ora sono molto contenta di potermene giovare nella presente circostanza. Mi
sono trattenuta là dentro per un bel pezzo, ma
vi era tanto da vedere che dimenticai subito ogni cosa: non mi rimase memoria
di alcun oggetto, come se non li avessi visti, per cui non saprei dire come
fossero. Mi ricordo soltanto di averli veduti.
Così qui. L'anima è divenuta una cosa sola con Dio, e si
trova nella stanza del cielo empireo che dobbiamo avere nel nostro interno,
perché se Dio risiede in noi, è chiaro che di queste mansioni ne abbiamo almeno
qualcuna.
Ora, se il Signore non
svela all'anima i suoi segreti tutte le volte che essa è in estasi, bastandole
soltanto il gran bene di rimanere assorta nel godimento di Lui, talvolta però
si compiace sospenderle quel godimento affinché dia una rapida occhiata a
quanto vi è nella stanza. E allora ella ritornando in sé, riporta l'impressione
delle grandezze vedute, senza che tuttavia ne sappia dire qualche cosa, e senza
che la sua natura possa arrivare più in là di quanto il Signore le ha voluto
soprannaturalmente far vedere.
9 - Ho
detto vedere: dunque, è visione immaginaria? No, io non parlo che di visioni
intellettuali, ma siccome sono ignorante, la mia rozzezza non si sa meglio
spiegare.
Perciò, se di questa orazione ho detto qualche cosa che va
bene, è chiaro che non è venuto da me.
Se in questi rapimenti l'anima non intende alcun segreto,
ritengo che non si tratti di veri rapimenti, ma di certe debolezze naturali che
sogliono venire alle persone di gracile complessione, come sono le donne, le
quali, appena lo spirito supera con un po' di forza il naturale, rimangono così
assorte, come mi sembra di aver detto parlando dell'orazione di quiete.
Questi fenomeni non hanno a che fare con i rapimenti,
perché in questi, credetemi, Dio rapisce a sé tutta l'anima e le mostra una
qualche piccola porzione del regno che le ha acquistato, come a sua sposa e
proprietà.
La quale porzione, per
piccola che sia, è sempre immensa, come tutto quello che vi è in un Dio così
grande. Egli intanto non vuol disturbo di cosa alcuna, non dalle potenze, né
dai sensi.
Perciò, ordina che si
chiudano le porte di tutte le mansioni, lasciando aperta soltanto quella in cui
Egli abita, acciocché l'anima vi possa entrare.
Sia benedetta una così
grande misericordia! Con quanta ragione sarà maledetto chi non vorrà
giovarsene, perdendo Dio per sempre!
10 - Ah, è un nulla,
sorelle, quello che abbiam lasciato! È un nulla quello che facciamo o possiamo
fare per un Dio che così si comunica con un verme!
E se un tanto bene possiamo
sperarlo fin da questa vita, che facciamo, sorelle, in che ci fermiamo? Che
cos'è che ci distrae dal cercare questo Signore, come la sposa per le vie e per
le piazze?
Ah, che tutto è illusione nel mondo se non ci aiuta a fare
questo! Anche se i suoi piaceri, ricchezze e godimenti durassero per sempre, e
fossero tanto numerosi da superare ogni immaginazione, non sarebbero che sterco
è schifezza, paragonati ai tesori che si hanno a godere senza fine.
Eppure, nemmeno questi
possono reggere al paragone di possedere il Signore di tutti i tesori, del
cielo e della terra.
11 - Oh, cecità
umana! E. fino a quando, fino a quando terremo gli occhi impiastricciati di
terra? Benché fra noi la terra non sembri tale da accecarci del tutto, scorgo
però delle pagliuzze e delle piccole pietre che, lasciate aumentare, ci possono
essere di danno.
Per amor di Dio, sorelle,
serviamoci di questi difetti almeno per approfondire la nostra miseria ed
averne miglior vista, come dal fango il cieco nato, guarito dal nostro
Sposo.
Vedendoci tanto imperfette,
intensifichiamo la preghiera per ottenere che dalle nostre miserie il Signore
abbia a ricavare del bene, onde contentarlo in ogni cosa.
12 - Come mi sono dilungata
senza accorgermi!... Perdonatemi, sorelle! Giunta a queste grandezze di Dio -
intendo dire a parlare di esse - non posso lasciare di lamentarmi nel vedere il
bene che per nostra colpa perdiamo.
È vero che Dio
l'accorda a chi vuole; ma se noi l'amassimo come Egli ci ama, lo darebbe anche
a noi, perché non desidera che di trovar anime a cui dare, senza che le sue
ricchezze abbiano per questo a diminuire.
13 - Ritornando ora a quello che dicevo, lo Sposo comanda
di chiudere le porte delle mansioni,
nonché quelle del castello e del muro di cinta. Infatti,
quando il rapimento comincia, cessa il respiro
e manca la forza di parlare, nonostante che gli altri sensi
si conservino alle volte un po' di più.
Talvolta invece si perde
subito ogni senso: il corpo e le mani si raffreddano sino a sembrare di non
avere più anima, tanto che alle volte non si sa nemmeno se si respiri.
Ma ciò non dura molto - intendo dire nel medesimo grado -
perché, scemando un poco questa grande sospensione, il corpo ritorna alquanto
in se stesso e si rianima, ma per tornare a morire e a dar maggior vita
all'anima. Però questa estasi così grande non dura molto.
14 - Tuttavia, accade che, finita l'estasi, la volontà
rimanga così assorta e l'intelletto tanto astratto da durare in questo stato
uno o più giorni senz'essere capaci, a quanto sembra, d'occuparci in altre cose
che non muovano la volontà ad amare: per la qual cosa essa è molto sveglia,
mentre è intorpidita quanto a determinarsi verso oggetti creati.
15 - Oh, la confusione che prova l'anima nel ritornare in
se stessa! Quali ardenti desideri d'impiegarsi nel servizio di Dio in qualunque
modo Egli lo desideri! Se dalle precedenti orazioni derivano gli effetti che ho
descritto quali ne verranno da una così sublime, come questa?
Si vorrebbero avere mille vite per impiegarle tutte per
Iddio, e si desidera che tutte le cose della
terra siano altrettante lingue che lo lodino in nome
nostro. Vivissimi i desideri di penitenza, benché
nell'effettuarli non si soffra molto, per la gran forza
dell'amore che impedisce di sentire ciò che si fa.
Perciò l'anima, pensando ai martiri, vede chiaramente che
nel sopportare i loro tormenti essi non hanno fatto poi molto, perché con un
tal aiuto di Dio diviene facile ogni cosa. E così queste anime si lamentano con
Dio quando non hanno nulla da soffrire.
16 - L'anima stima assai di più questa grazia quando la
riceve in segreto, perché quando ne è favorita in presenza di qualcuno, la
confusione e la gran vergogna che ne sente le fan quasi dimenticare quello che
ha goduto, per la pena e l'inquietudine di quello che dirà chi l'ha vista.
Conoscendo la
malizia del mondo, teme che quell'effetto venga attribuito a tutt'altra causa,
e che si prenda per una occasione di giudizi temerari ciò che dovrebbe servire
per lodare il Signore.
Però, questi sentimenti di
pena e di vergogna mi pare che denotino una certa mancanza di umiltà. È vero
che l'anima non può impedirseli, ma se brama di essere disprezzata, che gliene
importa?
Disse il Signore a una
persona che soffriva di queste pene: Non affliggerti, perché o daranno lode al
mio nome o mormoreranno di te, e in ambedue le cose tu avrai da
guadagnare.
E queste parole, come poi
seppi, la consolarono e la incoraggiarono molto, per cui ho voluto scriverle
qui, a istruzione di coloro che si troveranno nelle sue medesime
afflizioni.
Sembra che il Signore voglia far intendere che quell'anima
è sua, e che nessuno la deve toccare. Che si attenti al suo corpo, al suo
onore, ai suoi beni, ciò sia alla buon'ora, ne verrà gloria al Signore; ma
all'anima no. Egli la difenderà contro tutto il mondo e contro tutto l'inferno,
sempre inteso che ella non sia così sfacciata da volerlo abbandonare.
17 - Non so se sono
riuscita a far un po' comprendere che cosa sia il rapimento, dato che a
spiegarlo del tutto è impossibile. Però nel parlarne non si è perduto nulla: si
saprà distinguere i veri dai finti, i cui effetti sono molto diversi.
Li chiamo finti non già perché l'anima che ne va soggetta
voglia ingannare, ma perché ne rimane ingannata. E siccome i segni e gli
effetti non corrispondono alla grandezza del favore, ne resta così infamata che
poi non si crede più, e a ragione, neppure a quelle che così il Signore
favorisce.
Sia Egli per sempre benedetto e ringraziato! Amen.
Amen.
Capitolo 5
Prosegue sul medesimo argomento, e dice che Ilio eleva
l'anima anche in altro modo, mediante il volo di spirito - Motivi per i quali
occorre aver coraggio - Spiega qualche cosa di quest'altra
grazia,
esprimendosi in modo piacevole - Capitolo assai utile
1 - Ecco
un'altra specie di rapimento che io chiamo volo di spirito: sostanzialmente è
un tutt'uno, ma agisce sull'anima in modo assai diverso.
Si
sente un movimento di anima così impetuoso da sembrare che lo spirito ci venga
rapito, e ciò con tale velocità e così d'improvviso da sentirne, specialmente
da principio, non poca paura. Per questo vi ho detto che chi riceve queste
grazie ha bisogno non solo di gran coraggio, ma di fede, di fiducia e di pieno
abbandono a quello che il Signore vorrà da lui.
Credete che sia di poco sgomento per una persona pienamente
in se stessa, sentirsi portar via l'anima, e alle volte anche il corpo, come di
alcuni abbiam letto, senza sapere chi li porti, dove e come li porti, giacché
quando questo improvviso movimento comincia, non si è ancora sicuri che sia da
Dio?
2 - Vi è forse qualche
mezzo per resistere? No. Anzi, so da una persona che a voler resistere è
peggio.
Siccome l'anima si è
rimessa tante volte e tanto sinceramente nelle mani di Dio offrendosi a Lui con
risoluta volontà, sembra che Dio le voglia far vedere che ormai non è più
padrona di sé, e la rapisce con movimento evidente e impetuoso.
Perciò quella persona aveva stabilito d'imitare la
pagliuzza attratta dall'ambra, come forse avrete visto, e abbandonarsi nelle
mani di Colui che è tanto potente, vedendo anch'ella che allora il partito più
saggio è fare di necessità virtù. Ho detto una paglia, ed è così. Con la stessa
facilità con cui un gigante solleva una paglia, il nostro grande e valoroso
Gigante rapisce lo spirito.
3 - Il bacino di
quella fontana di cui abbiamo parlato - non ricordo bene se nelle Quarte
Mansioni - prima si riempiva con soavità e piacevolezza, senza alcun movimento.
Ora invece quel gran Dio che ritiene le sorgenti delle acque e non permette al
mare di oltrepassare i suoi confini, sembra che ne dischiuda le vene
alimentatrici, per cui un'onda potente si solleva con impeto e porta in alto la
navicella dell'anima.
E a quel modo che tutti gli sforzi del pilota e di coloro
che governano la nave non possono fare che questa si fermi dove vogliono quando
le onde la investono con furia, così non può fermarsi dove vuole l'interiore
dell'anima, né fare che i sensi e le potenze si sottraggano all'impulso di chi
li muove. Del corpo, non se ne fa alcun caso.
4 - Vi
confesso, sorelle, che scrivendo queste cose mi sento tutta trasecolare per
l'eccelsa potenza che il nostro gran Re e Imperatore mi manifesta. E che sarà
per chi ne farà l'esperienza?
Se, come si svela a queste
anime, Egli si svelasse ai più perversi del mondo, sono convinta che più
nessuno l'offenderebbe, non per amore, per il gran terrore che se
n'avrebbe.
Assai ben gravi son quindi
gli obblighi di coloro che per vie così sublimi sono stati istruiti a far di
tutto per non offendere Iddio!
Voi, sorelle, che ricevete queste o altre simili grazie, vi
scongiuro, per amor di Dio, di non mai trascurarvi, badando di non contentarvi
soltanto di ricevere. Ricordatevi che chi molto riceve, molto pure ha da
rendere.
5 - È
questa una verità che dà vive apprensioni, ed occorre che l'anima si armi di
gran coraggio. Ma se non è Dio che glielo dà, essa va innanzi con timore,
perché, dopo aver considerato ciò che Dio le concede, porta il pensiero su se
stessa e vede che di fronte al molto a cui è obbligata, lo serve troppo poco, e
anche in quel poco con mancanze, imperfezioni e tiepidezze senza numero.
Se fa qualche opera buona, preferisce e si studia di
dimenticarla immediatamente, per non ricordare i difetti con cui l'ha compiuta.
Non fa che pensare ai suoi peccati, e siccome non ha con che riparare, si
rimette alla misericordia di Dio, supplicandolo per quella bontà e clemenza che
Egli ebbe con i peccatori.
6 - Allora Sua Maestà
le potrebbe rispondere come a una certa persona, la quale afflitta per questo
stesso motivo, considerava innanzi a un crocifisso di non aver mai avuto di che
dare, né di che lasciare per Iddio.
Quel crocifisso la consolò,
dicendole che Egli le offriva í dolori e i travagli della sua passione,
affinché li considerasse come propri e li presentasse a suo Padre.
Ed ella rimase così
ricca e così piena di gioia da non dimenticarsene mai più. Ogni qualvolta avvertiva
il peso della sua miseria, bastava che se ne ricordasse per subito rianimarsi
ed uscirne consolata.
Di queste cose potrei
raccontarne varie altre, perché, avendo trattato con molte persone sante e di
orazione, ne conosco parecchie; ma non lo faccio affinché non crediate che si
tratti di me.
Il fatto riportato mi è
parso assai utile per farvi intendere quanto il Signore si compiaccia che noi
ci sforziamo di conoscerci, procurando continuamente di mirare e rimirare la
nostra miseria e povertà, persuase di non aver nulla che non ci venga da
Lui.
Perciò occorre aver coraggio, sia per questo che per le
molte altre cose che si presentano quando Dio tiene l'anima in questo stato.
Anzi, se vi è umiltà, occorre più coraggio in questo stato che non negli altri.
Il Signore ci soccorra per Quegli che è!...
7 - Ritorno a
quell'improvvisa elevazione di spirito di cui ho parlato. Avviene in tal modo
da far credere che veramente lo spirito si stia separando dal corpo. Benché la
persona non muoia, ha però dei momenti in cui ella non sa dire se l'anima si
trovi o non si trovi nel corpo.
Si crede trasportata per intero in una regione molto
diversa dalla nostra, dove in una luce che non ha paragone con la nostra, le
vengono mostrate cose così grandi che da sé non potrebbe immaginare, neppure
lavorandovi intorno per tutta la vita.
Perciò avviene che in un solo istante le siano spiegati
un'infinità di segreti, dei quali ella non giungerebbe a conoscere la millesima
parte, neppure se per ordinarli vi si affaticasse molti anni con
l'immaginazione e l'intelletto.
Questa è visione immaginaria, non intellettuale. Con gli
occhi dell'anima vi si vede molto meglio che non qui con quelli del corpo, come
pure s'intendono varie cose senza l'aiuto delle parole: voglio dire che se si
vedono alcuni santi, si riconoscono così bene come se si fossero spesso
frequentati.
8 - Alle volte,
unitamente alle cose che si vedono con gli occhi dell'anima, se ne presentano
altre in visione intellettuale, specialmente angeli in gran numero che
accompagnano il loro Dio. Queste e molte altre meraviglie che non è possibile
manifestare si presentano per via di una cognizione ammirabile che io non so
dichiarare e nella quale non si vede nulla, né con gli occhi del corpo, né con
quelli dell'anima. Saprà meglio spiegarsi chi avrà maggiore esperienza e
abilità, benché mi sembri assai difficile.
Non so se mentre avvengono
queste cose l'anima sia o non sia nel corpo. Non affermerei con giuramento né
che l'anima sia nel corpo, né che il corpo sia privo di anima.
9 - Ecco il pensiero
che mi è venuto varie volte. Come il sole ha tanta forza da mandare in un
istante i suoi raggi sulla terra senza muoversi dal cielo dove si trova, così
l'anima - la quale è un tutt'uno con lo spirito, come il sole con i suoi raggi
- può essere che per la forza del calore che le viene dal vero Sole di
Giustizia si elevi sopra se stessa mediante una qualche sua parte superiore
senza abbandonare il suo posto.
Ma io non so quel che dico. La verità è che con la
prestezza con cui la palla esce dall'archibugio quando gli è dato fuoco, si
leva nell'interno una specie di volo - non so che altra parola adoperare - il
quale, benché senza rumore, ha tuttavia, un movimento così evidente che
l'illusione non è possibile.
Mentre l'anima è
fuori di sé, le vengono mostrate grandi cose, e quando ritorna in sé si ritrova
con grandissimi vantaggi. Le cose della terra le appaiono così spregevoli che,
di fronte a quelle vedute, le sembrano immondezze.
D'allora in poi non vive quaggiù che con pena, non
essendovi nulla che la possa ancora interessare di ciò che prima le soleva
essere attraente. Sembra che il Signore le abbia mostrato qualche cosa di
quanto valga il paese che l'attende - come coloro che mostrarono i segni della
terra promessa nella quale si erano recati per incarico del popolo d'Israele -
acciocché, conoscendo in che luogo deve andare a riposarsi, sopporti più
tranquillamente le fatiche di questo aspro cammino.
Vi sembrerà che una grazia così istantanea non debba essere
di tanti vantaggi; ma ne lascia
nell'anima di così grandi, da non poter essere apprezzati
se non da coloro che ne sono favoriti.
10 - Da ciò si vede che non
è opera del demonio, e meno ancora dell'immaginazione. Effetti così sublimi non
possono essere del demonio. No.
La pace, il conforto e il profitto di cui l'anima si sente
in possesso non possono venire da lui. E meno ancora queste tre cose che si
sentono in grado molto alto: la prima, il conoscimento e la grandezza di Dio,
perché, più son le cose che di Lui si vedono, più Egli ci appare magnifico; la
seconda, l'umiltà e il conoscimento di noi stessi, nel pensare che un essere
così vile abbia osato offendere il Creatore di tante meraviglie e osi ancora
guardarlo; la terza, il disprezzo di tutte le cose della terra, eccetto di
quelle che siano di aiuto nel servizio di così grande Signore.
11 - Queste le gioie che lo Sposo comincia a regalare alla
sposa: gioie di tanto valore che da lei non potranno mai essere sciupate,
perché quello che ha veduto le rimane così impresso da esserle impossibile di
dimenticarsene fino a quando non ne godrà eternamente. Lei sventurata se
dovesse perderle!
Ma lo Sposo che l'ha così favorita può anche concederle di
non perderle mai.
12 - Tornando al coraggio
che bisogna avere, vi par forse da nulla accorgersi di perdere l'uso dei sensi
senza saperne il motivo, sino a sembrare che l'anima si separi realmente dal
corpo?
Ma ci vuole il coraggio che
può dar solo Colui che dà tutto il resto. Però, voi mi farete osservare che
quella paura rimane ben ripagata. È quello che dico anch'io.
Lodi senza fine a Colui che può fare questi doni! E piaccia
a Dio che meritiamo di servirlo! Amen.
Capitolo 6
Espone un effetto
dell'orazione precedente, e dice in che modo si può conoscere se sia vera o se
si
tratti d'inganno -
Altra grazia che Dio accorda alle anime per impiegarle nelle sue lodi
1 - Con
queste grazie così elevate l'anima desidera sì al vivo di godere in pieno Chi
gliele fa, che vivere per lei diviene un grande, benché delizioso
tormento.
Sospira ardentemente di morire, e con lacrime incessanti
supplica il Signore di toglierla da questo esilio, dove tutto l'annoia. Ha un
po' di sollievo nel ritirarsi in solitudine, ma la pena non tarda molto a
tornare e l'accompagna dovunque, per cui la farfalletta non sa trovar riposo
che duri.
Siccome è ripiena
d'amore, basta la minima occasione che stimoli il suo fuoco per farle prendere
il volo. E ciò spiega perché in questa mansione i rapimenti sono molto
frequenti, senza che vi sia modo di evitarli, neppure quando vengono in
pubblico. Di qui le persecuzioni e le mormorazioni. E benché l'anima non voglia
temere, pure alle volte non può, per il gran numero di coloro che cercano di
spaventarla, specialmente confessori.
2 - Mentre da una
parte sembra che sia molto sicura, specialmente quando sta sola con Dio,
dall'altra non lascia di essere in angustia per la paura che il demonio
l'inganni sino a farle offendere il suo Amore. Le chiacchiere della gente non
la preoccupano che di poco, a meno che non sia sgridata dal confessore come se
ella possa in ciò qualche cosa. Non fa che domandare a tutti preghiere, e
supplica incessantemente il Signore di condurla per altra via.
Le hanno detto di far così perché quella è assai
pericolosa.
Ma siccome su quella via ha sperimentato molti e
grandissimi vantaggi, e non può impedirsi di pensare - secondo quello che legge
e sa - che, importando essa l'osservanza dei comandamenti di Dio, è diretta
verso il cielo, non le riesce di desiderarne l'uscita, malgrado ogni sua buona
volontà, e si rimette nelle mani del Signore.
Causa di pena è pure questa sua impotenza, perché le sembra
di non obbedire al confessore, mentre
nell'obbedienza e nella premura di non offendere Iddio vede
l'unico mezzo per non cadere in
inganno.
Tuttavia, non commetterebbe un peccato veniale avvertito neppure se la facessero
in brani. Così almeno le sembra e si
affligge grandemente nel vedere di non potersi difendere dal
commetterne molti senza accorgersi.
3 - Il Signore ispira
a quest'anima un così vivo desiderio di non offenderlo, neppure nelle più
piccole cose, e di evitare, potendolo, qualunque minima imperfezione, che per
questo solo motivo, se altri non ve ne fossero, vorrebbe fuggire gli uomini, e
invidia grandemente coloro che vivono e son vissuti nei deserti.
Nel contempo vorrebbe anche cacciarsi in mezzo al mondo,
per fare che anche un'anima sola lodasse Iddio di più. Si duole, se è donna,
che il suo sesso le sia in ciò d'impedimento, e invidia coloro che possono
alzare la voce per dire a tutti chi sia questo gran Dio degli eserciti.
4 - Oh, povera farfalletta,
legata con tante catene che non ti permettono di volare come vuoi! Abbiate
pietà di lei, o mio Dio, e fate che ella possa soddisfare, almeno in parte, a
quanto desidera in vostra gloria ed onore.
Non guardate alla pochezza dei suoi meriti, né alla miseria
della sua natura! Non foste Voi sì potente da ordinare al vasto mare di
dividersi e al gran Giordano di trattenere le sue acque per lasciar libero il
passo ai figliuoli di Israele?
Ma perché avere compassione di lei? Non può ella forse,
sostenuta dalla vostra fortezza, soffrir
travagli in gran numero? Orbene, poiché ella è a ciò
disposta, e tali sono le sue brame, stendete,
Signore, il vostro braccio potente, e non trascorra ella la
sua vita in mezzo a cose tanto basse.
Risplenda la vostra grandezza in un essere così femminile e
dappoco, affinché il mondo, conoscendo che ella da sé non può far nulla,
innalzi a Voi le sue lodi. Qualunque cosa le costi, ella non vuole che questo,
pronta a dar pure mille vite, se tante ne avesse, pur di ottenere che un'anima
sola vi lodasse di più.
Sì, e le riterrebbe
per assai bene impiegate. Ma vedendo di non essere degna neppure di patire per
Voi la più piccola pena, teme che meno lo sia per la morte.
5 - Non
so a che proposito, né per qual motivo ho detto questo: l'ho fatto senza
accorgermi. Comunque, questi son gli effetti di quelle estasi e sospensioni, né
si può dubitarne.
Non sono desideri
passeggeri ma duraturi, e che al presentarsi di una occasione che li metta alla
prova, non si dimostrano finti.
Perché dire che sono
duraturi, quando l'anima si sente alle volte così codarda e timorosa da
sembrarle di non aver animo per nulla, neppure per le cose più lievi?
Se il Signore l'abbandona alla sua natura, dev'essere,
secondo me, per un suo maggior bene.
Allora ella conosce che se ebbe coraggio per qualche cosa,
questo non le venne che da Dio e lo vede così chiaro da rimanerne annientata,
con un conoscimento maggiore della misericordia e della grandezza di Colui che
ha voluto manifestare la sua potenza in una creatura tanto vile. Nondimeno, lo
stato ordinario dell'anima è quello che abbiamo detto.
6 - In
questi grandi desideri di vedere Iddio, occorre che avvertiate una cosa: cioè,
che essi alle volte si fanno molto violenti, e allora invece d'aiutarli bisogna
reprimerli.
Ciò dico qualora lo possiate, perché in certi casi, di cui
parlerò più avanti, non lo si può
assolutamente, come voi stesse vedrete. Ma qui qualche
volta lo si può, perché la ragione si
mantiene in efficienza e può conformarsi alla volontà di
Dio, ripetendo le parole di S. Martino?
Bisogna divertire l'attenzione, soprattutto se sono di
grande struggimento, perché essendo retaggio di anime molto perfette, può darsi
che ci siano suscitati dal demonio per farci credere di esser pur noi di quel
numero, mentre è bene andar sempre innanzi con timore. Tuttavia non credo che
il
maligno possa produrre la pace e il riposo generato
nell'anima da questa pena, ma soltanto un
movimento di passione, uguale a quello che si sente quando
si è afflitti per qualche cosa del mondo.
Chi non ha provato gli uni
e gli altri non saprà forse distinguerli, e pensando che quei desideri siano
qualche cosa di grande, farà il possibile per aiutarli, con grave pregiudizio
della sua salute, perché la pena ne è continua, o almeno molto frequente.
7 - Talvolta questa
pena può essere prodotta da debolezza di complessione, specialmente in certe
persone sensibili che piangono per ogni cosa, le quali poi si danno mille volte
a credere di piangere per Iddio, mentre non è vero.
Quando, per un dato tempo, alla minima parola che si oda di
Dio e al più piccolo pensiero di Lui si prorompe in grandi lacrime senza
sapersi contenere, può essere che ciò accada per certi umori accumulati intorno
al cuore che aiutino più dell'amore di Dio, sino a sembrare di non poter più
finire di piangere.
E quelle persone, avendo inteso che le lacrime sono buone,
non solo non cercano di reprimerle, ma fanno di tutto per assecondarle, non
desiderando altra cosa. Con ciò il demonio si prefigge d'indebolirle affinché
si rendano incapaci di fare orazione e di osservare la Regola.
8 - Dato che trovo pericoli dovunque e che vi
può essere inganno anche in una cosa tanto eccellente come nelle lacrime, mi
sembra che mi vogliate chiedere che cosa si debba fare, o se piuttosto
l'ingannata non sia io.
Potrei anche esserlo. Però, sappiate, che se parlo cosa, è
perché ho veduto che in alcune persone questo inganno è possibile. Non in me
certamente, perché io, non solo non sono tenera di cuore, ma ho un cuore così
duro che alle volte ne ho pena.
Tuttavia, quando il fuoco interno è violento, il cuore,
benché duro, distilla come un lambicco. Se le lacrime vengono da questa fonte,
non potrete non accorgervene, perché in luogo di turbare, confortano, lasciano
nella pace, e rare volte fan male.
Del resto, anche se è
un'illusione, vi è sempre questo di buono, che il danno è solo per il corpo,
non per l'anima, sempre inteso che si abbia umiltà.
Non è male però, quand'anche non vi sia alcun danno, star
sempre con timore.
9 - Non dobbiamo
pensare di aver fatto tutto perché versiamo molte lacrime. Piuttosto, mettiamo
mano a molte opere e a praticare la virtù: queste son le
cose che più convengono al caso nostro.
Vengano anche lacrime quando Iddio ce ne favorisca; ma non
si faccia nulla per procurarle. Anzi, meno ce ne cureremo, meglio inaffieremo
la nostra arida terra, aiutandola più efficacemente a dar frutti con l'acqua
che viene dal cielo, paragonata alla quale non ha proprio a che fare quella che
troviamo noi a forza di scavare.
Anzi, scaveremo, ci
stancheremo, e spesso non troveremo, non dico una sorgente, ma neanche una
pozza. Perciò, sorelle, ritengo più utile che ci mettiamo innanzi a Dio,
considerando da una parte la sua misericordia e grandezza, e dall'altra la
nostra grande miseria.
Egli sa quello che più ci
conviene, ed Egli ci dia quello che vuole: acqua o siccità. Così cammineremo
tranquille, e il demonio non avrà tanta possibilità di tenderci insidie.
10 - In mezzo a queste cose che sono insieme dolci e
penose, il Signore invia talvolta certi moti di giubilo e una certa strana
orazione di cui non si sa comprendere la natura. Ma ve ne parlo acciocché nel
caso che ne siate favorite, sappiate che è possibile e ne lodiate molto il
Signore.
Si tratta, a mio parere, di
una grande unione delle potenze, ma alle quali il Signore lascia libertà di
godere di quel gaudio, pur senza intendere ciò che godono, né come godono.
E altrettanto è dei sensi.
Sembra che parli in arabo, ma è così. L'anima sente una gioia così grande che,
non volendo esser sola a goderne, brama di farla conoscere a tutti, affinché
l'aiutino a lodare il Signore, scopo di ogni suo movimento.
Oh, che feste e che dimostrazioni farebbe per dimostrate a
tutti il suo gaudio! Sembra che si sia ritrovata, e che voglia, come il padre
del figliuol prodigo, invitare tutti a far festa, giacché si vede in tal luogo
da non poter dubitare, almeno per allora, di doverne essere sicura.
E ciò a ragione, essendo impossibile, a mio avviso, che il
demonio produca nel più intimo
dell'anima
una gioia così grande, accompagnata da tanta pace da muoverla a dar lodi al
Signore. 11 - Sotto l'impeto di tanta
gioia, è molto se riesce a dissimulare, e non poco penoso a tacere.
In questo stato
doveva essere S. Francesco quando, incontratosi con i briganti mentre girava
per la campagna gridando, disse che era l'araldo del gran Re. E quanti santi si
sono rifugiati nei deserti per potere, come S. Francesco, gridar alto le lodi
di Dio!
Io ne conobbi uno, chiamato
fra Pietro d' Alcantara, che credo di ritenere per santo, tale essendo stata la
sua vita. Anch'egli faceva così; e coloro che l'udivano lo ritenevano per
pazzo.
Oh, santa pazzia, sorelle! Oh, se il Signore la concedesse
pure a noi! Considerate intanto la grazia che Egli vi ha fatto nell'accogliervi
in questo luogo, dove nel caso che vi concedesse tal favore e voi così lo
manifestaste, sareste piuttosto incoraggiate, e non già criticate come nel
mondo, dove un tal sistema è così, poco in uso da non recar meraviglia se
susciti mormorazioni.
12 - Oh, tempi infelici e miserabile vita quella che
viviamo! Vivissimo alle volte è il mio gaudio quando, stando tutte unite, vedo
le mie sorelle in tanta gioia interiore che ognuna fa quanto più può nel
rendere lodi al Signore per trovarsi in monastero: lodi che, come si vede ad
evidenza, partono proprio dal cuore.
E io vorrei che le
innalzaste di sovente. Se una comincia, le altre la seguono. E in che cosa più
bella potreste impiegare le vostre lingue, quando siete insieme, se non nel
lodare il Signore, avendo tanti motivi per farlo?
13 - Piaccia a Dio di concederci spesso questa orazione che
è molto sicura e profittevole.
Con le nostre forze non la
possiamo acquistare, perché soprannaturale. Alle volte può accadere che duri
tutto un giorno. Allora l'anima somiglia a uno che abbia molto bevuto, ma non
tanto da esser
fuori dai sensi; oppure a una persona malinconica che, pur
non avendo perduto del tutto il giudizio,
abbia l'immaginazione talmente fissa in una cosa, da non
esservi alcuno che riesca a distrarla.
Queste comparazioni sono
troppo grossolane per fenomeni così elevati, ma il mio ingegno non sa trovarne
di migliori.
Tuttavia è così. Il gaudio
sommerge l'anima in tal modo che ella va dimentica di sé e di ogni altra cosa,
non avverte né indovina a parlare se non di quello che ha rapporto alla sua
gioia, voglio dire, delle lodi di Dio.
Figliuole mie, aiutiamo tutte quest'anima! A che scopo
vogliamo avere più cervello? Vi è forse al mondo maggior contento di questo?
Tutte le creature ci assecondino, per tutti i secoli dei secoli. Amen, amen,
amen.
Capitolo 7
Pena che sentono
dei propri peccati le anime che ricevono queste grazie. Gravissimo errore in
cui si cade, per spirituali che si possa essere, quando non si procura di aver
sempre innanzi l'umanità di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, la sua
passione, la sua Madre gloriosa e i suoi santi. Capitolo molto utile
1 - Vi parrà, sorelle,
che le anime a cui Dio si comunica così intimamente, siano ormai sicure di
averlo a godere per sempre, e che non abbiano più motivo di temere né di
piangere i loro peccati. Ma è un gravissimo errore. Forse lo potranno credere
coloro che a tali grazie non sono arrivati; ma se le hanno provate, e furono
vere grazie di Dio, comprenderanno quello che ora dirò. Il dolore dei
peccati cresce in
proporzione dei favori che Dio elargisce; e ritengo che non cessi se non in
quel luogo dove nessuna cosa può dar pena.
2 - Però, il dolore è
più o mene pungente, e non si fa sempre sentire nel medesimo modo. L'anima,
invece di pensare al castigo che i suoi peccati le hanno meritato, non vede che
l'ingratitudine di cui si è resa colpevole verso Colui che ha tutto il diritto
di essere servito e a cui ella tanto deve. Nei favori che gode scopre
maggiormente la grandezza di Dio, si spaventa nel riconoscere di essere stata
tanto temeraria, piange il suo poco rispetto, ravvisa nella sua audacia una
follia inconcepibile, e al pensiero di aver abbandonato una Maestà così grande
per cose tanto vili, non finisce più di lamentarsi. Si ricorda più spesso di
questo che non delle grazie ricevute, le quali, benché tanto grandi, come
quelle che ho detto e dirò, le sembrano cose che passino di tanto in tanto
trasportate da un fiume impetuoso, mentre il ricordo dei suoi peccati le è
sempre dinanzi come un letamaio ribollente: ed in ciò è la sua croce.
3 - So di una persona
che desiderava di morire, non solo per vedere Iddio, ma anche per sottrarsi
alla pena di sentirsi sempre cosa ingrata verso Colui a cui era e doveva essere
obbligata. Le pareva che le sue iniquità non potessero essere equiparate da
alcun'altra creatura, non sapendo ella immaginare che qualche altra fosse stata
da Dio così sopportata e favorita di tante grazie. Dell'inferno non hanno
affatto paura. Raro, benché tormentoso, è pure il timore di perdere Iddio. L'unica
loro apprensione è che il Signore ritiri la sua mano, permettendo che
l'offendano ed abbiano a ricadere nello stato infelice in cui per qualche tempo
si sono vedute. Non si curano né della pena,
n.
della
gloria futura; e se desiderano di star poco in purgatorio, è più per non esser
lontane da Dio che per i tormenti che vi si patiscono.
4 - Ritengo che non
sia mai sicuro per un'anima, anche se molto favorita, dimenticarsi dello stato
infelice in cui forse si è un po' veduta, perché questo ricordo aiuta molto,
nonostante sia penoso. Può darsi che io pensi così per essere stata tanto
cattiva, e che appunto per questo non riesca mai a dimenticarmene. Così non
sarà di chi è stato virtuoso, benché nessuno vada senza difetti finché si vive
in questo corpo mortale. Il pensiero che Dio ha perdonato e dimenticato le
nostre colpe, lungi d'alleviarne la pena, l'aumenta di più, mettendo innanzi
quell'eccelsa Bontà che non lascia di favorire con le sue grazie chi non ha
meritato che l'inferno. Questo pensiero doveva essere il martirio di S. Pietro
e della Maddalena, perché, accesi di amore e favoriti di tante grazie come
erano, comprendevano meglio la grandezza e la maestà di Dio: grande doveva
essere la loro pena, accompagnata da tenerissimi sentimenti.
5 - Vi parrà pure che
godendo di queste cose così sublimi, non si debba più fermare la meditazione
sui misteri della sacratissima Umanità di nostro Signore Gesù Cristo, ma
occuparsi soltanto in amare. Su questo argomento ho già scritto a lungo in un
altro luogo. Alcuni mi han fatto opposizione, e mi hanno detto che non me ne
intendo, che diverse sono le vie di Dio e che quando le anime hanno
oltrepassati i princìpi, è meglio che si distacchino dalle cose corporee per
non esercitarsi che in quelle della divinità. Tuttavia non mi faranno mai
confessare che questo sia un buon cammino. Ben può essere che mi sbagli o che
diciamo tutti la stessa cosa, ma io so che per di qui il demonio ha tentato
d'ingannarmi; e ne sono rimasta così scottata che penso di ripetere qui ciò che
ho detto in altri luoghi, affinché camminiate con molta attenzione e non
abbiate a credere - guardate che cosa ardisco dire! - a chi vi afferma il
contrario. Procurerò di farmi intendere meglio che non abbia fatto altrove.
Colui che aveva promesso di trattarne per iscritto, avrebbe fatto bene ad
estendersi di più, perché a persone di non troppa intelligenza, un'esposizione
sommaria può essere di gran danno.
6 -
Certe anime credono di non essere capaci di pensare alla passione: meno ancora
lo saranno quanto alla sacratissima Vergine e alla vita dei santi, dalla cui
memoria ci deriva tanto aiuto e
profitto. Ma io non
capisco a che cosa pensino. Separarsi da ciò che è corporeo per bruciare
continuamente di amore è proprio degli spiriti angelici, non di noi che viviamo
in corpo mortale. Se abbiamo bisogno di trattare, pensare e accompagnarci con
coloro che, pur essendo come noi, compiono per Iddio delle magnifiche imprese,
a maggior ragione non dobbiamo separarci dalla sacratissima Umanità di nostro
Signore Gesù Cristo, unico nostro bene e rimedio. Non posso credere che alcuni
facciano così. Essi non si devono intendere. Ma intanto fan male a sé e agli
altri.Assicuro, se non altro, che non entreranno mai nelle due ultime mansioni,
perché, perduta la guida che è il buon Gesù, non ne troveranno la strada. Sarà
già molto se potranno stare nelle altre con sicurezza. Non dice forse il
Signore che Egli è la via? Non afferma ancora che è luce, e che nessuno può
andare al Padre se non per Lui? E quest'altre parole: Chi vede me vede il Padre
mio? Diranno che si devono spiegare in altro modo. Io non conosco altre
spiegazioni: con questa mi sono sempre trovata assai bene, e la mia anima sente
che è vera.
7 - Alcune anime, -
molte delle quali han trattato con me - appena elevate alla contemplazione
perfetta vogliono l'impossibile: cioè, star sempre in quello stato. Ma, dopo
quella grazia, rimangono in tal modo da non esser più capaci di discorrere come
prima sopra i misteri della passione e della vita di Cristo. lo non so quale ne
sia la ragione, ma è un fatto che avviene di frequente e che inabilita
l'intelletto alla meditazione. Secondo me, la causa deve essere questa. Siccome
il lavoro della meditazione è tutto nel cercare il Signore, una volta
trovatolo, e abituatisi a cercarlo con le operazioni della volontà, l'anima non
vuol più stancarsi nel mettere in moto l'intelletto. Può essere inoltre che la
volontà, sentendosi infiammata, non voglia più servirsi dell'intelletto.
Potendolo non sarebbe male; ma non si può, specialmente quando non si è ancora
arrivati a queste sublimi mansioni, e così non si fa che perdere tempo. Spesso
per accendere la volontà si ha bisogno dell'intelletto.
8 - Notate, sorelle,
questa cosa che è assai importante e che voglio spiegare più a lungo. Ecco
un'anima che vuol tutta impiegarsi in amare: non vorrebbe far altro. Eppure,
nonostante lo voglia, non può, perché se non è morta la volontà, è morto il
fuoco di cui suole avvampare, e per farlo ardere è necessario che qualcuno vi
soffi sopra. O che forse si dovrà star lì nell'aridità, aspettando, come il
nostro Padre Elia, che discenda il fuoco dal cielo a consumare il sacrificio
che l'anima va facendo di sé? No, certamente: non è bene sperar miracoli.
Se qualche volta il Signore si compiace di farli, come
abbiamo detto e diremo ancora più innanzi, tuttavia vuole che da parte nostra
ci teniamo così bassi da credercene indegni, e che ci aiutiamo da noi stessi in
tutti i modi possibili: cosa che in questa vita non bisogna mai tralasciare,
per alta che possa essere la nostra orazione.
9 - Di questa
diligenza non han bisogno che raramente, o quasi mai, coloro che Dio ha già
introdotto nella settima mansione, per la ragione che là dirò, se saprò
ricordarmene. Tuttavia, nemmeno essi lasciano di star sempre con Cristo Signor
Nostro, sia pure in una maniera tutta ammirabile per esser Egli Dio e Uomo
insieme. Dunque, quando la volontà non arde di quel fuoco di cui ho parlato, né
si sente in noi la presenza del Signore, è volere di Dio che ce ne andiamo in
cerca, come la sposa dei Cantici.Domandiamo alle creature, come insegna S.
Agostino - credo nelle Meditazioni o nelle Confessioni - da Chi siano fatte, e
guardiamoci dallo star là come sciocchi, perdendo il tempo nell'attendere
quello che ci è stato dato una volta. Può essere che da principio il Signore
non ritorni a favorircene, non solo in un anno, ma neppure in molti. Egli ne
conosce il perché, e noi non dobbiamo cercare di saperlo, non essendovene
motivo. Conoscendo che lo dobbiamo servire per la via dei comandamenti e dei
consigli, camminiamo per essa con somma diligenza, pensando alla vita e alla
morte di nostro Signore e al molto che gli dobbiamo: il resto venga quando a
Lui piacerà!
10 - Forse risponderanno che su tali argomenti non si sanno
fermare; e, da quanto abbiam detto,
potranno in parte
aver ragione. Tuttavia, sapete che una cosa è discorrere con l'intelletto, e
un'altra considerare le verità che la memoria presenta all'intelletto. Forse
direte di non capirmi, e può essere che non mi capisca neppur io per sapermi
spiegare. Tuttavia farò del mio meglio. Io chiamo meditazione un discorso fatto
con l'intelletto nel modo seguente. Cominciamo col pensare alla grazia che Dio
ci ha fatto nel darci il suo unico Figliuolo; poi percorriamo senza fermarci
tutti i misteri della sua gloriosa esistenza; oppure cominciamo con l'orazione
nell'orto, seguendo con l'intelletto nostro Signore fino alla sua
crocifissione; ovvero prendiamo un passo della passione, per esempio la
cattura, e percorriamo questo mistero considerando minutamente tutte le
circostanze che possono fare impressione, come il tradimento di Giuda, la fuga
degli apostoli e tutto il resto. Questa
è un'orazione assai
bella e molto meritoria.
11 - Eppure, ripeto, questa è l'orazione che le anime
elevate da Dio agli stati soprannaturali e alla contemplazione perfetta
dichiarano di non saper fare. Io non ne so il motivo, ma ordinariamente è cosa,
ed esse han ragione. Però, s'ingannano quando affermano di non potersi
trattenere in questi misteri, né richiamarseli alla memoria, specialmente
quando la Chiesa Cattolica li festeggia, essendo impossibile che un'anima, dopo
aver ricevuto da Dio tante grazie, si dimentichi di così preziose
manifestazioni di amore, che sono come ardenti scintille, atte ad infiammarla
sempre più nella sua carità verso Dio. No, quelle anime non si devono
intendere. Quei misteri si comprendono in un modo più elevato. L'intelletto li
rappresenta così al vivo, e la memoria ne rimane così impressionata che la sola
vista del Signore prostrato nell'orto con quel sudore spaventoso, basta ad
occuparci, non solo per un'ora, ma per molti giorni di seguito. Con un semplice
sguardo si vede chi Egli sia, e quanto enorme la nostra ingratitudine verso un
dolore così grande. Accorre subito la volontà, sia pure senza tenerezza, ma col
desiderio di rispondere in qualche cosa a tanta grazia e di soffrire un poco
per Colui che ha tanto sofferto, ed altri simili desideri molto atti ad
occupare la memoria e l'intelletto. Questo, a mio parere, è il motivo per cui
l'anima non può passare innanzi e discorrere a lungo sulla passione, e ciò le
fa credere di non sapersi in essa occupare.
12 - Qualora non lo possa veramente, è sempre bene che vi
si sforzi, perché so che questo esercizio non impedisce neppure la più alta
orazione. No, non ho per buono che si astenga dall'esercitarvisi spesso. Se il
Signore la sospende mentre è così occupata, ciò sia alla buon'ora, perché
allora le toglie quello che la occupa anche contro sua voglia. Ma io sono
sicura che questa maniera di agire nonché non essere di ostacolo, serve
grandemente per ogni sorta di beni. L'ostacolo sarebbe nel far di tutto per continuare
a discorrere come ho detto in principio, benché non sia affatto possibile per
chi è arrivato più in su. (Forse lo potrebbe anche fare, perché molte sono le
vie per le quali Dio conduce le anime). Comunque, non si condanni chi non può
camminare per di qui, né lo si giudichi incapace di godere i grandi beni
racchiusi nei misteri del nostro Re Gesù Cristo. Ma nessuno, per spirituale che
possa essere, mi saprà persuadere che sia bene rinunciarvi.
13 - Ecco ciò che succede ad alcune anime, tanto sul principio
come allora che sono alquanto avanzate. Appena cominciano a toccare l'orazione
di quiete e ad assaporare le delizie e i gusti che il Signore concede, pensano
di non dover far altro che continuare a goderne. Ma, come ho detto in altro
luogo, si guardino bene dal lasciarsi troppo assorbire, perché la vita è lunga,
ed è così piena di travagli che per sopportarli con perfezione, si ha sempre
bisogno di considerare come li han sopportati Cristo, nostro modello, i suoi
apostoli e i santi. È troppo bella la compagnia del buon Gesù per dovercene
separare! E altrettanto si dica di quella della sua santissima Madre. Egli ha
piacere che qualche volta compatiamo le sue pene, a scapito delle nostre gioie
e consolazioni, tanto più che le delizie dell'orazione non sono mai così
continue da non lasciar tempo per tutto. Se alcuna affermasse d'esser sempre
nelle medesime condizioni - cioè, di non poter mai fare ciò che dico - riterrei
il suo stato per molto dubbio. Anche voi tenetelo per tale, e cercate di
liberarvi da questo inganno, facendo il possibile per distrarvi. Se ciò non
basta, parlatene alla Priora acciocché vi metta in uffici di tali
preoccupazioni da togliervi subito a quel pericolo, perché se , tale stato si
prolunga,
vi può essere di
grave danno tanto alla testa che alla ragione.
14 - Credo di aver fatto capire quanto convenga, per
spirituali che si possa essere, non aver così paura delle cose corporee da
sembrarci di danno anche la sacratissima Umanità di Gesù Cristo. Oppongono quello
che Gesù disse ai suoi discepoli: cioè, convenire che Egli se ne andasse. Ma io
non lo posso sopportare. Certo che non disse così alla sua santissima Madre,
perché ella era forte nella fede, sapeva che Egli era Dio e Uomo, e benché
l'amasse più di tutti, lo faceva in modo così perfetto che la sua presenza le
era piuttosto di aiuto. Invece gli apostoli non avevano quella fede così ferma
che solo ebbero più tardi, e che ora noi dobbiamo avere. Da parte mia,
figliuole, vi dico che questo sistema è pericoloso, e che il demonio potrebbe
finire col farci perdere la devozione al santissimo Sacramento.
15 - L'inganno in cui mi pare d'esser anch'io caduta non è
arrivato a questo punto: soltanto che non godevo più di pensare a nostro
Signore Gesù Cristo per andarmene tutt'assorta nell'attesa di quelle delizie.
Ma vidi chiaramente che il mio cammino non era buono, perché, siccome non
potevo sempre goderne, il mio pensiero andava vagando qua e là, e l'anima
pareva un uccello che svolazzasse senza trovare ove posarsi. Perdevo molto
tempo, non progredivo in virtù, non mi avanzavo nell'orazione, e non ne capivo
la ragione, né giammai l'avrei capita, perché quel mio modo di fare mi sembrava
molto sicuro. Fui illuminata da un buon servo di Dio con cui ebbi a parlare della
mia orazione, e allora vidi chiaramente quanto fossi fuor di strada.
Presentemente non finisco più di dolermi per non aver compreso che con una
perdita così grande non si può guadagnare che assai male. No, ora non voglio
più alcun bene, neppure potendolo, se non per mezzo di Colui dal quale tutti ci
vennero. Sia Egli per sempre benedetto! Amen.
Capitolo 8
In che modo Iddio
si comunichi all'anima nella visione intellettuale. Alcuni avvisi in proposito.
Effetti che questa
visione produce quando è vera. Tali grazie si devono tener segrete
1 - È bene ora vedere
che, quando Dio lo vuole, noi non possiamo far altro che star sempre con Lui, e
ciò vi farà capire più chiaramente la verità di quello che vi ho detto e che
quanto più un'anima va innanzi, tanto più continua si fa la sua compagnia col
buon Gesù, secondo quello che si apprende dalle diverse maniere con cui Egli si
comunica alle anime, mostrando l'amore che ci porta. Ciò avviene mediante
alcune visioni e apparizioni molto ammirabili, delle quali, se piacerà a Dio
che mi sappia spiegare, vi dirò in breve qualche cosa, affinché non abbiate a
spaventarvi qualora ve ne sia data qualcuna: tanto più che queste grazie, anche
se non concesse a noi, servono molto a far lodare il Signore, mostrandolo così
buono da non sdegnare di comunicarsi in tal modo con una creatura, nonostante
tanta sua potenza e maestà.
2 - Ecco ciò che
avviene. Mentre l'anima è in tutt'altri pensieri fuorché in quello di avere
tali grazie
- grazie che non ha
mai pensato di meritare - si sente vicino nostro Signor Gesù Cristo, ma senza
che lo veda, né con gli occhi del corpo, né con quelli dell'anima. E questa -
non ne so il perché - si chiama visione intellettuale. Una persona che ebbe
questa grazia unitamente a molte altre di cui parlerò più avanti, da principio
andava molto impressionata perché non capiva cosa fosse, non vedeva nulla e ciò
nonostante intendeva così chiaramente essere Cristo quegli che le appariva, da
non poterne dubitare: dubitare, dico, che si trattasse di una visione, perché
circa la sua provenienza,
- se da Dio o no, -
era sempre timorosa, benché i grandi effetti di cui rimaneva arricchita la
portassero a credere che fosse da Dio. Ella non solo non aveva mai sentito
parlare di visioni intellettuali, ma neppure sapeva se esistessero. Intendeva
però chiaramente che Quegli che sentiva presente era il medesimo che altre
volte le parlava nella maniera che ho detto, mentre prima non sapeva chi le
parlasse, ma solo intendeva le parole. Questa visione, inoltre, non è come
l'immaginaria che
passa presto, ma dura molti giorni e alle volte più di un anno.
3 - So ancora che
quella persona, standosene con paura, si portò tutt'afflitta dal confessore,
che le chiese come sapesse, se non vedeva nulla, che Quegli fosse nostro
Signore, e le domandò come era il suo viso. Ella rispose che non lo sapeva, che
non vedeva viso di sorta, e che non sapeva dire di più di quanto aveva detto.
Sapeva soltanto che Egli era Colui che le parlava, e che ne era sicura. Non
poteva dubitarne nemmeno se le mettevano indosso delle gravi paure,
specialmente quando il Signore le diceva: Non temere, sono io! Queste parole
avevano tal forza da toglierle subito ogni dubbio, e da lasciarla in tale
compagnia piena di gioia e di coraggio.Ciò le era di grande aiuto per pensare
continuamente al Signore e procurare di non far nulla che l'offendesse, perché
le sembrava che la stesse sempre guardando. E ogni qualvolta voleva trattare
con Lui, sia nell'orazione che fuori, le pareva che Egli le fosse così vicino
da non poter lasciare d'ascoltarla. Riguardo alle sue parole, ella le udiva non
quando voleva, ma improvvisamente, a seconda del bisogno. Sentiva che le
camminava al lato destro, ma con nessuno di quei segni sensibili per i quali si
può conoscere che una persona ci è vicina, bensì in una maniera più delicata
che non si deve saper dire: però con la medesima certezza, anzi maggiore,
perché con i sensi si può cadere in inganno, mentre qui è impossibile. Se fosse
effetto di melanconia, non si avrebbero i vantaggi e gli effetti interiori di
cui l'anima si sente ripiena. E nemmeno può essere dal demonio, perché l'anima
non rimarrebbe così in pace, né con desideri così continui di piacere a Dio, né
con disprezzi così sentiti per tutto ciò che non l'avvicini a Lui.
4 - Col tempo la
visione di quella persona si andò meglio manifestando, ed ella comprese che non
era dal demonio. Tuttavia si sentiva alle volte piena di paura, e alle volte
con grandissima confusione per non sapere da dove tal bene le venisse. Io e
quella persona eravamo una stessa cosa, e niente passava nella sua anima che io
non conoscessi, per cui posso esserle di buon testimonio. Abbiate quindi per
vero quanto di lei vi ho raccontato.Questa grazia apporta all'anima grande
confusione e umiltà. Sarebbe tutto il contrario se fosse dal demonio. Né vi può
aver parte l'industria umana, perché l'operazione di Dio è così evidente che in
nessun modo l'anima può pensare che sia un bene di suo acquisto, ma datole unicamente
dalla mano di Dio. Fra le grazie già raccontate ve ne saranno forse di
superiori, ma questa apporta all'anima una speciale conoscenza di Dio, dalla
cui continua compagnia le deriva un amore tenerissimo verso di Lui,
accompagnato dai più vivi desideri d'impiegarsi in suo servizio e da una grande
purità di coscienza, perché Colui che ha sempre dinanzi, le fa avvertire ogni
cosa. E' un fatto che, pur sapendo di esser sempre alla presenza di Dio, molte
volte trascuriamo di pensarci. Ma qui la cosa è impossibile, perché l'anima è
tenuta sveglia da Dio stesso che le sta vicino. Perciò, più frequenti sono pure
le grazie di cui abbiamo parlato, perché l'anima è quasi sempre in continui
atti d'amore verso Colui che vede o sente vicino.
5 - Insomma, dai
vantaggi che lascia si conosce chiaramente che è una grazia assai grande, degna
d'immensa stima. L'anima ringrazia il Signore che gliela dà senza suo merito, e
non la cambierebbe con alcun tesoro o diletto della terra. Quando Dio crede di
privarnela, ella si sente sola, e a nulla giovano i suoi sforzi per riaverla,
perché Dio la concede quando vuole, né vi son mezzi per procurarsela.
6 - Alle volte si
tratta della presenza di qualche santo, e anche allora se ne ha grande
giovamento. Ma voi mi direte: Se non si vede nulla, come si capisce che è
Cristo, la sua gloriosissima Madre o qualche santo? L'anima non lo sa dire, non
comprende come lo capisca e, ciò nonostante, ne è fermissimamente sicura. Pare
che la cosa sia più facile quando si tratta di Gesù Cristo che fa sentire la
sua voce, ma quando sono santi che non parlano, e sembrano messi là in aiuto e
compagnia dell'anima, il fatto è assai più sorprendente. Vi sono altre cose
spirituali che non si sanno spiegare, ma che servono a farci meglio conoscere
quanto sia incapace la nostra natura di comprendere le infinite grandezze di
Dio, dato che non comprende neppur quelle. L'anima si contenti di ammirarle,
di benedire il
Signore e di ringraziarlo vivamente. Siccome non sono grazie che si danno a
tutti, essa le deve molto stimare, procurando di servir meglio il Signore, ché
appunto per questo gliele dà. Ne viene intanto che l'anima, lungi dal credersi
più degli altri, si persuade d'esser quella fra tutti che meno serve il
Signore. Le pare di esservi obbligata più degli altri, e la minima mancanza che
commette le trapassa le viscere, non senza grande ragione.
7 - Quella fra voi che
Dio condurrà per di qui saprà riconoscere da questi effetti se vi è inganno o
fantasia. Quanto al demonio, non credo possibile, se è lui, che la cosa si
protragga a lungo, con tanti vantaggi per l'anima e tanta pace interiore. Non è
questo il suo costume. Un essere così malvagio non potrebbe produrre tanto bene
neppure volendolo, perché verrebbero certi fumi di propria stima a farci subito
pensare di essere migliori degli altri. Gli dà tanta rabbia che l'anima si
mantenga sempre con Dio, continuamente occupata di Lui, che se qualche volta
cerca d'ingannarla, non lo fa troppo spesso. Dio poi è fedele, e non permetterà
mai al demonio di aver tanta forza sopra un'anima, la cui unica brama è di
piacergli e di sacrificare anche la vita per il suo onore e la sua gloria:
anzi, farà in modo che ne esca presto disingannata.
8 - Il mio pensiero è
e sarà sempre questo: dal momento che l'anima si sente con questi effetti che
sono propri delle grazie di Dio, qualche volta Egli potrà permettere al demonio
di tentarla, ma la farà uscire con vantaggio e coprirà il maligno di confusione.
Perciò, figliuole, se alcuna va per questa strada, non si lasci
spaventare.
Però è bene che camminiate sempre con timore e con grande
avvertenza. Guardatevi dal credere che per essere così favorite possiate
alquanto trascurarvi: sarebbe segno che le vostre grazie non sono da Dio, né
più né meno che se non vi vedeste con gli effetti accennati. Da principio sarà
bene che ne parliate sotto segreto di confessione con qualche persona molto
dotta -sono costoro che ci devono illuminare - oppure con una molto spirituale.
Però preferite il molto dotto, se la spiritualità dell'altro non è profonda.
Meglio ancora: potendolo, consultate l'uno e l'altro. Se vi diranno che è una
vostra immaginazione, non preoccupatevene, perché un'immaginazione non fa né
bene né male. Piuttosto raccomandatevi a Dio affinché non permetta che cadiate
in inganno. Ne avrete maggior pena se vi diranno che è il demonio. Ma non ve lo
dirà certamente uno molto dotto quando veda gli effetti di cui abbiamo parlato.
Quand'anche ve lo dicesse, vi assicurerebbe del contrario il Signore che sta
con voi, il quale vi riempirebbe di consolazione, e darebbe luce al direttore
per potervi meglio comprendere.
9 - Se l'interpellato
è uno che, pur praticando l'orazione, non è condotto per questa strada, si spaventerà
subito e condannerà ogni cosa. Perciò vi consiglio d'indirizzarvi a un qualche
grande teologo, possibilmente molto spirituale. La Priora lo permetta, anche se
in base alla buona vita che mena, vede che quell'anima va bene. È obbligata a
permetterlo. E saranno ambedue sicure. Però, dopo essersi consultata, l'anima
deve mettersi in pace e guardarsi dal moltiplicare consultazioni, perché il
demonio può ispirare timori così eccessivi e irragionevoli da spingere l'anima
a non contentarsi di una volta sola. Ciò avviene specialmente quando il
confessore non è di molta esperienza, si fa vedere timoroso, o è lui che induce
l'anima a consultarsi. In tal modo vengono a divulgarsi certe cose che sarebbe
bene tener segrete. Ecco allora l'anima fra le persecuzioni e le angustie.
Credeva che le sue grazie fossero occulte, e invece le vede divulgate, con un
seguito di molte cose spiacevoli tanto per lei che per 1'Ordine, causa la
malizia dei tempi. Perciò è necessario avere molta prudenza, e io la raccomando
assai alle Priore.
10 - Non devono esse pensare che una sorella sia migliore
delle altre perché è favorita di tali grazie. Il Signore guida ognuna secondo
che crede meglio. Se è vero che quei favori, quando sono corrisposti, aiutano a
divenire delle grandi serve di Dio, è pur vero che alle volte il Signore non li
comparte che alle più deboli. Perciò non bisogna né approvare né condannare, ma
considerare la virtù. Sarà più santa colei che servirà il Signore con maggiore
mortificazione, umiltà e purità di
coscienza. Ma
siccome quaggiù non si può avere che una sicurezza relativa, bisogna attendere
che il vero Giudice dia a ciascuno quello che si merita. E vedremo allora con
sorpresa quanto siano
diversi i suoi giudizi dai nostri terreni apprezzamenti.
Sia Egli per sempre benedetto! Amen. .. .
Capitolo 9
In che modo Iddio
si comunichi all'anima nella visione immaginaria. Raccomanda istantemente di
non desiderare
questa via, e ne dice le ragioni. Capitolo assai utile
1 - Veniamo ora alle
visioni immaginarie, nelle quali dicono - e dev'essere vero - che il demonio
può intromettersi più facilmente che non nelle precedenti. Ma se vengono da
Dio, credo che ci siano più utili, perché più conformi alla nostra natura:
eccetto quelle che Dio accorda nell'ultima
mansione, alle quali non ve n'è una che possa essere
somigliante.
2 - Ecco come nostro
Signore si presenta nella visione descritta nel capitolo precedente. Supponiamo
di tener chiusa in un astuccio d'oro una pietra preziosa di grandissimo valore
e di ammirabili qualità. Non l'abbiamo mai vista, ma siamo sicuri di averla, e
portandola con noi non lasciamo di sperimentarne gli effetti e d'apprezzarne il
valore, avendoci essa guariti da certe infermità per le quali è appropriata.
Tuttavia non osiamo guardarla, né aprirne l'astuccio.Anzi, non lo possiamo
neppure, perché il modo di aprirlo è noto solo al suo padrone, il quale ce l'ha
imprestata perché ce ne gioviamo, ma se ne è tenuta la chiave. Quando vorrà
mostrarci la pietra, aprirà l'astuccio, come sua cosa propria; e quando gli
piacerà, se la porterà via, così come suol fare.
3 - Supponiamo ora che
di tanto in tanto apra improvvisamente l'astuccio in beneficio di colui a cui
l'ha imprestata. Questi ne avrà un ricordo più vivo, e non potrà pensare
all'ammirabile splendore di quella pietra senza provarne una gioia particolare.
Così qui. Quando il Signore si compiace di favorire alcuno con maggior affetto,
gli mostra svelatamente la sua sacratissima Umanità sotto la forma che vuole, o
come era quando viveva sulla terra o come dopo la sua resurrezione, sia pure
con tanta rapidità da fare pensare a un lampo. Tuttavia la sua immagine
s'imprime nella mente così al vivo da non poter essere cancellata fino al
giorno in cui lo si godrà senza fine.
4 - Ho detto immagine,
ma non già nel senso che debba parere una pittura, bensì come un Essere
veramente vivo, che alle volte parla con l'anima e le svela dei sublimi
segreti. Tuttavia, anche se l'apparizione si protrae per qualche tempo non si
può in essa fermare lo sguardo più di quello che lo si possa nel sole, per cui
la sua vista ne è sempre rapidissima, nonostante che il suo splendore non
offenda gli occhi dell'anima, come lo splendore del sole quelli del corpo.
Parlo degli occhi dell'anima, perché, qui non si percepisce che con essi.
Quanto a vedere con gli occhi del corpo non ne so nulla perché la persona
suddetta, da cui ho appreso tanti particolari, non ne fu mai favorita: e
parlare con esattezza di ciò che non si conosce per esperienza, è assai
difficile. Lo splendore di quell'immagine è come una luce infusa, simile a
quella che avrebbe il sole se lo si coprisse di una cosa trasparente, come il
diamante; e le sue vesti sembrano di tela d'Olanda. Ma quando il Signore
accorda questa grazia l'anima entra quasi sempre nel rapimento, perché uno
spettacolo così tremendo dall'umana debolezza non può essere sopportato.
5 - Dico tremendo, in
quanto è di una maestà così grande che l'anima ne va piena di spavento, benché
sia il più bello e il più dilettevole spettacolo che una persona sappia
immaginare, la quale non riuscirebbe a rappresentarselo così, neppure se vi
lavorasse intorno mille anni di vita, perché superiore di gran lunga alla
capacità della nostra immaginazione e del nostro intelletto. Qui non vi è
bisogno di chiedere come si conosca chi Egli sia. Non occorre che alcuno ce lo
dica, perché si dà a conoscere da sé molto bene come Signore del cielo e della
terra: contrariamente ai re di questo
mondo, i quali, se
non sono accompagnati dalla loro corte, o non si dice chi siano, passano spesso
inosservati.
6 - Oh, Signore! ....
Come vi conoscono poco i cristiani! Che sarà quando verrete a giudicarci, se
qui, mentre venite con tanta affabilità per trattare con la vostra sposa, si
prova un così vivo terrore a guardarvi? Ah, figliuole! Che sarà mai quando con
voce terribile pronunzierà le parole: Via, maledetti dal Padre mio?
7 - Sia questo il
pensiero che lasci ora nella nostra mente la grazia di cui parlo, e ci sarà di
non poco profitto. S. Girolamo, benché santo, l'aveva sempre presente. E con
esso ci sembrerà poco quello che dovremo soffrire per il rigore della Regola
abbracciata. Anche se le sue austerità durassero a lungo, paragonate a quelle
dell'eternità non sarebbero che di un istante. Quanto a me, vi assicuro, benché
tanto miserabile, di non aver mai avuto così paura dei tormenti dell'inferno da
stimarli anche solo qualche cosa di fronte al terrore dei dannati nel vedere
pieni d'ira gli occhi tanto belli, dolci e misericordiosi del Signore. Mi pare
che il mio cuore non li potrebbe sopportare. E tale è sempre stato il mio
pensiero. Ah, quanto dovrà più temere chi ha ricevuto questa grazia, se
l'emozione che in essa si prova basta da sola per far uscire dai sensi! Questo
dev'essere il motivo per cui l'anima rimane allora sospesa. Ma il Signore
soccorre alla debolezza di lei, acciocché si unisca alla sua grandezza in
questa divina e tanto sublime comunicazione.
8 - Se l'anima può
indugiarsi a lungo nella contemplazione del Signore, credo che non si tratti di
visione, ma di una qualche figura formatasi nell'immaginazione in seguito a una
considerazione molto intensa: figura che, paragonata a quella di cui parlo,
sarà come una cosa morta.
9 - Ecco quanto
avviene ad alcune persone. So che è vero perché ne han trattato con me, e non
tre o quattro, ma molte. Costoro, in seguito alla debolezza della loro fantasia
o all'attività del loro intelletto o non so per quale altro motivo, s'immergono
in tal modo nelle loro immaginazioni da essere sicurissime di vedere tutto
quello che pensano. Ma esse comprenderebbero tosto il loro errore, se avessero
avuto una qualche vera visione, perché, non solo non ne risentono alcun
effetto, ma siccome sono loro stesse a fabbricare quel che vedono con
l'immaginazione, rimangono molto più fredde che se vedessero un'immagine
devota. Perciò non se ne deve far caso. Del resto esce pure di mente molto più
presto di un sogno.
10 - Non così nel caso
nostro. Mentre l'anima è molto lontana e non pensa neppure di aver da vedere
qualche cosa, ecco che d'improvviso le si presenta la visione, la quale mette
sossopra le potenze e i sensi con gran timore e turbamento, per poi lasciarli
in una pace deliziosa. A quel modo che quando S. Paolo fu rovesciato per terra
avvennero nel cielo alcuni tuoni e movimenti, così in questo nostro mondo
interiore. Vi succede come una gran commozione, ma poi subito si fa tutto
tranquillo, e l'anima si ritrova in possesso di così grandi verità da non aver
più bisogno di alcun maestro, perché la vera Sapienza l'ha liberata dalla sua
ignoranza, senza che ella si affaticasse. Per qualche tempo l'anima conserva
una tale certezza della divina provenienza di questa grazia che, per quanto le
dicano in contrario, nulla può indurla à temere d'essere stata in inganno. Ma
in seguito, quando il confessore cerca d'intimorirla, Dio permette che ne
dubiti, pensando che ciò possa essere in castigo dei suoi peccati. Tuttavia non
ne è convinta. Vi si trova come nelle tentazioni contro la fede: il demonio può
inquietarla, ma non per questo lascia ella di credere. Anzi, quanto più il maligno
la combatte, tanto più si convince che beni così grandi non le vengono da lui.
Egli non può far molto sull'interiore dell'anima: le sue rappresentazioni non
sono mai con tanta verità, maestà ed effetti.
11 - Siccome è una cosa che
i confessori non possono vedere, e la persona che ne è favorita non sa alle
volte spiegarsi, essi han tutti i motivi di temere. Perciò si deve procedere
con circospezione e
attendere che il
tempo ne mostri i frutti, osservando se l'anima ne esca più umile e più
fortificata in virtù. Il demonio, se è lui, darà presto dei segni e si lascerà
sorprendere in mille falsità. Il confessore che ha esperienza, ed ha provato
queste cose, non tarderà molto ad accorgersi. Dalla relazione che gliene
faranno, vedrà prontamente se è l'opera di Dio, dell'immaginazione o del
demonio, specialmente se avrà ricevuto dal Signore il dono del discernimento
degli spiriti. Se avrà questa dono e sarà fornito di dottrina, lo conoscerà
molto bene anche senza esperienza.
12 - Importa molto, sorelle, che vi comportiate con il
confessore con grande verità e schiettezza, non soltanto quanto a manifestargli
i vostri peccati, com'è doveroso, ma anche nel dargli conto della vostra
orazione. Altrimenti non vi potrei assicurare né della vostra via, né che sia
Dio quegli che v'insegna. Piace molto al Signore che usiamo con i suoi
rappresentanti la stessa verità e chiarezza che useremmo con Lui, desiderosi di
far loro conoscere tutti i nostri pensieri e soprattutto le nostre opere, anche
più piccole. Se fate così, sbandite ogni timore e mettetevi in pace. Anche se
le visioni non fossero da Dio, avendo voi umiltà e buona coscienza, non vi
farebbero alcun danno. Il Signore saprebbe cavar bene dal male, in quanto che,
nella persuasione di esser da Dio favorite, fareste di tutto per maggiormente
contentarlo, mantenendovi continuamente occupate nella sua immagine: e così
avreste un guadagno là dove il demonio pretendeva rovinarvi.
Diceva un gran teologo che se il demonio, bravo pittore
com'è, gli rappresentasse un'immagine del Signore molto espressiva, egli invece
di averne pena, se ne servirebbe per ravvivarsi in devozione e muovere guerra
al maligno con le stesse sue armi. Per quanto un pittore possa essere malvagio,
non per questo si deve disprezzare l'immagine che egli faccia, quando sia di
Colui che è il nostro solo Bene.
13 - Inoltre quel teologo biasimava molto coloro che al
sopraggiungere di qualche visione consigliano di farle le corna, perché,
diceva, dobbiamo onorare l'immagine del nostro Re in qualunque luogo si veda. E
trovo che ha ragione. Anche fra noi, del resto, se una persona ama un'altra e
viene a sapere che quest'altra copre d'ingiurie il suo ritratto, non ha certo
piacere. A maggior ragione si deve rispettare un crocifisso o un'immagine del
nostro Imperatore in qualunque luogo si veda. Benché io abbia scritto su questo
argomento anche in altre parti, mi è piaciuto ripetermi perché ho conosciuto
una persona a cui avevano imposto un tal rimedio, ed era molto afflitta. Non so
chi possa essere l'autore di un tale espediente non buono ad altro che a
tormentare l'anima, la quale, credendo di andar perduta se non ascolta il
confessore, si sforza di obbedirgli. Ma se di questi consigli ne daranno anche
a voi, il mio è che non li abbiate a seguire, esprimendo queste ragioni con
umiltà. Per ciò che mi riguarda, le buone ragioni apportatemi da colui che in
tale circostanza trattò con me, mi convinsero pienamente.
14 - Un gran vantaggio di questa grazia è che l'anima,
pensando al Signore, alla sua vita e alla sua passione, ricorda il suo
dolcissimo e bellissimo volto e ne prova vivissima consolazione, a quel modo
che anche tra noi si sente più piacere nel pensare ai benefici di una persona
conosciuta che non di un'altra mai vista. Vi dico che è un ricordo soave, di
gran conforto e vantaggio. Porta con sé molti altri beni, ma siccome ho già
parlato degli effetti che queste cose producono e che avrò a dire anche
altrove, non voglio ora che ci stanchiamo, né io né voi. Vi raccomando solo instantemente
che, venendo a conoscere o a udire che Dio accorda ad alcuno queste grazie, non
abbiate a pregare
n.
a
desiderare che ne favorisca pur voi. Benché ciò vi sembri assai buono e degno
di grande stima, tuttavia non conviene, per le ragioni che qui vi dico.
15 - Primo; perché è mancanza di umiltà volere che vi si
dia quello che non avete meritato: e credo che chi lo desidera, di umiltà ne
abbia ben poca. A quel modo che un povero contadino è lungi dal desiderare di
esser re, perché la cosa gli sembra impossibile e non crede di meritarla, così
l'umile di fronte a queste grazie. Le quali, a mio parere, non sono concesse
che agli umili, perché il Signore, prima di accordarle, invia sempre un qualche
grande sentimento della propria nullità. Chi ha tali
desideri, come può
essere persuaso che il Signore gli usi una ben grande misericordia nel non
tenerlo già nell'inferno? Secondo, perché è certissimo che con quei desideri, o
si è già in inganno o si è in gran pericolo di esserlo. Al demonio basta
vedersi aperta la più piccola porta per tenderci mille insidie! ... Terzo,
perché quando il desiderio è veemente, vi entra di mezzo l'immaginazione, e
allora la persona si dà a credere di vedere e di sentire ciò che desidera, come
avviene a coloro che sognano di notte quello che di giorno han molto pensato e
desiderato. Quarto, perché assai temerario è volermi scegliere da me stessa la
via, quando non so distinguere quella che più mi conviene, invece di
abbandonarmi a Dio, il quale, conoscendomi, mi condurrebbe per quella che più
si addice al caso mio, dandomi modo di compiere in tutto la sua santa volontà.
Quinto, credete forse che siano leggeri i travagli delle anime che così Dio
favorisce? No, ma grandissimi e di vario genere. E allora, come sapete di
essere capaci di sopportarli? Sesto, perché può essere che troviate la vostra
perdita dove pensavate di guadagnare, come avvenne a Saul per essere re.
16 - Oltre a queste, vi son altre ragioni. Per cui,
credetemi, il più sicuro è di non volere se non quello che Dio vuole, il quale
ci conosce più di noi e ci ama. Mettiamoci fra le sue mani, affinché compia in
noi la sua santa volontà: mantenendoci in essa con animo risoluto, non cadremo
mai in errore. Dovete inoltre avvertire che il fatto di ricevere tali grazie
non significa che si abbia pure maggior merito. Anzi, ricevendo di più, si
rimane obbligati. Ciò che importa maggiore o minor merito è alla portata di
tutti, e Dio non ne priva nessuno. Vi sono molte anime sante che non hanno mai
saputo che cosa sia ricevere una di queste grazie; altre invece le ricevono, e
non sono sante. Non dovete poi credere che questi favori siano continui. Anzi,
per uno solo di essi che il Signore conceda, si han travagli in gran numero,
per cui l'anima, nonché preoccuparsi per sapere se tali grazie le verranno
ripetute, non pensa che al modo di meglio corrispondervi.
17 - È vero che devono
essere di grande aiuto per avere virtù più perfette; ma le virtù acquistate con
le proprie fatiche sono degne di maggior premio. Io conosco una persona, anzi
due - una delle quali
è uomo - a cui il
Signore aveva concesso queste grazie. Eppure esse desideravano così
ardentemente di servire Iddio a proprie spese, senza tanti favori, ed avevano
una brama così viva di patire per amor suo, che si lamentavano con Lui perché
così le favoriva, disposte pure a resistere se avessero potuto.Parlo solo delle
delizie che Dio comparte nella contemplazione, non delle visioni, perché queste
sono degne di molta stima, e se ne ricava sempre gran vantaggio.
18 - Secondo me, questi desideri sono soprannaturali e
propri di anime altamente innamorate, le quali vorrebbero mostrare a Dio che
non lo servono per il salario. Se si sforzano di servirlo con maggiore
attenzione, non è per la gloria che ne avranno in ricompensa, a cui non pensano
neppure, ma soltanto per soddisfare all'amore, la cui natura è di sempre
operare, in tutte le maniere. L'anima, se lo potesse, escogiterebbe nuovi mezzi
per consumarsi in amore. E se la maggior gloria di Dio richiedesse il suo
perpetuo annientamento, vi si assoggetterebbe volenteri. Sia Egli per sempre
benedetto che vuol mostrare la sua grandezza nel comunicarsi con sì miserabili
creature! Amen.
Capitolo 10
Altre grazie e
diversa maniera con cui Dio le concede. Gran profitto che se ne ricava
1 - Il
Signore si comunica con queste apparizioni in varie circostanze: alle volte
quando l'anima è afflitta, altre volte quando le ha da venire qualche grave
travaglio, ed altre quando Sua Maestà vuole deliziarsi con lei e favorirla. Ma
non è il caso di discendere a tanti particolari, perché mio scopo è di far
conoscere, per quanto io me ne intenda, le diverse grazie che su questo cammino
si ricevono, affinché sappiate in che consistono, e quali gli effetti che
lasciano, senza ingannarci col pensare che ogni immaginazione sia una
visione.Con ciò, inoltre, non vi turberete né cadrete in angustia qualora
ne siate favorite,
vedendo che, dopo tutto, si tratta di cose possibili. Il demonio guadagna molto
e prende molto piacere nel vedere un'anima afflitta ed inquieta, perché sa che
tale stato le impedisce d'impiegarsi nell'amare e nel dar lodi al Signore. Sua
Maestà si comunica ancora in altri modi; molto più sublimi e meno pericolosi,
nei quali le contraffazioni del demonio non credo siano possibili. Ma siccome
si tratta di cose molto occulte, non è troppo facile parlarne, a differenza
delle visioni immaginarie che si possono spiegare più facilmente.
2 - Ecco ciò che
accade quando Dio lo vuole. L'anima, mentre è in orazione e profondamente in
essa assorbita, si sente improvvisamente sospesa, e il Signore le fa intendere
grandi segreti, che ella crede di vedere nello stesso Dio. Ho detto vedere, ma
in realtà non vede nulla, perché non si tratta di una visione della
sacratissima Umanità e neppure di una visione immaginaria, ma di una molto
intellettuale, nella quale s'intende in che modo si vedano in Dio le cose e
come Egli le contenga in sé. Benché sia una grazia fugacissima, tuttavia
s'imprime nell'anima profondamente, e grandi sono gli effetti che ne vengono.
Anzitutto ci copre di confusione, facendoci meglio vedere la malizia dei nostri
peccati, in quanto li commettiamo mentre siamo in Dio: si, dentro di Lui. Per farmi
intendere, voglio vedere se riesco a servirmi di una similitudine. Benché sia
così e si tratti di una verità che sentiamo molte volte, tuttavia, o non vi
pensiamo o non vogliamo capirla: se la comprendessimo bene, pare che tanta
temerità non ci sarebbe possibile.
3 - Supponiamo che Dio
sia come una stanza o un palazzo molto grande e bello. Il palazzo, ripeto, è lo
stesso Dio. Ora, il peccatore per commettere le sue iniquità può forse uscire
dal palazzo? No. Tutte le abominazioni, le scelleraggini, le disonestà che noi
peccatori commettiamo, si consumano tutte in quel palazzo, vale a dire nello
stesso Dio. Oh, verità spaventevole e degna di somma riflessione! Quanto utile
per noi che siamo poco istruite e non finiamo mai di persuadercene! Oh, sarebbe
affatto impossibile avere ancora una così insensata temerità! Consideriamo,
sorelle, la grande misericordia e la pazienza di Dio che non ci sprofonda
sull'istante. Ringraziamolo sentitamente e vergognamoci di essere così
sensibili a ciò che dicono o fanno contro di noi. Non è forse un'inconcepibile
nequizia risentirci di una paroletta, detta alle volte in nostra assenza e
forse senza cattiva intenzione, mentre vediamo Dio nostro Creatore sopportare
che le sue creature gli facciano tante offese fin dentro di Lui?
4 - Oh, miseria umana!
Quando, figliuole, imiteremo un poco questo nostro gran Dio? No, non ci avvenga
mai di credere che facciamo pur noi qualche cosa perché sopportiamo
un'ingiuria! Soffriamo tutto di buona voglia, e amiamo coloro che ci offendono,
giacché anche questo gran Dio non ha mai lasciato di amarci, nonostante i
nostri molti peccati. Sì, ha ragione di volere che tutti perdonino, qualunque
sia l'offesa ricevuta. Benché questa visione sia tanto rapida, pure vi dico che
è un'insigne grazia di Dio, purché l'anima sappia giovarsene, riportandola
spesso alla memoria.
5 - Subitamente, e in
un modo inesplicabile, succede alle volte che Dio mostri in se stesso una tale
verità da eclissare tutta quella che si trova nelle creature, dando chiaramente
a conoscere che Egli solo è verità, incapace di mentire. Allora si comprende
ciò che dice David in un salmo: cioè, che ogni uomo è mendace, parole che non
si intenderebbero mai così bene, neppure se si sentissero molte volte. Dio è
una verità che non può mancare. Quando Pilato chiese a nostro Signore, durante
la passione, che cosa fosse la verità, penso che gli abbia chiesto troppo.E noi
quanto poco la conosciamo questa suprema Verità! Su questo argomento vorrei
spiegarmi più a lungo, ma mi è impossibile.
6 -
Impariamo da ciò, sorelle, che per conformarci in qualche cosa al nostro Sposo
e Dio, occorre che ci studiamo di comportarci sempre con verità. Non dico
soltanto che non si debba mentire: in ciò, grazie a Dio, vi vedo così
guardinghe che in queste case non si dice bugia per veruna cosa del mondo; ma
che camminiamo nella verità innanzi a Dio e innanzi agli uomini in tutte le
circostanze
possibili,
specialmente col non volere che ci ritengano più di quello che siamo, e con dare
a Dio quello che è di Dio, e a noi quello che è nostro nelle opere che
facciamo. Cerchiamo di metterci ovunque nella verità, e non faremo tanta stima
di questo mondo che è tutto menzogna e bugia, e che appunto perché tale non può
essere durevole.
7 - Mi chiedevo una
volta perchè Dio ami tanto l'umiltà, e mi venne in mente, d'improvviso, senza
alcuna mia riflessione che ciò dev'essere perché Egli è somma Verità, e che
l'umiltà è verità. È verità indiscutibile che da parte nostra non abbiamo nulla
di buono, ma solo miseria e niente.Chi più lo intende, più si fa accetto alla
suprema Verità, perché in essa cammina. Ci conceda Iddio, sorelle, di non mai
uscire da questo nostro conoscimento! Amen!
8 - Nostro Signore
accorda all'anima queste grazie perché, considerandola ormai come sua vera
sposa, già decisa di fare in tutto il suo volere, vuole svelarle qualche sua
grandezza e mostrarle in quali cose debba ella assecondarlo. Non occorre che mi
estenda di più. Ho parlato di queste due grazie, perché mi sembrano di grande
utilità. In esse non vi è alcun motivo di temere, ma soltanto di lodare il
Signore che le dà. Secondo me, il demonio e l'immaginazione non possono tanto
intromettersi, e l'anima ne esce molto consolata.
Capitolo 11
Tratta di certi desideri di godere Iddio, dati all'anima da
Dio stesso, così grandi e impetuosi da mettere in pericolo la stessa vita.
Vantaggi che l'anima ne ricava
1 - Bastano forse
queste grazie perché la colombella o farfalletta - non crediate che me ne sia
scordata - si senta soddisfatta e si riposi dove dovrà morire? No, certamente.
Anzi, il suo stato si fa molto più grave, geme e va continuamente fra le
lacrime. Benché riceva queste grazie da molti anni, tuttavia, ognuna di esse
accresce il suo tormento, perché meglio vi conosce le grandezze del suo Dio. Ed
ella, vedendosi da lui separata e così lontana dal possederlo, sente aumentare
i suoi desideri, in proporzione dell'amore che va pur esso aumentando, a misura
che più scopre quanto meriti di essere amato quel suo gran Dio e Signore. E con
l'andare degli anni quei desideri vanno a poco a poco aumentando fino a
produrre la gran pena di cui ora dirò. Ho detto anni per conformarmi al modo
con cui si sono svolti nella persona accennata, ma so bene che a Dio non si metton
limiti. Egli può fare quel che vuole, per noi desidera di far molto, e può in
un istante elevare l'anima al più alto grado che qui si dirà.
2 - Accenno, dunque, a
quelle ansie, lacrime, sospiri e grandi impeti, di cui ho parlato: cose che
sembrano derivare dal nostro amore quando sia molto sentito. Tuttavia, sono
come un fuoco che dà fumo, si possono sempre sopportare, sia pure con pena, e
non sono neppure da paragonarsi con quello che ora voglio dire. Mentre l'anima
va così ardendo in se stessa, ecco che in seguito a un minimo pensiero o a una
parola che senta sulla lentezza della morte, le viene - non si sa da che parte,
né in che modo - come un colpo o una saetta di fuoco. Non dico già che sia una
saetta: checché sia, si vede chiaramente che non viene da noi.
Dico colpo, ma non lo è; e tuttavia ferisce profondamente.
Mi pare che si faccia sentire, non in quella parte dove si sperimentano i
dolori della terra, ma nel più intimo e più profondo dell'anima, dove questo
fugacissimo raggio riduce in polvere tutto ciò che trova di questa nostra bassa
natura, tanto da esserci impossibile, finché esso continua, di ricordarci
ancora di noi. Immediatamente le potenze si sentono così impacciate da non
essere più capaci di nulla, eccetto di quelle cose che possono aumentare il
tormento.
3 - Non vorrei che mi
credeste esagerata. Anzi, sono assai moderata, perché si tratta di cose che non
si sanno esprimere.
I sensi e le potenze vengono rapiti a tutto ciò che non contribuisce a far
crescere quello spasimo.
E se l'intelletto conserva la sua attività, è solo per
comprendere con quanta ragione l'anima debba affliggersi per essere lontana da
Dio. Vi concorre pure il Signore col dare una così viva cognizione di sé da
portare la pena a un alta grado d'intensità, per cui la persona che ne soffre
finisce col prorompere in alte grida, senza potersi contenere, neppure se molto
paziente e abituata a grandi sofferenze, perché i tormenti di cui parlo non si
sentono nel corpo ma nel profondo dell'anima. Allora
quella persona comprende quanto più grandi delle pene del corpo siano quelle
dell'anima, e pensa che di questa natura debbano pur essere quelle del
purgatorio, dove l'assenza del corpo non impedisce all'anima di soffrire assai
di più che non qui sulla terra in compagnia del corpo.
4 - Io ho visto una
persona in questo stato e ho creduto veramente che fosse per morire. Nessuna
meraviglia del resto, perché qui si è appunto in gran pericolo di morte. Per
quanto questo fenomeno sia breve, lascia il corpo completamente slogato e con i
polsi così deboli come se l'anima stia per rendersi a Dio. Cessa anche il
calore naturale, e l'anima brucia di tal maniera che, con un po' di più, Dio
compirebbe le sue brame. Al momento il corpo non sente nulla, né poco né molto.
Però le membra si slogano, e per due o tre giorni si hanno grandi dolori, senza
neppur la forza di scrivere: credo che il corpo rimanga più debole di prima. Se
al momento il corpo non soffre, dev'essere per l'intensità dello spasimo
interiore che impedisce all'anima di far, conto di lui. È come avere un dolore
molto acuto in un membro: anche se ne abbiamo vari altri, questi non si sentono
tanto. È un fatto che io ho sperimentato assai bene. Ma nel caso nostro non si
sente né poco né molto, né credo che si senta dolore neppure se ci mettano in
brani.
5 - Mi direte che ciò
è imperfezione, perché quell'anima non si uniforma al volere di Dio, a cui si è
tante volte assoggettata. Fin qui lo poteva fare, e con ciò sopportava la vita.
Ma ora non lo può più, perché il suo intelletto non è padrone di sé, né può ad
altro pensare fuorché alla ragione che ella ha di ben dolersi. Perché ancora
vivere separata dal suo Bene? Si sente come in una strana solitudine, e non
varrebbero a tenerle compagnia, non solo tutte le creature della terra, ma
neppure, credo, gli stessi abitanti del ella ama: anzi, le sarebbero di
tormento. Si vede come per aria, senza appoggi sulla terra e senza mezzi per
salire al cielo.
Arde
di sete e non può giungere all'acqua: sete intollerabile, salita ormai a tali
estremi da non poter essere saziata che con l'acqua di cui il Signore parlò
alla Samaritana.
Altra ella non ne vuole, e questa intanto non le viene
concessa! ...
6 - Oh, Signore!... In
quali angustie stringete mai chi vi ama! Eppure tutto è poco di fronte al molto
con cui poi lo favorite. Del resto è giusto che il molto costi molto,
massimamente quando serve a purificare l'anima per poi introdurla nella settima
mansione, come il purgatorio purifica quelle che devono entrare nel cielo,
tanto più che innanzi alla grandezza dello scopo, quel tormento si fa piccolo,
come goccia di acqua di fronte al mare, nonostante che in sé sia di
un'afflizione così angosciosa da superare, a mio parere, tutte le pene della
terra. Quanto a queste, le teneva da nulla, in paragone, anche la persona di
cui parlo, malgrado ne avesse sofferte moltissime, sia corporali che
spirituali. Eppure l'anima tiene quella pena in sì gran pregio dal
riconoscersene del tutto indegna, e la soffre di gran voglia, disposta pure, se
così piace al Signore, di sopportarla per tutta la vita. Però questo suo
sentimento non è tale da esserle di sollievo, per cui in quel caso non morrebbe
una volta sola, ma sarebbe in continua agonia: veramente così.
7 - Pensiamo un
momento, sorelle, a coloro che sono all'inferno. Non hanno né questa conformità
al volere di Dio, né questa gioia e contento interiore, né la speranza che i
loro tormenti siano ad essi di vantaggio, ma una continua sofferenza che va
sempre più aumentando: dico che va sempre più aumentando quanto alle pene
accidentali. Ora, siccome le sofferenze dell'anima, sono assai più terribili di
quelle del corpo; siccome i tormenti che là si soffrono sorpassano di gran
lunga quelli di
cui abbiamo parlato,
con l'aggiunta che dovranno essere eterni, che sarà mai di quelle anime infelici?
E che cosa si può fare e patire, qui in questa vita così breve, che non sia
ancora un niente per sottrarsi a quegli orribili ed eterni dolori? No, non è
possibile far comprendere quanto siano orribili le sofferenze dell'anima, e
quanto diverse da quelle del corpo: bisogna provarle. Se il Signore ce lo fa
comprendere è per darci a conoscere il molto che gli dobbiamo nell'averci
chiamate in questo stato, nel quale, per sua misericordia, nutriamo speranza
che ci vorrà preservare dall'inferno, perdonandoci tutti í nostri peccati.
8 - Ritorniamo ora al
nostro argomento, cioè alla gran pena in cui abbiam lasciato l'anima. In quel
grado d'intensità non dura molto: tutt'al più, tre o quattro ore. Più a lungo
non lo credo possibile, tranne che per un miracolo, perché la nostra naturale
debolezza non la potrebbe sopportare. A quella persona accadde una volta che
non durasse più di un quarto d'ora, ma ne uscì come fatta a pezzi. Era l'ultimo
giorno delle feste di Pasqua. Ella le aveva passate in tale aridità da quasi
neppur accorgersi che fosse Pasqua.
Ma ecco che durante la ricreazione, - e ciò che dico è vero
- al solo udire una parola sul prolungarsi della vita, quella pena l'assalì con
tanta violenza da trarla completamente dai sensi. Immaginate voi se si possa
resistere! ... Sarebbe come una persona caduta in un braciere che volesse
togliere alla fiamma il potere di bruciarla.
Si tratta di sentimenti che non si sanno dissimulare.
Coloro che assistono non possono sapere ciò che passa nell'anima. Però vedono
che ella è in pericolo di vita. E se le sono un po' di compagnia, è solo a
guisa di ombre. E ombre le sembrano tutte le cose della terra.
9 - È
possibile che qualche volta anche voi abbiate a vedervi in questo stato. Non
dimenticatevi allora che vi può aver parte la nostra naturale debolezza.
Come avete visto, l'anima si va talmente struggendo, che
per uscire dal corpo sembra che non le manchi più nulla. Può allora avvenire
che ne tema per davvero, e che brami un po' di sosta al tormento per non
morire.
È la nostra naturale
debolezza che fa sentire i suoi timori. Tuttavia il desiderio non cessa, ne è
possibile trovare rimedio a tanta pena, finché Dio non lo tolga. Ordinariamente
ciò avviene con qualche grande rapimento o visione, in cui il vero Consolatore
consola e fortifica l'anima affinché si rassegni a vivere per quanto Egli
vorrà.
10 - È uno stato assai penoso, ma l'anima ne esce con
grandissimi effetti, senza più la paura delle tribolazioni possibili, in quanto
non vi è più nulla dopo quel tormento che possa ancora intimorirla. Anzi, visti
i vantaggi che le sono venuti, amerebbe soffrirlo varie altre volte. Ma la cosa
non è in suo potere perché come non ha alcun mezzo per resistere o per
sottrarsene quando viene, così non ne ha alcuno per procurarselo. Avendo
constatato che nessuna cosa della terra le può essere allora di conforto, sente
per il mondo maggior disprezzo di prima; avendo compreso che solo il Creatore
può consolare e saziare la sua anima, esce con maggior distacco dalle creature;
e avendo veduto che se Egli può consolare, può anche far soffrire, ne
concepisce maggior timore, e si studia più attentamente di non offenderlo.
11 - Secondo me, due sono le cose che in questo cammino
spirituale mettono in pericolo di morte: l'una, la pena di cui parliamo,
veramente pericolosa e non di poco; l'altra, una gioia o un'ebbrezza molto
grande per la quale l'anima si trova in tale estremo da parere che stia
veramente per morire: un poco ancora, e uscirebbe dal corpo con sua non piccola
fortuna. Giudicate ora, sorelle, se non ho io ragione di dire che qui occorre
aver coraggio, e se nel caso che voi domandiate a Dio queste grazie, non abbia
Egli ragione di chiedervi, come già ai figliuoli di Zebedeo, se potete bere il
suo calice.
12 - Sono sicura che tutte risponderemmo di sì, e non senza
ragione, perché il Signore, quando vede
che uno ha bisogno
di essere incoraggiato, non lascia di farlo. Anime siffatte Egli le difende in
ogni cosa, e quando sono oggetto di biasimo e di persecuzione, risponde per
loro, se non con le parole, con i fatti, come fece con la Maddalena. E poi,
poi... prima che muoiano, le paga di tutto in una volta, come ora vedrete. Sia
Egli per sempre benedetto, e tutte le creature lo lodino! Amen.
SETTIME MANSIONI
Capitolo 1
Grazie sublimi di
cui Dio favorisce le anime che sono entrate nelle settime mansioni - Differenza
fra anima e
spirito, benché siano un tutt'uno - Si tratta di cose che meritano attenzione
1 - Dopo quello che si
è detto di questo cammino spirituale, vi parrà, sorelle, che non vi sia più
nulla d'aggiungere. Ma è stoltezza pensarlo, perché se le
grandezze di Dio non hanno limiti, non ne
hanno neppure le sue opere. Chi può finire di raccontare le
sue misericordie e le sue magnificenze?
Nessuno certamente. Perciò,
non solo non dovete meravigliarvi di ciò che si è detto, ma neppure di quanto
si dirà, non essendo infine che un punto rispetto al molto che di Dio si può
dire.
È già una sua grande
misericordia l'aver comunicato queste cose a persone da cui possiamo saperle,
perché così, conoscendo meglio le sue comunicazioni con le
creature, meglio lodiamo la sua
grandezza, e ci sforziamo di tenere in gran conto le anime
con le quali Egli tanto si diletta.
Anche noi abbiamo un'anima, fatta ad immagine e a
similitudine di Dio, ma non sappiamo apprezzarla come si merita, per cui non
conosciamo i grandi segreti che sono in essa. Piaccia a Dio - se ciò gli è di
gloria - di muovere la mia penna e d'insegnarmi il modo di farvi intendere
qualche cosa del molto che vi è ancora da dire, e che Dio disvela alle anime da
Lui introdotte in questa mansione.
A questo scopo io ho già molto pregato. Mio intento, come
Dio sa, è di mettere in luce le sue misericordie, affinché il suo nome sia
maggiormente lodato e benedetto. E spero che Egli mi esaudisca, non pe me, ma
per voi, affinché intendiate quanto importi che non sia per vostra colpa che lo
Sposo lasci di celebrare con voi questo matrimonio spirituale, fonte d'immensi
vantaggi.
2 - Gran Dio! Misera
come sono, mi vien da tremare nel parlare di un soggetto che merito così poco
d'intendere. Mi sento tutta confondere, e penso se non sia meglio trattare di
questa mansione in poche parole. Mi sembra che si debba supporre che io me ne
intenda per esperienza, e ciò, conoscendomi chi sono, mi è d'indicibile
vergogna e terrore.
D'altra parte mi sembra che non farlo sia tentazione e
debolezza. E così mi arrendo, nonostante i giudizi che ne possiate fare. Purché
il mio Dio sia lodato e conosciuto un po' di più, mi gridi pur dietro tutto il
mondo! ... Senza poi dire che quando questo scritto verrà alla luce, può essere
che io sia morta.
Sia benedetto Colui che vive e vivrà per tutti i secoli!
Amen.
3 - Quando nostro
Signore si degna d'aver pietà di quanto patisce ed ha patito per il desiderio
di Lui quest'anima che Egli spiritualmente ha già accettato in sua sposa, la
introduce, prima che il matrimonio spirituale si consumi, nella sua stessa
mansione, che è questa settima di cui parliamo.
In quella guisa che
Dio ha la sua dimora nel cielo, così deve averla nell'anima, per abitarvi da
solo come in un secondo cielo.
Importa molto, sorelle, che ci guardiamo dal credere che la
nostra anima sia un qualche cosa di oscuro. Ordinariamente, siccome non vediamo
altra luce fuor di quella che colpisce i nostri occhi, ci figuriamo che nel
nostro interno non ve ne sia alcuna e che nella nostra anima regni una specie
di oscurità.
Così è per le anime che non sono in grazia; ma ciò, non per
difetto del Sole di Giustizia che é
ancora in loro come datore dell'essere, ma perché esse non
sono capaci di ricevere la sua luce, come
mi
pare di aver detto nella prima mansione, riferendomi a ciò che ne aveva inteso
una certa persona. Queste anime
sventurate si trovano come in una oscura prigione, con le mani e i piedi
legati,
incapaci di qualsiasi azione che sia loro di merito, cieche
e mute.
Compiangiamole ché ne
abbiamo ragione, pensando che anche noi ci siam forse trovate nelle medesime
condizioni, e che Dio può aver misericordia anche di loro.
4 - Abbiamone gran
cura e non trascuriamo mai di supplicarne il Signore. Pregare per coloro che
sono in peccato mortale è una grandissima elemosina, maggiore di quella che si
possa fare nella supposizione seguente.
Ecco un cristiano che ha le mani legate dietro le spalle
con una grossa catena, e stretto a un palo. Sta languendo di fame, non già
perché gli manchino gli alimenti, ché anzi ne ha vicini di squisitissimi, ma
perché non può prenderli né portarli alla bocca.
Anzi, ne ha una nausea
profonda, e sta ormai per morire, non di morte temporale, ma eterna. Ora, non
sarebbe una crudeltà fermarsi a guardarlo senza mettergli in bocca alcun
cibo?
Che dire invece se per le vostre preghiere gli venissero
tolte le catene? Ma già voi mi capite... Perciò vi scongiuro per amor di Dio di
non mai dimenticarvi nelle vostre preghiere di queste povere anime!...
5 - Ma
non è di loro che intendiamo parlare, bensì di quelle che per misericordia di
Dio han fatto penitenza dei peccati commessi, e ora sono in grazia.
Possiamo considerare ognuna
di queste anime non già come una cosa stretta e limitata, ma come un mondo
interiore, suddiviso in tante e meravigliose mansioni. Ed è giusto che sia
così, perché in esse ha sua stanza il Signore.
Ora, quando Sua Maestà si
compiace di accordare a un'anima la grazia di questo divino matrimonio,
comincia con introdurla nella sua stessa mansione, ma non come le altre volte
quando la favoriva di rapimenti.
Benché Dio unisca l'anima a sé anche con i rapimenti e con
quell'orazione che abbiamo detto di unione, tuttavia queste cose non sembra che
invitino l'anima ad entrare nel suo centro, come avviene in questa mansione, ma
soltanto a salire nella sua parte superiore. Comunque, il modo poco
importa.
Quello che vale è che il
Signore unisce l'anima a sé, rendendola cieca e muta, come S. Paolo al momento
della conversione, e impedendole di conoscere la grazia che gode e come la
gode.
La gran gioia che
allora l'anima sperimenta è solo in quanto si vede vicina a Dio, mentre quando
Egli la unisce a sé, non intende nulla perché le potenze si perdono.
6 - Ma
qui la cosa è diversa. Il nostro buon Dio vuol levarle le squame dagli occhi,
affinché veda ed intenda qualche cosa della grazia che sta per farle, e ciò in
un modo assai strano.
Una volta introdotta in questa mansione, le si scoprono, in
visione intellettuale, le tre Persone della santissima Trinità, come in una
rappresentazione della verità, in mezzo a un incendio, simile a una nube
risplendentissima che viene al suo spirito. Le tre Persone si vedono distintamente,
e l'anima, per una nozione ammirabile di cui viene favorita, conosce con
certezza assoluta che tutte e tre sono una sola sostanza, una sola potenza, una
sola sapienza, un solo Dio.
Ciò che crediamo per fede,
ella lo conosce quasi per vista, benché non con gli occhi del corpo né con
quelli dell'anima, non essendo visione immaginaria.
Qui le tre Persone si
comunicano con lei, le parlano e le fanno intendere le parole con cui il
Signore disse nel Vangelo che Egli col Padre e con lo Spirito Santo scende ad
abitare nell'anima che lo ama ed osserva i suoi comandamenti.
7 - O Dio! Che
differenza udire e credere a queste parole dall'intenderne la verità nel modo
che ho detto! Lo stupore dell'anima va ogni giorno aumentando, perché le pare
che le tre divine Persone non l'abbandonino più.
Le vede risiedere nel suo
interno, nella maniera già detta, e sente la loro divina compagnia nella parte
più intima di se stessa, come in un abisso molto profondo che per difetto di
scienza non sa definire.
8 - Stando a quello
che ho detto, vi sembrerà che l'anima non sia in se stessa, ma tanto assorbita
da non intendere nulla. Eppure, per ciò che riguarda il servizio di Dio, è
molto più in sé di prima, tanto che appena espletate le sue occupazioni, si
raccoglie con quella dolce compagnia, mentre il Signore non lascia di farle
sentire la sua continua presenza, né mai più l'abbandona se non sia prima lei a
lasciarlo.
Ma grande è là sua fiducia
che Dio, dopo averle concesso questa grazia non permetterà che la perda. E così
infatti può credere, malgrado che non lasci di comportarsi con la maggior
attenzione
possibile per non offenderlo in nulla.
9 - Dovete sapere che
la vista di questa divina presenza non dura sempre così perfetta - dico in modo
così chiaro - come al momento della sua prima manifestazione, o come quando il
Signore si compiace di ripeterne la grazia.
Se fosse così, sarebbe impossibile non solo occuparsi in
altra cosa, ma neppur vivere fra gli uomini. Però, quantunque la visione non
sia sempre così chiara, tuttavia l'anima non lascia mai di avvertire di essere
in quella compagnia.
Ecco un paragone: una persona si trova con molte altre in
una stanza inondata di luce. Si chiudono le finestre e si rimane al buio. Ora,
quella persona non lascia certo di credere che le altre siano là per il fatto
che, mancando la luce, non le vede e non le vedrà fino al ritorno della luce.
Sarebbe ora da
chiedere se, tornata la luce, ella volendolo, possa rivedere le persone. No,
non è in suo potere: occorre che Dio si compiaccia di aprire la finestra
dell'intelletto. Ma è già per una sua grande misericordia se non si allontana
da lei e permette che lo comprenda in quel modo!
10 - Sembra che Sua Divina Maestà voglia disporre l'anima
con quest'amabile compagnia per delle cose più sublimi. In essa infatti trova
un grande aiuto per avanzarsi in perfezione, e liberarsi dal timore che le
altre grazie di Dio talvolta le ispiravano.
Infatti, quella persona si
trovò migliorata in ogni cosa, persuasa che l'essenziale della sua anima non si
muovesse più da quella mansione, per pene ed affari che avesse.
Anzi le sembrava che la sua anima fosse quasi divisa tanto
che dopo questa grazia, quando le accadeva di vedersi fra gravi tribolazioni,
si lamentava di lei, come Marta di Maria, rimproverandola che stesse sempre
godendo in quella quiete e lasciasse lei fra tante pene e occupazioni che le
impedivano di tenerle ivi compagnia.
11 - Può essere, figliuole,
che ciò vi sembri una stranezza, ma è così. Sappiamo che l'anima è una, eppure
non dico una stranezza, ma un fatto molto ordinario.
Non vi ho forse detto che
da certi effetti interiori si può chiaramente conoscere che fra l'anima e lo
spirito vi dev'essere una qualche differenza?
In realtà non sono che una cosa, ma alle volte vi si nota
una distinzione così sottile da pensare che
l'uno operi in un modo e l'altra in altro, a seconda del
sapore diverso di cui il Signore li favorisce.
Inoltre, mi pare che l'anima differisca dalle sue potenze e
che non sia una cosa sola con esse.
Insomma, vi sono nel nostro interno tanti e così delicati
misteri che sarebbe temerità mettermi io a spiegarli. Li vedremo tutti
nell'altra vita, se il Signore si compiacerà, nella sua misericordia,
d'ammettercí in quel soggiorno ove ci saranno svelati.
Capitolo 2
Ancora sul
medesimo argomento - Differenza che passa tra l'unione e il matrimonio
spirituale,
spiegata con
graziosi paragoni
1 - Veniamo ora a
parlare del divino e spirituale matrimonio, che credo quaggiù non si debba
effettuare in tutta la sua perfezione, perché basta che ci allontaniamo da Dio
per subito perderne la grazia.
La prima volta che l'accorda, il Signore si compiace di
mostrarsi all'anima nella sua Umanità sacratissima mediante una visione
immaginaria affinché ella lo conosca e comprenda il gran dono che sta per
farle. Forse ad altre persone si mostrerà in altra forma; ma a quella di cui
parliamo si presentò appena fatta la comunione, circonfuso di grande splendore,
e le disse esser tempo che ella si curasse delle cose di Lui come fossero sue
proprie, mentre Egli s'interesserebbe delle sue. Ed aggiunse altre parole che
sono più da sentire che da dire.
2 - Si direbbe che per
quella persona non fosse una novità, perché il Signore le si era mostrato così
varie altre volte. Ma allora lo fece in tal modo da lasciarla fuor di sé e tutta
piena di spavento: primo, per la grande violenza con cui la visione le avvenne;
secondo, per le parole che le furono dette; e infine perché non aveva mai avuto
altre visioni, tranne quella di cui ho parlato.
Dovete sapere che la
differenza fra le visioni precedenti e quelle di queste mansioni è molto
grande: quella che passa tra il fidanzamento e il matrimonio spirituale è come
quella tra due fidanzati e coloro che più non possono separarsi.
3 - Ho già detto che
si ricorre a questi paragoni perché non ve ne sono altri di più adatti. Però si
tenga presente che qui al corpo non si pensa, non altrimenti che se l'anima ne
fosse separata, e nient'altro che puro spirito.
Meno ancora poi nel matrimonio spirituale, perché questa
misteriosa unione si fa nel centro più
intimo dell'anima, ove deve abitare lo stesso Dio che per
entrarvi non ha bisogno di alcuna porta.
Se ho detto che non ha bisogno di alcuna porta, è perché
nelle grazie fin qui descritte i sensi e le potenze gli erano come di mezzo, ai
quali doveva pur ricorrere quando appariva nella sua sacratissima Umanità. Ma
ben diversa è la cosa nell'unione del matrimonio spirituale.
Il Signore appare nel centro dell'anima - non per visione
immaginaria ma intellettuale - in un modo più delicato che non in quello già
detto, come apparve agli apostoli senza passare per la porta quando disse loro:
Pax vobis
Ed è un segreto così grande, un così intenso diletto, un
così sublime e subitaneo favore che non so a qual paragone ricorrere. Sembra
che Dio voglia mostrare all'anima la gloria del cielo, ma in un modo più
elevato che non con ogni altra visione o gusto spirituale.
Soltanto questo si può
dire: che l'anima, o meglio il suo spirito, diviene una cosa sola con Dio. Così
a quanto si può capire.
Dio, spirito pur Lui, volendo mostrarci l'amore che ci
porta, fa conoscere ad alcune persone fin dove il suo amore sa giungere,
affinché lodiamo la sua grandezza, la quale si compiace di così unirsi a una
creatura da non volersi mai più da essa dividere, come coloro che per il
matrimonio non si possono più separare.
4 - Non è così nel
fidanzamento spirituale nel quale spesso i due soggetti si separano, come
nemmeno nell'unione, nella quale, pure avendosi congiunzione di due cose in
una, tuttavia queste si possono dividere, e sussistere ognuna da sé.
Ordinariamente infatti si tratta di una grazia che passa rapidamente, lasciando
l'anima priva della compagnia che aveva: priva nel senso che non la sente
più.
Non così invece nel
matrimonio spirituale, perché l'anima rimane sempre in quel centro con il suo
Dio.
Possiamo paragonare l'unione a due candele di cera unita
insieme così perfettamente da formare una sola fiamma, oppure come se il
lucignolo, la fiamma e la cera non siano che una cosa sola. Nondimeno le
candele si possono separare, ricavandone due candele distinte: così pure il
lucignolo dalla cera.
Ma nel caso nostro è come l'acqua del cielo che cade in un
fiume o in una fonte, dove si confonde in tal modo da non saper più distinguere
quella del fiume da quella del cielo; oppure come un piccolo ruscello che va a
finire nel mare, da cui non è più possibile separarlo; o come una gran luce che
entra in una stanza per due finestre: vi entra divisa, e dentro si fa un
tutt'uno.
5 - Ciò forse intendeva S. Paolo quando disse:
Chi si accosta e si unisce a Dio si fa un solo spirito con Lui, accennando a
questo sublime matrimonio nel quale si presuppone che Dio si sia già avvicinato
all'anima mediante l'unione. Dice ancora l'Apostolo: "Il mio vivere è
Cristo e il morire un guadagno" Così mi pare che possa dire pur l'anima,
perché qui la farfalletta muore con suo grandissimo gaudio, essendo Cristo la
sua vita.
6 - Col
tempo s'intenderà meglio questa cosa dagli effetti che si avranno, e la si
vedrà chiaramente per via di certe segrete aspirazioni, talvolta così vive da
rendere impossibile ogni dubbio.
Sì, è Dio che dà vita all'anima. Ella non si sa esprimere,
ma lo sente molto bene.
E alle volte, non potendo
più contenere i grandi sentimenti che l'agitano, prorompe in parole di
tenerezza, come: "O Vita della mia vita! O Sostegno che mi sostieni!
" ed altre simili.
Intanto,
dalle divine mammelle a cui è attaccata, escono certi spruzzi di latte che
confortano tutti gli abitanti del castello, quasi voglia il Signore che
anch'essi partecipino al godimento dell'anima, e che dal fiume immenso in cui
la fontanella si è sperduta zampillino alcune polle di acqua in sostegno di
coloro che devono attendere nel corporale ai due sposi.
Sono operazioni che si avvertono e delle quali si rimane
sicurissimi, a guisa di persone che vengano improvvisamente bagnate e che non
possano a meno di avvertirlo, neppure se in quell'istante fossero
distratte.
Ma a quel modo che non si può avere alcun getto d'acqua
senza un principio che la muova, così nel nostro interno quanto alle operazioni
che ho detto: vi dev'essere qualcuno che scagli quelle saette e che dia vita a
quella vita, un sole fortemente luminoso che dall'interiore dell'anima diffonda
luce per tutte le potenze.
Ciò nonostante l'anima non
si muove dal suo centro, né perde la sua pace. Colui che dette la pace agli
apostoli quando stavano insieme, può darla anche a lei.
7 - Penso che questo
saluto del Signore, non meno delle parole con cui mandò in pace la gloriosa
Maddalena, dovettero operare più di quello che suonavano, perché in noi le
parole di Dio sono parole ed opere.
In
quelle anime ben disposte dovevano operare in tal modo da spogliarle di ogni
cosa corporea, lasciandole nello stato di puri spiriti, acciocché potessero
congiungersi, mediante questa unione celeste, con lo Spirito increato, essendo
ormai fuor di dubbio che tanto più Egli ci riempie di sé, quanto più ci
vuotiamo di ogni cosa creata., distaccandocene per amor suo.
Per questo Gesù Cristo
Signor Nostro pregando una volta per i suoi apostoli, domandò - non so bene in
che circostanza - che fossero una cosa sola col Padre e con Lui, come Egli,
Gesù Cristo Signor Nostro, è nel Padre e il Padre in Lui.
Non so se possa darsi maggiore amore! Anche noi vi siamo
comprese, perché il Signore disse: Non prego soltanto per essi, ma anche per
coloro che crederanno in me. Aggiunse inoltre: Io sono in essi."
8 - Oh, come sono vere
queste parole! Come le intende e le sperimenta bene l'anima in questa orazione!
Anche noi le intenderemmo se non fosse per nostra colpa, perché le parole di
Gesù Cristo, nostro Re e Signore, non possono mancare. Ma siccome manchiamo
noi, non disponendoci e non
allontanandoci da
quanto ci può intercettare questa luce, così non riusciamo a vederci in questo
specchio, nel quale la nostra immagine è pure impressa.
9 - Ritornando a
quello che dicevo, Dio introduce l'anima nella sua stessa mansione che è il
centro della medesima anima. Ora, come il cielo empireo, dove sta Dio, dicono
che non si muove come gli altri cieli, così questa mansione, per cui l'anima
che vi fu introdotta non va più soggetta ai
movimenti
che suole avere nelle potenze e nella immaginazione, o per lo meno esse non le
sono di danno, né le tolgono la pace.
Sembro voler dire che una
volta arrivata a questa grazia, l'anima sia sicura della sua eterna salute, e
non tornerà più a cadere. No. Ovunque accenno a tale sicurezza, si deve intendere
finché Dio tenga l'anima per mano, ed ella non l'offenda.
Per
quanto riguarda quella persona, so di certo che, nonostante si veda in questo
stato e vi perseveri da vari anni, tuttavia, lungi dal tenersi sicura, va
innanzi con maggior timore di prima, guardandosi da ogni più piccola colpa.
Vivissimi i suoi desideri di servire Iddio, ma, come si dirà più innanzi,
vedendo il poco che può fare di fronte al molto a cui è obbligata, non meno
viva e continua è la sua pena e confusione: il che non è piccola croce, ma
grandissima penitenza. Quanto alle penitenze, più ne fa, più ne sperimenta
diletto. Ma la sua vera penitenza è quando il Signore le toglie la salute e le
forze necessarie per farla.
Come ho detto altrove, qui la sua pena è assai più grande,
e le deve venire dalla radice a cui ella è attaccata. Se un albero piantato in
riva all'acqua corrente si conserva più fresco e dà frutti più copiosi, nessuna
meraviglia di quest'anima, né dei suoi desideri, dato che il suo vero spirito
si è ormai fatto una cosa sola con l'acqua celeste di cui abbiamo parlato.
10 - Tornando a quello che dicevo, non bisogna credere che
le potenze, i sensi e le passioni si mantengano sempre in questa pace. Invece
l'anima sì, benché nelle sue mansioni inferiori non manchino di tanto in tanto
guerre, fatiche e sofferenze, le quali, però, non sono mai tali da toglierla
dal suo luogo, né da farle perdere la pace, almeno in via ordinaria.
Il centro dell'anima
nostra, ossia il nostro spirito, è così difficile da spiegare e da credere che,
per non saper io farmi intendere, temo che siate tentate di non credermi.
Non è forse assai strano
affermare che vi sono pene e travagli, e che nel medesimo tempo l'anima rimane
in pace? Ma eccovi una o due similitudini. Piaccia a Dio che mi servano per
dirne qualche cosa. Tuttavia so di dire la verità, anche se esse non sono molto
appropriate.
11 - Come un re nel suo palazzo non lascia di stare sul suo
trono perché il regno è funestato da grandi guerre e calamità, così qui: benché
nelle altre mansioni vi sian bestie velenose, grande confusione e se ne oda il
tumulto, l'anima rimane al suo posto e non vi è nulla che la smuova. Il rumore
che sente le può dare un po' di noia, ma non l'inquieta, né le fa perdere la
pace, perché le passioni sono vinte e temono di entrare da lei, per non doverne
uscire più umiliate.
Ecco che abbiamo il corpo indolenzito ma la testa sana.
Ora, non perché ci duole il corpo, ci deve pur dolere la testa... Mi rido di
questi paragoni, non mi soddisfano; ma non ne so altri. Pensate quello che
volete. Ciò che ho detto é vero.
Capitolo 3
Effetti di questa orazione - Bisogna considerarli con
grande cura e attenzione perché ammirabile è
la differenza che
li distingue dagli altri
1 -
Abbiamo detto che la farfalletta è morta, felicissima d'aver trovato il suo
riposo, e che Cristo vive in lei.
Vediamo ora come vive, e se
la sua vita attuale differisca da quella di prima, potendosi conoscere da
questi effetti se realmente abbia ricevuta la grazia di cui si è detto.
A quanto ne posso giudicare, gli effetti sono i
seguenti.
2 -
Anzitutto un grande oblio di sé, così profondo da farle credere di non esistere
più. Si sente trasformata in tal maniera da non riconoscersi più. Non pensa né
al cielo che l'attende, né alla vita,
n.
all'onore,
ma solo a impiegarsi alla maggior gloria di Dio.
Le parole dettele dal Signore, cioè, che prendesse cura
delle cose di Lui perché Egli si curerebbe delle sue, pare che abbiano prodotto
quello che significano, tanto che ella non si preoccupa più di nulla. Non vuol
essere nulla in nessuna cosa, eccetto quando vede di poter alquanto contribuire
nell'accrescere, anche solo di un punto, l'onore e la gloria di Dio: per questo
sacrificherebbe volentieri la vita. Ma quanto al resto, si sente in un così
strano oblio da sembrare, ripeto, di non esistere più.
3 - Non dovete però
credere, figliuole, che trascuri di mangiare e dormire, benché le sia di gran
tormento, e nemmeno che lasci di compiere i doveri a cui per il suo stato è
obbligata: qui non parliamo che delle disposizioni interiori.
Quanto alle opere esterne, vi è ben poco da dire. E questo
costituisce la sua pena, per esser costretta a vedere che le sue forze non
valgono a nulla. Ma se può qualche cosa, e vede che è di gloria al Signore,
nulla al mondo la trattiene.
4 - Il secondo effetto
è un gran desiderio di patire, ma non in modo d'averne inquietitudine, come già
per l'innanzi.
Sua brama ardentissima non
è che di compiere la volontà di Dio, e perciò ritiene come buono tutto quello
che il Signore dispone: se Egli vuole che patisca, ciò sia alla buon'ora; se
non lo vuole, non s'inquieta come prima.
5 - Se
viene perseguitata sperimenta nel suo interno una vivissima gioia, e permane in
una pace molto più profonda che non negli stati precedenti. Non solo non prova
il minimo risentimento per
quelli che le fanno o le vogliono fare del male, ma li
circonda di maggiori attenzioni; e se li vede in
qualche
travaglio, ne rimane teneramente afflitta, sino ad essere disposta a far di
tutto per sollevarli. Li raccomanda
instantemente al Signore, e rinuncerebbe volentieri ad alcune delle sue grazie
affinché Dio le concedesse a loro, ed essi non
l'offendessero più.
6 - Ma ecco ciò che
più mi sorprende. Avete veduto le angosce e le desolazioni di queste anime per
il desiderio di morire e di andare a godere Iddio. Ma ora desiderano tanto di
servirlo, di farlo da tutti servire e di affaticarsi anche per il profitto di
un'anima, che non solo non sospirano più di morire, ma bramano di vivere a
lungo, anche fra gravissimi travagli, pur di ottenere che Dio sia lodato un po'
di più. Non se ne curerebbero nemmeno se fossero sicure di andar subito a Dio
appena uscite dal corpo, perché alla gloria dei santi non pensano, né per
allora la desiderano. La loro gloria è
nell'aiutare il loro
Dio crocifisso, specialmente quando vedono fino a che punto sia Egli offeso e
come pochi cerchino il suo onore, trascurando tutto il resto.
7 - Vero è che
talvolta, dimenticandosi di tutto questo, riprendono con i più teneri sospiri a
desiderare di godere Iddio e di uscire da questo esilio, specialmente quando
considerano il poco che sanno fare per Lui; ma ritornano presto al loro stato,
e vedendo che infine lo hanno sempre con sé, se ne contentano e gli offrono
l'accettazione della vita come un dono assai caro, il più costoso che gli
possano offrire. Non hanno più paura della morte che di un soave rapimento. E
ciò che sorprende è che autore di questi sentimenti è il medesimo che prima
dava loro quei desideri così eccessivi e tormentosi.
Sia Egli per sempre lodato e benedetto!
8 - Insomma, queste
anime non desiderano né gusti né consolazioni spirituali, perché hanno con sé
lo stesso Dio, ed Egli vive con loro. Ora, siccome la sua vita non fu che un
continuo martirio, è chiaro che tale debba pur rendere la loro, almeno nei
desideri se non nella pratica, nella quale Egli usa conformarsi alla nostra
debolezza benché non manchi, quando lo vede necessario, di venirci in aiuto con
la sua forza.
Tali anime sono staccate da tutto, non d'altro bramose che
di star sole o di lavorare per la salute delle anime. Non hanno né aridità né
pene interiori, e non vorrebbero far altro che lodare Iddio, di cui vanno
teneramente occupate.
Quando si distraggono, sono richiamate da Dio stesso nella
maniera che ho detto, e l'impulso con cui le sveglia - non so che altra parola
adoperare - procede dal loro stesso interiore, come ho detto trattando degli
impeti, ma con grande soavità. È desso un fenomeno tanto frequente e ordinario,
che lo si è potuto esaminare attentamente. Non è frutto dell'intelletto, né
della memoria, né di qualunque cosa che possa far pensare a un concorso della
stessa anima. Come il fuoco che, malgrado ogni sua più grande intensità, non
dirige mai in basso le sue fiamme, ma sempre in alto, così qui: quel movimento
inferiore procede dal centro dell'anima e sale a svegliare le potenze.
9 - Veramente,
quand'anche non vi fosse alcun altro vantaggio su questo cammino dell'orazione
che di vedere con quanta premura Iddio cerchi di comunicarsi con noi e come ci
vada pregando - sì, dico pregando - di rimanere con Lui, sarebbero fin troppo
sufficienti per ripagarci di ogni possibile travaglio questi suoi tocchi di
amore così soavi e penetranti.
Certo che li avrete provati pur voi perché credo che una
volta giunti all'orazione di unione, non mancherà Iddio di farsi così sentire,
sempre inteso che da parte nostra non si trascurino i suoi voleri. Quando ciò
vi accadesse, ricordatevi che procede dalla stanza interiore che Dio occupa in
voi, e lodatelo grandemente.
E.
un suo
messaggio, un biglietto scritto con grande amore, della cui provenienza non si
può
dubitare,
e di cui vuole che soltanto voi conosciate i caratteri e ciò che con essi vi
domanda. E voi, - per quante occupazioni
esteriori possiate avere, anche se in conversazione con varie persone
- non lasciate mai di
rispondegli.
Sì, può darsi che Dio vi faccia questa segretissima grazia
mentre siete con gli altri; ma siccome la risposta dev'essere interiore, potete
dargliela egualmente con grandissima facilità, consistendo essa in un atto di
amore, o nel dire con S. Paolo: Che volete, Signore, che io faccia?
È questo un tempo propizio, nel quale il Signore
sembra che ci stia ascoltando per insegnarci come meglio piacergli: alla qual
cosa ordinariamente dispone assai bene questo tocco delicato, eccitandone una
volontà risoluta.
10 - Ciò che caratterizza
questa mansione è che vi mancano quasi del tutto le aridità e le inquietitudini
interiori che di tanto in tanto si producono nelle altre.
L'anima è quasi sempre nella pace, così sicura della divina
provenienza di questa grazia da neppur dubitare che possa trattarsi di una
contraffazione: non del demonio, perché non credo che egli ardisca, e che Dio
gli permetta di entrare in questa mansione dove il Signore ha invitata l'anima
per stare con lei e farsi da lei contemplare; non dei sensi e delle potenze,
perché qui, come ho detto, non hanno nulla a che fare; e neppure della stessa
anima, perché in queste grazie ella non può prestare altro concorso che quello
già da lei prestato nel darsi tutta al Signore.
11 - Il modo con cui Dio arricchisce ed istruisce l'anima
in questa orazione è così calmo e silenzioso da fare pensare alla costruzione
del tempio di Salomone, durante la quale non si sentiva il minimo rumore.
Così in questo tempio di
Dio, in questa mansione che è sua: Dio e l'anima si godono in altissimo
silenzio. L'intelletto non ha movimenti né ricerche da fare.
Chi l'ha creato vuole che si riposi e contempli ciò che
avviene come per una piccola fessura. Di tanto in tanto verrà privato pur di
questo e non potrà più vedere, ma soltanto per poco, perché qui le potenze non
si perdono, ma stan lì assorte senza operare.
12 - Ecco ciò che mi stupisce. L'anima arrivata a questo
punto non va più soggetta ad alcuna estasi, almeno in modo da perder l'uso dei
sensi. E se qualche volta vi va ancora, non è mai con quei rapimenti e voli di
spirito di cui ho parlato.
Comunque, ciò le avviene assai di rado, e quasi mai in
pubblico: cosa che prima le era assai ordinaria. Non servono più ad eccitarvela
neppure quelle grandi occasioni che prima accendevano la sua devozione, come
un'immagine devota, le note d'una musica, oppure una predica che poi quasi non
ascoltava.
Siccome la povera farfalletta era tutta in ansietà, si
spaventava di ogni cosa e prendeva il volo. Ora, invece, sia che abbia già
scoperto il suo riposo; sia che per le grandi meraviglie vedute in questa
mansione non si stupisca più di nulla; sia che per aver trovato una tale
compagnia non si senta più così sola come prima; oppure che si tratti di una
qualche altra ragione a me sconosciuta, fatto sta, sorelle, che non è più
così.
Sarà perché quando Dio comincia a introdurre e a mostrare
all'anima le meraviglie di questa mansione, ella perde l'estrema debolezza che
prima aveva e che tanto la tormentava, oppure perché il Signore l'ha
fortificata, dilatata e resa più abile; ovvero perché prima voleva far
conoscere pubblicamente, per certi suoi fini particolari quello che le
accordava in segreto. Comunque, i giudizi di Dio sono superiori a ogni nostra
immaginazione.
13 - Questi gli effetti che
Dio opera nell'anima quando la unisce a sé con quel bacio che la sposa
domandava e che qui, a quanto pare, le viene accordato.
A questi si devono
aggiungere tutti quelli che nei diversi gradi di orazione abbiamo classificati per
buoni. Qui ella si delizia nel tabernacolo di Dio.
Qui la colomba
inviata da Noè per vedere se il diluvio era finito trova l'olivo, ad indicare
che in mezzo alle acque e alle tempeste di questo mondo ha finalmente scoperto
terra ferma.
Oh, Gesù, se potessi
conoscere tutti i passi della sacra Scrittura tendenti a far comprendere questa
pace dell'anima!
Sapendo quanto essa importi, fate, o mio Dio, che i
cristiani si muovano tutti a cercarla, e conservatela, nella vostra
misericordia, a chi l'avete già data, benché sappiamo di dover sempre vivere
con timore fino a quando non ci darete la vera pace, conducendoci dove essa non
può più terminare.
Dico vera pace, non perché
questa di cui parlo non sia vera, ma perché allontanandoci da Dio, possiamo
ricadere nella guerra di prima.
14 - Oh, la pena di queste
anime nel vedere di esser ancora capaci di perdere un tanto Bene! Perciò
camminano più cautamente e procurano di cavar forza dalla loro debolezza per
non trascurare una sola occasione di maggiormente piacere a Dio.
Più si vedono da lui favorite, più diffidano e temono di se
stesse, sino alle volte a non aver coraggio neppure di sollevare gli occhi,
come il Pubblicano del Vangelo, per aver meglio conosciuto nelle divine
grandezze la loro estrema miseria e l'enorme malizia dei loro peccati.
Altre volte invece, bramose di sentirsi sicure, sospirano
di morire, ma poco dopo, mosse dall'amore che nutrono per Iddio, desiderano di
vivere per meglio servirlo, rimettendosi alla sua divina misericordia per tutto
ciò che le riguarda.
Talvolta poi la vista delle
molte grazie ricevute le riempie di confusione, nel timore che avvenga loro
come a quei vascelli, che, per essere troppo carichi, colano a picco.
15 - No, sorelle, neppure
queste anime van senza croce. Però non si angustiano, né perdono la pace: tutto
passa rapidamente come un'onda, o come una tempesta a cui segua la
bonaccia.
La presenza del Signore che portano con sé fa dimenticare
loro ogni cosa.
Sia Egli per sempre benedetto, e tutte le creature lo
lodino! Amen.
Capitolo 4
Si conclude,
dicendo ciò che il Signore sembra proporsi nel concedere a un'anima questi
grandi
favori, e come
occorra che Marta e Maria vadano d'accordo - Capitolo molto utile
1 - Non dovete
credere, sorelle, che gli effetti di cui ho parlato si mantengano sempre nel
medesimo grado. È per questo che quando mi ricordo dico che ciò avviene in via
ordinaria, perché alle volte il Signore abbandona l'anima alla sua natura, e
allora sembra che tutte le cose velenose dei dintorni e delle mansioni del
castello si uniscano insieme per vendicarsi di lei anche per quel tempo che non
possono averla fra le mani.
2 - No, non è uno
stato che duri molto: al massimo un giorno o poco più. Il mutamento avviene di
solito per qualche grande occasione, e allora nello scompiglio che ne sente,
l'anima apprezza meglio la santa compagnia in cui si trova, grazie alla quale
il Signore le infonde fermezza per non deviare
in nulla dal suo servizio e dalle buone risoluzioni, le
quali, anzi, sembra che vadano aumentando.
Insomma, l'anima non
torce in nulla dalle sue buone determinazioni neppure per un primo moto
piccolissimo.
Se questo stato non dura molto è perché il Signore vuole
che l'anima non perda il ricordo della sua miseria, si conservi umile, intenda
meglio il molto che gli deve, e lo ringrazi per la grandezza del favore che le
fa.
3 - Queste anime hanno
vivi desideri e ferme risoluzioni di non commettere imperfezioni di sorta, ma
non senza che per questo lascino di commetterne molte, e anche peccati. Non
però con avvertenza: in questo il Signore le deve molto aiutare.
Parlo dei peccati veniali, non dei mortali, dai quali si
sperano libere, benché non con molta
sicurezza, essendo possibile che ne abbiano qualcuno di
occulto: il che molto le angustia.
Altro tormento è la vista delle anime che si perdono.
Benché abbiano una certa grande speranza di non essere del loro numero,
tuttavia non possono non temere quando pensano a qualche personaggio della
sacra Scrittura che pareva da Dio favorito, come Salomone, che ebbe con il
Signore tante e così sublimi comunicazioni.
Quella fra voi che si sente
più sicura, tema più di tutte, perché dice David: Beato l'uomo che teme il
Signore!
Egli sempre ci protegga! La
maggiore sicurezza è nel supplicare il Signore a concederci di non mai
offenderlo. Sia Egli per sempre benedetto! Amen.
4 - Sarà bene,
sorelle, che vi dica il motivo per cui Dio fa quaggiù tante grazie.
Se mi avete seguita con attenzione, l'avrete capito
attraverso gli effetti che esse producono, ma ora ve lo voglio ripetere
affinché nessuna cada nel grave errore di pensare che sia soltanto per
vezzeggiare le anime. Siccome Dio non può farci maggior favore che concederci
una vita conforme a quella del suo amatissimo Figliuolo, tengo quindi per certo
che lo scopo di queste grazie sia di fortificare la nostra debolezza onde
sappiamo imitarlo nel molto patire, come mi sembra di aver detto altre
volte.
5 - Quelli che si sono
avvicinati di più a nostro Signore Gesù Cristo hanno anche sofferto di più.
Considerate le sofferenze della sua santissima Madre e dei suoi gloriosi
apostoli. E S. Paolo, in che modo ha potuto soffrire così gravi travagli?
In lui, veramente, si
ammirano gli effetti della vera contemplazione e delle visioni che sono da Dio,
non dall'immaginazione o dal demonio. Forse che egli si nascose per non
occuparsi che in godere di quelle grazie? Ma lo sapete anche voi: non ebbe
riposo di giorno, e neppure dovette averne di notte, perché in essa si
guadagnava da vivere.
Mi piace molto ricordarmi
di S. Pietro a cui, mentre fuggiva dal carcere, apparve nostro Signore per
dirgli che andava a Roma per esservi nuovamente crocifisso.
Non recitiamo mai l'ufficio
che ricorda questo fatto senza che io ne provi una particolare
consolazione.
Dopo questa grazia come rimase S. Pietro? Cosa fece?
Si offrì subito alla
morte. E non fu una grazia da poco se trovò chi gliela dette.
Questa pia tradizione era ricordata nell'antico Breviario
carmelitano, di cui si serviva S. Teresa, il 29 giugno, festa del Principe
degli apostoli, all'antifona del « Magnificat » la quale diceva: Beatus Petrus
Apostolus vidit sibi Christum occurrere. Adorans cum ait: Domine, quo vadis? -
Venio Romam iterum crucifigi.
6 - Oh, sorelle mie!
Come deve trascurare il proprio riposo l'anima che vive così unita al Signore!
Come non si deve curare dell'onore! Come dev'essere lontana dal desiderare
d'essere stimata in qualche cosa! Sì, se ella s'intrattiene spesso con Lui,
come sarebbe doveroso, finisce col dimenticare se stessa per esaurire ogni sua
preoccupazione nel cercare di maggiormente contentarlo e nel conoscere in quali
cose e per quali vie possa mostrargli l'amore che gli porta.
Questo è il fine dell'orazione, figliuole mie. A questo
tende il matrimonio spirituale: a produrre opere ed opere, essendo queste, come
ho detto, il vero segno per conoscere se si tratta di favori e di grazie
divine.
7 - Infatti, che mi
gioverebbe starmene profondamente raccolta in solitudine, occupata in atti
virtuosi innanzi a Dio, proponendo e promettendo di far meraviglie in suo
servizio, se poi, uscendo di là, facessi, al presentarsi di un'occasione, tutto
il contrario di come ho promesso?
Tuttavia non bisogna credere che non se ne cavi alcun
vantaggio, perché il tempo che si trascorre con Dio è sempre di grande utilità.
Se spesso la nostra debolezza ci impedisce di mettere in pratica le prese
risoluzioni, qualche volta il Signore ci può dar grazia di farlo, anche a
dispetto di ogni nostra ripugnanza, come avviene di frequente.
Egli, infatti, quando vede un'anima assai pusillanime, le
manda, contro sua voglia, un qualche grande travaglio e glielo fa superare
vittoriosamente: allora essa smette ogni timore, e si offre a Dio con maggiore
coraggio.
Ho voluto dire che giova poco in paragone del molto che si
ricaverebbe, se le opere si conformassero ai propositi e alle parole. Perciò
chi non può far tutto in una volta, faccia a poco a poco.
Se vuole che l'orazione le
sia di profitto, si sforzi di vincere la sua volontà: occasioni non mancano,
neppure in questi piccoli monasteri.
8 -
Ricordatevi che questo importa assai di più di quanto potrei dire. Fissate i
vostri sguardi sul crocifisso, e vi diverrà facile ogni cosa.
Se il Signore ci ha
dimostrato il suo amore con opere così grandi e con così orribili tormenti,
perché volerlo contentare soltanto di parole?
Sapete voi che cosa vuol dire esser veramente
spirituali?
Vuol dire esser gli schiavi
di Dio, tali che, segnati con il suo ferro, quello della croce, Egli li possa
vendere come schivi di tutto il mondo, com'è stato per Lui.
E non ci farebbe alcun aggravio, bensì una grazia non
piccola, avendogli noi sacrificato la nostra libertà. Chi non prende questa
determinazione non farà mai gran profitto, ne stia sicuro, perché, come ho
detto, l'umiltà è il fondamento dell'edificio, e non mai il Signore lo eleverà
di molto, se
detta virtù non sarà
veramente ben salda. E ciò nel vostro stesso interesse, per evitare che tutto
cada per terra.
Sorelle, se volete che il vostro edificio s'innalzi sopra
un buon fondamento, procurate di essere le ultime e le schiave di tutte,
studiando in che modo e per quali vie vi sia possibile di meglio contentare e
servire le altre. E in tal modo fareste più il vostro che l'altrui vantaggio,
perché porreste pietre così salde da impedire che il castello ruini.
9 - Ma
per questo, ripeto, è necessario che cerchiate di non far consistere il vostro
fondamento soltanto nel recitare e contemplare, perché se non procurate di
acquistare le virtù e non ne fate l'esercizio, rimarrete sempre delle
nane.
E piaccia a Dio che vi limitiate soltanto a non crescere,
perché su questa via, come sapete anche voi, chi non va innanzi torna indietro.
Tengo per impossibile, infatti, che l'amore, quando vi sia, si contenti di
rimaner sempre in uno stato.
10 - Forse penserete che io m'indirizzi agli incipienti, e
dica che dopo un certo tempo essi possono riposarsi. Ma vi ho già fatto sapere
che se interiormente queste anime sono nel riposo, è perché esteriormente non
lo sono che pochissimo, e neppure lo desiderano. Secondo voi, infatti, qual'è
il motivo di quelle ispirazioni o, a meglio dire, aspirazioni di cui ho
parlato, di quei messaggi che dal suo centro interiore l'anima invia agli
abitanti della parte più alta del castello e delle mansioni che circondano
l'appartamento in cui ella si trova?
Forse perché si mettano a dormire? No, no, no.
Da quel centro ella scatena la guerra per impedire ai
sensi, alle potenze e a tutto ciò che è corporeo di rimanersene in ozio, guerra
più dura di quella che moveva loro quando con essi pativa. Forse in quel tempo
non comprendeva ancora la grande utilità dei patimenti, benché sia stato
appunto con essi che il Signore l'ha condotta sin qui. Ma ora la compagnia che
gode le comunica maggiori forze che mai, perché se come dice David, con i santi
saremo santi, nessun dubbio che l'anima, essendo divenuta una cosa sola con il
Forte in quest'unione sublime di spirito a spirito, debba partecipare della sua
fortezza, a quel modo che ne parteciparono i santi per patire e morire.
11 - Di questa forza che da qui le deriva, l'anima rende
partecipi tutti gli abitanti del castello e perfino lo stesso corpo. Spesse
volte il corpo pare che non ne senta vantaggio; ma il vigore acquistato
dall'anima col bere il vino della cantina in cui lo Sposo l'ha introdotta e da
cui non la lascia più uscire, si riversa sulla sua debolezza, a quel modo che
il cibo introdotto nello stomaco fortifica la testa e tutte le membra.
Ciò nonostante il corpo, finché vive, è votato a sorte ben
dura, perché, per quanto faccia, gli par tutto un niente di fronte alla grande
forza interiore e alla guerra con cui l'anima lo stimola. Da ciò le grandi
penitenze che fecero molti santi, specialmente la gloriosa Maddalena, benché
cresciuta fra le delizie; da ciò lo zelo per la gloria di Dio che ebbe il
nostro Padre Elia, e la brama con cui S. Domenico e S. Francesco radunarono
anime a lodare il Signore.
Nel dimenticarsi così di se stessi, dovettero soffrire non
poco.
12 - Ecco, dunque, sorelle, quanto vorrei che procurassimo.
Desideriamo e pratichiamo l'orazione non già per godere, ma per aver la forza
di servire il Signore. Lungi da noi voler camminare per una strada non battuta!
Ci perderemmo sul più bello!
Sarebbe veramente
singolare pretendere le grazie di Dio per una via diversa dalla sua e da quella
dei suoi santi. Non pensiamolo neppure! Credetemi: per ospitare il Signore,
averlo sempre con noi, trattarlo bene e offrirgli da mangiare, occorre che
Marta e Maria vadano d'accordo.
In che modo Maria, stando
seduta ai suoi piedi, poteva dargli da mangiare se sua sorella non
l'aiutava?
Si dà da mangiare al
Signore quando si fa il possibile per guadagnare molte anime, le quali,
salvandosi, lo lodino eternamente.
13 - Ma voi mi farete
osservare due cose; la prima che per testimonianza di nostro Signor Gesù
Cristo, Maria ha scelto la parte migliore.
Sì, ma ella aveva già fatto
l'ufficio di Marta servendo il Signore con lavargli i piedi e asciugandoglieli
con i suoi capelli.
E credete che sia stato da poco per una signora pari suo
andar per quelle strade, e forse sola - giacché il fervore le impediva di
considerare come andava - entrare dove non era mai stata, ed ivi soffrire le
mormorazioni del fariseo e le molte altre cose che vi dovette sopportare?
Che cambiamento per una donna come lei, presentarsi in
città a quel modo, e fra gente così cattiva, a cui bastava sapere che ella era
in amicizia col Signore da loro tanto aborrito, per ricordarsi della sua vita
passata, e dire che poi voleva fare la santa, avendo ella già mutato vestito e
ogni altra cosa!...
Se oggi si sparla tanto di
persone meno illustri, che sarà stato di lei? Sì, sorelle, la parte migliore
non le venne data che a prezzo di travagli e di mortificazioni senza numero,
pur prescindendo dal dolore che doveva sentire nel vedere il suo Maestro così
aborrito.
Che dire poi di quel che
dovette sopportare alla morte del Signore? Credo che se non ebbe il martirio,
fu perché lo sofferse sul Calvario nel veder morire il suo Maestro.
E quanto angosciosi le
dovettero essere gli anni che gli sopravvisse nello scorgersi da Lui lontana!..
Da ciò si vede che non stava sempre ai piedi del Signore fra le delizie della
contemplazione!
14 - L'altra cosa che mi vorrete dire è che per guadagnare
anime a Dio voi non potete né avete i mezzi sufficienti; che lo fareste molto
volentieri, ma che non dovendo insegnare né predicare come gli apostoli, non
sapete in che altro modo attendervi.
A questa difficoltà ho già
risposto per iscritto altre volte,' e non so se l'abbia fatto anche in questo
Castello.
Ma siccome è una cosa che
credo vi passi per la mente con i desideri che il Signore vi dona, non lascerò
di ripetermi pur qui.
Alle volte, come vi ho detto altrove, il demonio ci ispira
grandi desideri per ottenere che, trascurando di servire Iddio nelle cose
possibili che abbiamo tra mano, ci dichiariamo contente di aver desiderato le
impossibili.
Benché la vostra orazione
sia giovevole a tutto il mondo, tuttavia non dovete pensarlo, ma contentarvi
che sia tale per quelle che sono con voi, verso le quali siete più
obbligate.
In tal modo la
vostra opera diverrà molto più grande, non essendo certo da poco ottenere che
con la vostra umiltà e mortificazione, con i vostri servizi in favore delle
sorelle, con la vostra carità verso di esse e con il vostro amore per Iddio,
diveniate un fuoco che tutte le abbruci, e che le stimoliate continuamente con
le vostre virtù.
Sarete allora di grandissimo vantaggio, e renderete a Dio
un servizio molto gradito. Allora il Signore, vedendovi sfruttare ogni vostra
possibilità, conoscerà che siete disposte a far molto di più, e vi ricompenserà
come se in realtà lo faceste, guadagnandogli molte anime.
15 - Direte che questo non è convertire, perché le vostre
sorelle sono già virtuose. Ma che v'importa di ciò? Più saranno perfette, più
gradite saliranno a Dio le loro lodi, e più la loro orazione sarà giovevole al
prossimo.
Insomma, sorelle mie - e
con ciò concludo - guardiamoci dall'innalzare torri senza fondamento. Più che
alla magnificenza delle opere, il Signore guarda all'amore con cui si
fanno.
Se faremo quanto dipende da noi, ci darà modo di fare
sempre meglio. Però, non dobbiamo subito stancarci, ma offrire a Dio,
interiormente ed esteriormente, tutto il sacrificio che possiamo nella corta
durata di questa vita - più corta forse di quanto pensiamo.
Egli l'unirà a quello che
offrì per noi sulla croce e gli conferirà il valore meritato dalla nostra
volontà, nonostante la piccolezza delle opere.
16 - Piaccia a Dio, sorelle
e figliuole mie, di vederci tutte in quel luogo ove lo benediremo per
sempre!
Intanto mi conceda di fare
anch'io qualche cosa di quello che v'insegno: glielo domando per i meriti del
suo Figliuolo, che vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Grande è la confusione che
provo, e perciò vi scongiuro nel nome del Signore di non mai dimenticarvi nelle
vostre preghiere di questa povera miserabile.
EPILOGO
1 - Come ho detto in
principio, quando cominciai a scrivere queste pagine lo feci con grande
ripugnanza; ma, ora che ho finito, sono molto contenta e ne ritengo per bene
impiegata la fatica, del resto non molto grande.
Pensando alla vostra stretta clausura, ai pochi motivi
d'intrattenimento che avete, e come in certi monasteri difettiate pure di uno
spazio conveniente, mi pare, sorelle, che vi debba essere di conforto potervi
ricreare in questo Castello interiore, nel quale vi è lecito entrare e
passeggiare in qualunque ora senza il permesso della Priora.
2 - Certo che con le
vostre energie non potete entrare in tutte le sue mansioni, neppure se vi
sembra di essere assai forti, a meno che non v'introduca lo stesso Signore del
castello.
Perciò, se incontrate resistenza, vi consiglio di starvene
tranquille, per non disturbarlo in tal maniera da chiudervene per sempre
l'entrata. Egli ama molto l'umiltà, e se vi riterrete indegne di neppure
entrare nelle terze mansioni, otterrete dalla sua benevolenza che vi faccia
presto entrare nelle quinte.
Allora, recandovi in
esse frequentemente, lo potrete servire così bene da meritare che v'introduca
nella sua stessa mansione, da cui non uscirete mai più, se non chiamate dalla
Superiora, la cui volontà Egli vuole adempiate né più né meno della sua.
Se per obbedienza doveste
star fuori molto tempo, al vostro ritorno vi farebbe sempre trovare aperta la
porta. E abituate che foste a riposarvi nel castello, la sola speranza di
ritornarvi - e che nessuno vi può togliere - vi renderebbe leggera ogni cosa,
anche se molto dura.
3 - Benché non si
parli che di sette mansioni, ognuna di esse si suddivide in molte altre,
collocate in basso, in alto e ai lati, con bei giardini, fontane ed altre cose
così deliziose da farvi bramare di struggervi tutte, in lode a quel gran Dio
che le ha create a sua immagine e somiglianza.
Se in questo che ho scritto
troverete qualche cosa di buono, credetemi: l'avrà dettato il Signore a vostra
consolazione. Io non vi ho aggiunto che il difettoso.
4 - Per il gran
desiderio che ho di aver parte nell'aiutarvi a servire questo mio Dio e
Signore, vi chiedo che ogni qualvolta leggerete questo scritto, lodiate
grandemente in nome mio Sua Maestà, pregando per l'esaltazione della sua Chiesa
e per la conversione dei luterani.
Supplicate insieme il Signore che mi perdoni i miei peccati
e mi liberi dal purgatorio dove forse la sua misericordia mi terrà quando
questo libro vi verrà dato a leggere, se, esaminato da uomini dotti, sarà
giudicato degno di esser visto.
Se contiene qualche errore, è perché io non me n'intendo.
Mi sottometto in tutto a ciò che insegna la santa Chiesa Cattolica Romana.
Questi i sentimenti in cui ora vivo, e nei quali protesto e prometto di voler
vivere e morire. Il Signore Dio nostro sia sempre lodato e benedetto! Amen,
amen.
5 - Questo scritto è
stato terminato nel monastero di S. Giuseppe di Avila l'anno 1577, vigilia di
S. Andrea, a gloria di Dio che vive e regna per tutti i secoli! Amen.